QUANDO I SOGNI DANNO FORMA ALLA REALTA’

Redazione-«Perché accade spesso che ciò che sogni ti succede, poi, nella vita reale?». Questo è ciò che chiede uno dei nostri lettori. È una domanda complessa alla quale le scienze della mente faticano a dare una risposta chiara.

In questo articolo si tenterà di affrontare la questione da una diversa angolatura, analizzando la relazione tra il contenuto dei sogni e la vita reale e il valore che viene ad essa attribuita in contesti culturali differenti.

Gli antropologi hanno spesso rivolto la loro attenzione a quelli che generalmente vengono chiamati “stati non ordinari di coscienza”, tra cui i sogni (cfr. Comba, 2008). Già uno dei fondatori dell’antropologia Edward Burnett Tylor, nella sua principale opera Primitive Culture (1871) notava che presso alcune società non-occidentali vi fosse un diverso modo di interpretare i sogni. Secondo lo studioso britannico in generale il principio su cui poggiavano queste interpretazioni è che i sogni siano, presso tali società, le esperienze o i viaggi dell’anima. Proprio la nozione di “anima”, centrale nell’opera di Tylor, si rivelerà fondamentale nella nostra trattazione: l’anima, infatti, in molte culture è ritenuta essere una sorta di “doppio” dell’individuo, un’entità che alberga in esso ma che al tempo stesso se ne differenzia. Essa può temporaneamente distaccarsi dal corpo dell’individuo e manifestarsi come entità del tutto autonoma nella dimensione dei sogni.

Dopo Tylor diversi autori hanno rilevato il fatto che in molte popolazioni è diffusa l’idea di un’anima che lascerebbe il corpo per avventurarsi in terre sconosciute. Tale concezione a prima vista potrebbe sembrarci assurda, poiché implica l’idea di un “doppio” autonomo dell’individuo che mal si concilia con l’idea individualistica del Sé, caratteristica della cultura occidentale.

Molti studi antropologici hanno invece dimostrato che esiste una vasta gamma di idee circa il Sé e che tra queste spesso rientra anche l’idea di “anima”. Dunque, nell’interpretazione dei sogni che viene elaborata presso i diversi contesti culturali risulta determinante il significato che in ognuno di essi si attribuisce alla nozione di Sé.

L’antropologa Ellen B. Basso, che ha studiato l’interpretazione dei sogni da parte dei Kalapalo del Brasile, si concentra su una nozione fondamentale per questa popolazione. Si tratta del concetto di akua che, secondo la studiosa, a partire dalla sua immediata realtà di pertinenza, cioè il sogno, ci conduce a considerare alcuni aspetti determinanti della visione del mondo dei Kalapalo. L’ akua  è considerato dai Kalapalo una parte del corpo, al pari di un occhio o di un piede, ma che, a differenza delle altre parti del corpo gode talvolta di un’esistenza separata (ma non indipendente) da esso. Ad esempio, la Basso riferisce che un uomo una volta correva all’impazzata intorno alla sua casa, urlando, come se ci fosse un partner invisibile insieme a lui: la spiegazione che ne diede era che l’akua lo stesse tirando per il polso.

Il concetto di akua può assumere più valenze, perché i Kalapalo ricorrono ad esso per riferirsi a qualsiasi cosa venga percepita in forma umana durante uno stato non ordinario di coscienza. Nel caso dei sogni i Kalapalo ritengono che questa attività inizi quando, durante il sonno, l’akua di un uomo si risveglia e inizia a girovagare. Durante questo suo girovagare, l’akua arriverà a fare delle esperienze, a incontrare persone o altre entità, che il dormiente interpreta come esperienze reali condotte da una parte di sé. L’akua ha dunque l’esclusiva abilità di rivelare alla persona nuove implicazioni, azioni future e relazioni in cui egli sarà coinvolto. Il sogno, pertanto, contribuisce attivamente al cambiamento non solo dell’umore, ma anche dei sentimenti e degli obiettivi di una persona.

Secondo la Basso, questo tipo di interpretazione dei sogni da parte dei Kalapalo suggerisce la loro consapevolezza del fatto che la concezione del mondo si sviluppa durante tutta la vita e che questo meccanismo consente loro di «ridefinire costantemente la qualità del Sé in armonia con le circostanze che cambiano» (Basso, 1992).

Dunque, se nella visione occidentale i sogni sono concepiti come attività cerebrali che scaturiscono dal sistema nervoso del sognatore, nell’orizzonte culturale di altre gruppi umani assumono la valenza di messaggi di un’entità altra rispetto all’uomo che passano attraverso il sognatore. Informando quest’ultimo e la sua comunità degli eventi e delle relazioni sociali in cui essi saranno coinvolti, i sogni si configurano come una forma di conoscenza e di guida che è percepita come superiore rispetto a quella che viene appresa nella vita cosciente.

Differentemente dalla concezione occidentale che porta a considerare i sogni come una questione individuale e, in un certo senso, incomunicabile, altre culture enfatizzano invece la loro interdipendenza con la realtà e li pongono al centro della vita sociale.

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