Redazione- Il francese Jacques Le Goff, uno dei più autorevoli storici e sociologi del Medioevo, sostiene che “La vita degli uomini del Medioevo è piena di sogni. Sogni premonitori, sogni rivelatori, sogni istigatori, essi sono la trama stessa nonché gli stimolanti della vita mentale. I sogni innumerevoli dei personaggi biblici, che la scultura e la pittura rappresentano a sazietà, si prolungano in ogni uomo e in ogni donna della Cristianità medievale. […] Tutti gli «stati» della società sognano. […] Il sogno è conoscenza.”
Nel 1900 la complessità del mondo onirico e delle sue funzioni trova spazio in un’opera di Freud “L’interpretazione dei sogni”. Il padre della Psicoanalisi attribuisce al sogno il valore di desiderio inconscio inespresso, una sorta di flusso di coscienza che funge da materiale onirico durante la fase REM del sonno. Il sogno diventa così un prodotto psichico individuale, dotato di un significato nascosto da elaborare; è la forma “altra” del proprio vissuto che avviene anche durante la veglia.
Lo psicanalista Jung definisce “grandi sogni” quelli di cui enfatizza la caratteristica di porsi come vere e proprie premonizioni.
La vita dell’uomo è sempre stata accompagnata da esperienze che sono state avvertite come straordinarie. I sogni, le intuizioni, le apparizioni, le visioni, le profezie sono fenomeni antichi con cui l’uomo, volente o nolente, ha dovuto sempre fare i conti, ed esiste un parallelismo tra simbologia onirico-visionaria e tradizione artistico-letteraria.
Fin dai tempi più antichi l’uomo si è interrogato sul significato del sogno e lo ha vissuto come un fenomeno importante tanto quanto la realtà quotidiana, illuminante la stessa realtà quotidiana. E se, come si crede, alcune immagini, a noi pervenute da tempi remoti, dalla Preistoria, fossero di origine onirica, le grotte di Lascaux, in Aquitania, rappresenterebbero una testimonianza di attività onirica risalente addirittura al Paleolitico superiore.
Nel Medioevo, e in modalità diverse anche nell’Umanesimo, la visio in somniis costituisce un topos, ossia un meccanismo retorico e narrativo in grado di conferire validità a un episodio. Altri tòpoi sono: il locus amoenus (Bucoliche Virgiliane) o locus horridus (l’Inferno dantesco o il VI° libro dell’Eneide); il saluto salvifico della donna amata (Vita Nova); il viaggio (Odissea, l’Eneide, Commedia); la selva, la foresta (uno dei temi più mutevoli della letteratura di tutti i tempi).
Il sogno, analizzato sullo sfondo della “Commedia”, fa scorgere la definitezza dei significati espressi attraverso il mezzo onirico e gli stretti legami esistenti tra il sogno e il contesto poetico di cui è parte. Il Sommo Poeta crede alla tradizione che assegna i somnia vera alle prime ore dell’alba. L’insieme di tali segni è presente in tutta l’opera letteraria di Dante.
Secondo i modelli narrativi medievali, il viaggio di Dante dall’Inferno al Paradiso viene descritto allegoricamente come una visione avuta durante il sonno. Dante infatti cade addormentato all’inizio della “Commedia”, per svegliarsi al termine del poema, quando la figura-guida di San Bernardo concede al poeta il privilegio della visione di Dio.
“Inferno”, Canto 1°, vv. 18-22:
Io non so ben ridir com’i’ – v’intrai,- tant’era pien di sonno a quel – punto – che la verace via abbandonai.
Tra i precursori cristiani della “Commedia” vi sono le Scritture Sacre: l’”Apocalisse” e il “Libro di Enoc”, nonché alcune opere molto diffuse nel Medioevo e conosciute da Dante, come: la “Navigatio” e il “Purgatorio” di S. Patrizio, la “Visione di Tundalo” del monaco irlandese Marcus, la “Visione” di frate Alberico di Montecassino, la “De Jerusalem celeste” (per le gioie paradisiache) e il “De Babilonia civitati infernali” (per le pene infernali) entrambe di fra Giacomino da Verona, il “Libro delle Tre Scritture” di Bonvesin della Riva.
Il sogno appare spesso nella “Commedia” come profetico. I più noti esempi sono i tre sogni premonitori che Dante fa sul monte del Purgatorio prima dell’alba, sogni che (come già scritto), secondo la credenza dei pensatori antichi e medievali, poiché fatti al mattino, sono maggiormente corrispondenti al vero. Il concetto di sogno per Dante non è sempre positivo, talvolta è risolto negativamente. Non solo nella “Commedia” ma anche in altre opere, la visione per Alighieri ha una funzione importante. In “Vita Nova”, ad esempio, il Sommo Poeta fa scandire i momenti salienti del proprio itinerario spirituale da una visione-sogno, descrivendo l’apparizione e il saluto di Beatrice come indice profetico di “mirabile salute”, e il sogno come esperienza conoscitiva e allegorica, che, interpretato, fa intuire la futura morte di Beatrice.
Il sogno ha da sempre affascinato l’uomo per il suo potere arcano. Viene testimoniato e descritto per la prima volta nell’antico Oriente e più esattamente nella biblioteca del Re Assurbanipal in Ninive, dove nel 1853 l’archeologo assiro Hormuzd Rassam scopre l’”Epopea di Gilgamesh” su una serie di tavole di argilla, risalenti al 2600 a.C., incise in caratteri cuneiformi. Nel 1870 l’”Epopea di Gilgamesh” è tradotta in inglese da George Smith, assirologo. Oggi l’opera è conservata nel British Museum di Londra. Nell’Epopea si racconta che Gilgamesh, re di Uruk, incontra nel sogno il semidio Eabani-Enkidu, suo amico. Nell’opera si comprende che la descrizione dell’attività onirica viene associata a una testimonianza oniromantica (interpretazione del significato divinatorio). Il passo ricorda il rito della Incubazione, consistente nell’addormentarsi in un templum – un luogo sacro – “per provocare un sogno di alto valore simbolico”.
Nella stessa cultura greca, il sogno ha un valore sacro e viene spesso provocato seppellendo in una buca colui che è sottoposto alla cerimonia del rito dell’”incubazione”.
Le divinità degli antichi Greci, legate alla sfera onirica, sono tre: Asclepio – dio della medicina, mago e negromante, padre di Igea (dea della Salute) e di Panacea (dea della Guarigione); Apollo e Morfeo, figlio di Ipno, rappresentazione del sonno. Ipno, fratello gemello di Tanatos, personifica la morte ed è figlio di Erebo, dio dell’oscurità e degli inferi.
Nella cultura greca il mondo della notte e del sonno ha una valenza ambigua: ora costituisce momento di benefica guarigione, ora coincide con il regno ingannevole dell’ oscurità ed è molto simile alla morte.
Per i Greci il sogno è una situazione liminale, un momento numinoso di collegamento fra la sfera divina e quella infera. Nell’antichità si ritiene il sogno un fenomeno appartenente al mondo del divino, dell’oltre-uomo e, come tale, deve essere considerato attraverso rituali e tecniche di interpretazione affidate solo ai ministri del culto.
Il primo approccio ai sogni di natura organicistica, con ampio spazio lasciato alla descrizione dell’anatomia umana e al momento onirico, inteso come atto cognitivo, si deve al filosofo Artemidoro di Efeso, autore, nel II secolo d.C., di Oneirocritica. Figure di oniromanti nella mitologia classica sono quelle di Euridamante, di Merope e di suo nipote Esaco.
Nelle loro opere Omero e Virgilio rivelano l’esistenza di due porte da cui escono i sogni (una di corno e una di avorio), segni forieri di presagi buoni o cattivi, di futuro lieto o rovinoso.
Sacrale e profetica è l’atmosfera che circonda l’attività onirica nella Bibbia: celeberrimo è l’episodio di Giuseppe che interpreta il sogno del Faraone come segno inviato direttamente da Dio. Nell‘Antico Testamento, oltre a Giuseppe, esistono altri interpreti della volontà divina come Gedeone, Samuele, ecc.. Essi hanno la capacità di leggere i segni del volere divino attraverso i sogni e ne sono interpreti ispirati.
Nelle culture tradizionali e arcaiche, anche ove il sogno non sia inteso come speciale dono spirituale, lo è invece la sua interpretazione, poiché il sogno è portatore di un destino individuale. Il sogno è un veicolo di valori, una matrice di sistemi mitici, come pure di modelli artistici.
Ma che cos’è veramente il sogno? Il sogno è un fenomeno psichico. E’ un evento che riguarda la psiche. Il termine “psiche” si trova per la prima volta in Omero, associato all’anemos = il soffio vitale. L’idea sfumata della psiche come anima si protrae nella storia finché all’anima non viene associata addirittura la sfera dell’etica: già in Omero i morti non possono essere toccati poiché la loro coscienza è di natura non materiale.
Con il Cristianesimo e con il valore dell’Io nell’esperienza numinosa individuale, il concetto di anima si trasforma nell’unico elemento che ha valore per l’Uomo, in quanto l’uomo è l’unica creatura dotata della qualità dell’infinitezza, al pari di Dio.
Il processo di desacralizzazione del sogno inizia nel mondo occidentale con le riflessioni di Cartesio, quando si comincia a vedere la visione onirica come illusoria. Ma il sogno da sempre ha valore di presagio, con un ventaglio di interpretazioni che vanno dalla morbosità allucinatoria alla rivelazione divina del futuro.
Il sogno costituisce anche un’esperienza elitaria attraverso tutti i tempi. Nell’antichità greca e latina si raccontano i sogni di uomini illustri, generalmente eroi o letterati o condottieri. Durante la diffusione del Cristianesimo a “sognare” sono i “re buoni”, come Costantino e Teodosio, grandi fondatori dell’impero cristiano, che attraverso il sogno vengono a conoscenza della vittoria sui loro nemici. Nel Medioevo il sogno si “democratizza”. Sognano tutti. Sognano anche i santi, i martiri, i monaci, i Padri della Chiesa, nuova schiera di “sognatori privilegiati”, di cui si narra nelle agiografie.
Il tema del sogno investe la produzione culturale e letteraria occidentale fin dalle sue più lontane origini, come testimonia la presenza del motivo, o topos del sogno, nei poemi epici greci. I primi sogni della Letteratura Occidentale si trovano in Omero, autore dell’Iliade e dell’Odissea. Nei due poemi epici, il fenomeno onirico acquista il ruolo di topos: sogni profetici veritieri, falsi o illusori, sogni funesti o benevoli, di aiuto o visitazione da parte di un dio o di un defunto, si trasformano in soluzioni a trame e ad intrecci narrativi.
Il sogno omerico serve a sostenere lo sviluppo dell’azione fissandosi come cerniera nello schema della fabula, ossia della narrazione. Alcuni dei sogni inaugurano fasi salienti del racconto con picchi di grande densità. Tra gli episodi onirici di maggior notorietà e fascino raccontati nell’”Iliade” c’è il sogno fallace di Agamennone, contenuto nel secondo libro, in cui si narra che per esaudire la preghiera di Teti (madre di Achille), Zeus invia ad Agamennone un sogno ingannatore che lo induce ad attaccare i Troiani. Al protagonista del sogno, la divinità fa apparire – da notare che il sogno viene da fuori, si posa sulla testa del re e viene visto – Nestore, un amico di cui Agamennone si fida.
Sempre nell’”Iliade” è narrato il sogno di Achille in un episodio dalla forte carica emotiva. L’eroe greco, che vendica la morte dell’amico Patroclo, dopo l’uccisione di Ettore si abbandona alla disperazione, finché, recatosi da solo sulla riva del mare, non è colto dal sonno. Durante la notte l’ombra di Patroclo gli appare in sogno, pregandolo di dargli una giusta sepoltura al più presto e predicendogli la prossima morte.
Nel XXIV libro dell’”Iliade” si ricorda il sogno di Priamo, re di Troia. Achille infligge sevizie al corpo di Ettore e provoca negli dei pietà per l’eroe troiano.
Così Zeus incarica Teti di indurre il figlio Achille a restituire il cadavere di Ettore. Priamo offre un riscatto ad Achille per riavere il corpo del proprio figlio e fa allestire un carro per il trasporto del cadavere. Il vecchio re troiano è guidato nel campo greco dal dio Ermes (Mercurio) che nella notte gli appare in sogno esortandolo ad affrettare la partenza per non restare prigioniero nel campo nemico. Il re di Troia entra nella grande casa del Pelìde Achille, si getta in lacrime alle sue ginocchia e lo supplica di restituirgli il corpo morto di Ettore, finché Achille, commosso, acconsente alla richiesta.
Nel IV libro dell’Odissea è narrato il sogno di Penelope, che è rassicurata dalla dea Atena (Minerva) sulla sorte del figlio Telemaco alla ricerca del padre Ulisse. Nel VI libro Nausica ha una visione in sogno che preannuncia l’arrivo di Odisseo (Ulisse). Nel XIX libro sempre Penelope fa un sogno indecifrabile che rivela all’ospite sconosciuto (Ulisse non ancora riconosciuto dalla moglie) giunto alla reggia: “venti oche beccavano il grano nell’aia della reggia di Itaca, quando un’aquila, sopraggiunta all’improvviso, le ha uccise spezzando loro il collo”.
Il topos del sogno e della visione attraversa tutta la letteratura antica occidentale, sia greca sia latina sia medievale.
Ennio negli Annales ricorda un sogno in cui gli appare Omero il quale gli rivela la reincarnazione della propria anima in Ennio stesso (secondo la dottrina pitagorica della metempsicosi). Si tratta di un sogno simbolico, premonitore e allusivo della grandezza cui assurgerà Ennio al pari di Omero.
Lucrezio asserisce che quando il nostro corpo riposa nel sonno, i sensi restano intorpiditi e lasciano che i simulacri delle cose della vita quotidiana penetrino in noi. La mente, sempre desta, li registra e provoca delle visioni che sono chiamate comunemente sogni, i quali sarebbero una riproduzione e continuazione (per gli uomini come per gli animali) delle sensazioni che più colpiscono l’uomo durante la veglia.
Cicerone, in Somnium Scipionis, ci tramanda di un sogno fatto da Scipione Emiliano che viene a conoscenza di un destino d’immortalità.
Fra tutte le opere antiche tuttavia l’Eneide rappresenta il capolavoro in cui il sogno costituisce l’intreccio precipuo della narrazione. Sono sogni ricchi di profezie, come nei poemi greci, e svolgono la funzione di mettere in moto gli eventi.
I sogni di Enea, narrati nel II e nell’VIII libro dell’Eneide, sono sogni premonitori che si collocano in due momenti nei quali il protagonista dovrà servirsi di tutte le proprie capacità per fronteggiare i pericoli del destino. I sogni nell’Eneide sono alla base di eventi importanti del poema: la fuga di Enea da Troia e il suo arrivo nel Lazio; la fuga di Didone da Tiro e la sua morte; il futuro matrimonio tra Enea e Lavinia e la guerra nel Lazio sono tutti avvenimenti determinati da un sogno o in esso profetizzati.
La scena del sogno di un defunto ritorna più volte nelle letterature classiche e moderne. Per la Letteratura Italiana si ricordano ad esempio la Vita Nova di Dante, il Canzoniere di Petrarca e alcune novelle del Decameron di Boccaccio.
Nel capitolo intitolato De Somno, in Genealogiae deorum gentilium, Boccaccio, analizzando le teorie sulla natura del sogno, realizza una sintesi del patrimonio classico e medievale. Dissertando sul sonno, Boccaccio cita Ovidio, Seneca e Virgilio e, soprattutto, riporta la classificazione compiuta da Macrobio, arricchendola con esempi tratti dalla cultura classica e dalla Bibbia.
Boccaccio, rifacendosi alle teorie aristoteliche, ritiene che all’ origine dei sogni ci sia la stimolazione somatica, senza tuttavia ricondurre il sogno ad un’origine esclusivamente naturale. Egli riporta anche la teoria tradizionale delle due porte del sogno e quella relativa alla natura dei sogni veri che visiterebbero il sognatore sul far del mattino, quando egli è assorto nella quiete necessaria a ogni rivelazione trascendente. Dunque anche Boccaccio ammette la possibilità che il somnium abbia una valenza profetica.
Nel corso del Medioevo si attribuisce una valenza oracolare ai sogni, capaci di accostare ed elevare l’anima dell’uomo sino a vette trascendenti. Accanto a manuali specifici circolano opere di carattere erudito e riduzioni in un registro popolare di vasta diffusione. Anche le agiografie sono intessute da racconti di sogni dalla chiara valenza esemplare e numerose sono le descrizioni di sogni “realmente sognati” spesso di natura allegorica.
Nel Medioevo se sogni e visioni suscitano un’irresistibile fascinazione, fanno intuire oscuramente il loro nucleo perturbante, come elemento di disturbo e di pericolosità sia per l’individuo sia per il tessuto sociale. La Bibbia stessa presenta un approccio ambivalente al sogno, attribuendogli ora un valore profetico (si pensi, nell’Antico Testamento, alle storie di Daniele e Giuseppe e, nel Nuovo Testamento, alle apparizioni dell’Angelo di Dio a Giuseppe o ai Magi), ora invitando il fedele a una cauta e sapiente diffidenza verso le pratiche di divinazione onirica. Per la lettura e l’analisi dei sogni sono usati l’”Alfabeto e l’Almanacco dei sogni” e “Il libro della natura”. “L’alfabeto dei sogni o Libro della sorte” consiste in una lista di significati dei sogni in relazione alle lettere dell’alfabeto.
L’ortodossia cristiana disapprova tali opere a causa della concezione del reale fondata sulla casualità che le sostanzia. Non soltanto la Chiesa ufficiale oppone una tenace resistenza alla loro diffusione, anche in ambito giuridico si levano obiezioni sino ai limiti dell’ostracismo.
F.to Gabriella Toritto
FONTI:
Dante ALIGHIERI, Divina Commedia, a cura di N. Sapegno, La Nuova Italia ed., 2004
Dante ALIGHIERI, Vita Nova, a cura di N. De Blasi, Armando Curcio Editore, 1964
ANTICO TESTAMENTO,1 Samuele 28:6; Deuteronomio 13,2 4; Geremia 23:25-32), La Bibbia di Gerusalemme, EDB, 1974
M. BLOCH, La società feudale, Ed. Einaudi, 1999
G. BOCCACCIO, Decameron, a cura di V. Branca, Einaudi Editore, 2014
U. ECO, Scritti sul pensiero medievale, Bompiani Ed., 2012
A. GALLI, Spiritualità: l’interpretazione cristiana dei sogni, su Avvenire, giovedì 28 giugno 2012
GREGORY, I sogni nel Medioevo, Seminario Internazionale, Roma (2-4 ottobre 1983) Edizioni dell’Ateneo
KRUGER Steven, Il sogno nel Medioevo, edito da Vita e Pensiero, 1996
J.LE GOFF, Mentalità, sensibilità, atteggiamenti (X – XII secolo), in La civiltà dell’occidente medievale, Firenze, Sansoni, 1969
J.LE GOFF, Gli intellettuali nel Medioevo, Collana saggi n. 29, Oscar Mondadori, Milano 1979-85
R. MANSELLI, Il soprannaturale e la religione popolare nel Medioevo, Edizioni Studium, Roma, 1985
NUOVO TESTAMENTO, S.Paolo, 1°Lettera ai Corinzi, La Bibbia di Gerusalemme, EDB, 1974
NUOVO TESTAMENTO, Vangelo di Matteo, La Bibbia di Gerusalemme, EDB, 1974
OMERO, Iliade, tradotta da V. Monti, Itaca Scuola,
OMERO, Odissea, tradotta da E. Romagnoli, Itaca Scuola,
M. PASTORUREAU, Medioevo simbolico, Collana Storia e Società, Editore Laterza, 2005
G. PETROCCHI, Itinerari danteschi, Adriatica Editrice, Bari, 1969
G. PETROCCHI, L’esperienza religiosa di Dante, in Dante, a cura di U. Parricchi, Roma, 1965
P. VIRGILIO MARONE, Eneide, curatore A. Fo, Nuova Universale Einaudi Editore, 2012