Redazione-È mancato al mondo ma specialmente alla comunità abruzzese, Livio Sossi. Da oltre quarant’anni nel mondo della letteratura giovanile, il prof. Sossi era il massimo esponente del settore. Docente di letteratura per l’infanzia alle Università di Udine e del Litorale di Capodistria, saggista e critico, enciclopedico conoscitore dell’editoria del settore, era consulente di tante case editrici e tra queste la Lisciani di Teramo. Di recente era impegnato a terminare la sua opera di scolastica e iniziava, con Lisciani, nuovi progetti editoriali con la proposta di riedizioni di classici ma anche mettendo in campo una collana di albi illustrati. Livio Sossi inizia la sua attività sul territorio abruzzese con i suoi corsi di scrittura organizzati con il Centro di Servizi Sociali della Regione Abruzzo e poi con la Biblioteca dell’infanzia dell’Aquila creata dal compianto Antonello Sipari scomparso appena due giorni prima di Livio. A L’Aquila, grazie alla Pro loco di Coppito e al suo presidente Giancarlo Marchetti, sostiene un progetto di Enrico Cristofaro: “Popletum extempore” con il quale in due anni raduna in città 24 illustratori affermati, oggi anche famosi. È l’inizio di “L’Aquila città dell’illustrazione”. Approfittando della presentazione di un libro di Donella Giuliani, nel corso di “Volta la Carta”, fa nascere, nel 2011, l’Associazione culturale “Libris in Fabula” con l’intento di promuovere la cultura dell’albo illustrato e come punto di riferimento per la formazione dei docenti. Seguono, organizzati dall’Associazione, negli anni, numerosi seminari e nascono numerosi concorsi che lui stesso presiede e nasce il Festival “Liber L’Aquila” di cui lui è il Pigmalione conducendo i numerosi eventi. Con Giuseppe Cristofaro, docente di Letteratura per l’infanzia all’Università dell’Aquila, scomparso il 4 gennaio scorso, e l’Associazione “Libris in Fabula”, con la collaborazione della stessa Università, Dipartimento di Scienze Umane, fonda il “Premio Franco Trequadrini” per onorare un altro grande docente di Letteratura per l’infanzia.
Livio Sossi era presidente e componente di numerose Giurie di importanti Premi in tutta la penisola ma anche all’estero. La sua vita era dedicata completamente alla sua missione: donare il proprio sapere seminando in giro per l’Italia il germe della cultura letteraria per l’infanzia e per i ragazzi, promuovere la lettura e stimolare illustratori e scrittori, insegnanti e appassionati, portando in superficie, molto spesso, nuovi talenti.
In questi giorni tutto il mondo dell’editoria per ragazzi non parla d’altro, la scomparsa di Sossi è un grave lutto ma il suo spirito bizzarro ha il sopravvento sulla tristezza e i semi sparsi per l’Italia, sono pronti a germogliare come lui avrebbe voluto.
Oggi, mercoledì 27 febbraio, nella chiesa di Pettino alle ore 17,30 si terrà la messa commemorativa nell’ottavario della morte in concomitanza con le esequie che si svolgeranno nello stesso giorno a Trieste e contemporaneamente a numerose altre iniziative che si svolgeranno sia a Roma che in diverse parti d’Italia.
Riportiamo una testimonianza del presidente di “Libris in Fabula” Enrico Cristofaro che con lui ha condiviso l’attività culturale a L’Aquila.
Ci sono fratelli.
“Ci sono fratelli che ti nascono dalla stessa mamma e ci sono fratelli che ti nascono dalle stesse passioni.
Mio fratello Giuseppe era nato dalla mia mamma e per anni l’ho amato per questo. Mio fratello Giuseppe l’ho incontrato poi sulla strada della mia passione per la letteratura per l’infanzia e mi è diventato fratello ancora una volta.
Livio Sossi aveva una mamma diversa dalla mia e anche il suo papà non era il mio ma lui, Livio, aveva la mia stessa passione, quella stessa passione di Giuseppe. Anzi lui di passione ne aveva più di ognuno e soprattutto di conoscenza.
Non me ne sono accorto ma “ci siamo fatti fratelli”. Io e Livio come io e Giuseppe. Abbiamo insieme attraversato un tratto di vita, quello della profonda maturità quando avere fratelli di passioni ti alleggerisce il peso del vivere quotidiano perché ti consente di giocare il tuo gioco preferito e di programmare il futuro.
Stento a credere che Livio sia morto ma stento adesso anche a credere che sia mai esistito. Forse me lo sono figurato io (come disse mastro ciliegia sentendo la voce di Pinocchio che proveniva dal legno). E la voce di Livio era di quelle che benissimo poteva giungere da un luogo di fantasia. E la sua figura di quelle che sempre ci sono apparse quando da piccoli ci raccontavano di streghe, di orchi e di folletti. Anzi, mi correggo, non stento più a crederlo, sono certo che Livio me lo sono figurato io perché la sua figura appartiene al mio immaginario infantile. Oggi è in Paradiso? All’inferno? Oggi è tornato nei libri di fiabe dai quali è scaturito dirompendo nelle nostre vite (o nelle nostre menti?). È certamente in tutti quei luoghi, tanti, in cui passando ha lasciato la “polvere di fata Campanellino” perché tutti avessero la possibilità di “levarsi in alto”. E Livio aveva pressappoco il dono dell’ubiquità. Lo chiamavi che era a Palermo e un attimo dopo ti rispondeva da Capodistria. Sì, a Capodistria dove, attraverso l’etere, trasmetteva la sua preziosa rubrica “Doroty e Alice”. E ancora la sua voce unica e improbabile: “ne vogliamo parlare?”, incalzava rivolto all’intervistato dopo aver lui stesso completato l’argomento. Esaustivo sempre, generoso dispensatore di parole che distillava con attenzione e porgeva, ognuna, sostenendone di ciascuna la dignità propria. E ciascuna parola consegnava scandendo lentamente. La voce grave di Livio proveniva dal profondo, da quell’infimo luogo prossimo al suo cuore. E questo, il cuore, che infine smette di battere approfittando di un momento in cui Livio tace, dormiente, finalmente muto. Finalmente a casa.
Qui si tace come pochi giorni prima si era taciuto l’altro mio fratello di passione, Giuseppe. Qui sparisce, d’improvviso, una delle più grandi enciclopedie viventi di editoria e letteratura giovanile. Qui finisce il sogno di chi ha creduto di averlo incontrato, di chi ha pensato di poter accedere al suo sapere senza immaginare l’eventualità di una fine. E forse, dentro ognuno di quei sognatori una parte di quell’immenso sapere,