” L’IMPERATRICE CARLOTTA ED IL MEDAGLIONE DI QUETZALCOATL ” DI RENATO LEBAN (PRIMA PARTE)

Personaggi

Massimiliano d’Asburgo (detto Max)                                              Imperatore del Messico

Carlotta Amalia Coburgo                                                      Moglie di Massimiliano, Imperatrice del Messico

Leopoldo I, Re del Belgio                                                    Padre di Carlotta

Franz Joseph d’Asburgo                                                       Imperatore d’Austria

Eric, compagno di Paola                                                       Artigiano in pelle

Paola, compagna di Eric                                                       Venditrice di  saponi aromatici

Agostino                                                                               Professore di Lettere

Fra’ Martino                                                                          Parroco e Cappellano

Annamaria                                                                             Consulente Turistica, lavora alle F.S. di Trieste

Hans Bombelles                                                                    Nipote di Charles (o Karl) Bombelles

Napoleone III                                                                       Imperatore della Francia

Pio IX                                                                                   Papa

Alicia Iturbide                                                                                  Madre di Augustin Iturbide

Augustin Iturbide                                                                 Bambino adottato dall’Imperatore Massimiliano

Stefano Milosevich                                                               Avvocato di Lubiana

PRIMA

PARTE

Paola allungò la mano e scostò la tenda che le nascondeva la visuale del tetto della cattedrale di Santo Stefano.

Il duomo in controluce sembrava più maestoso in quello che era uno dei più bei tramonti che il mese di Settembre potesse donargli. Paola aveva desiderato quel viaggio da lungo tempo, ma per un motivo o per un altro non si era mai potuto realizzare. Solamente qualche giorno prima il suo amato Eric le aveva detto che non avrebbero potuto farlo. Aveva indicato che non avevano i soldi per permettersi un viaggio così importante e bello. La verità era che egli aveva voluto creare maggior interesse in lei, cosicchè la sorpresa le sarebbe stata più gradita…

Vienna era davanti a lei in tutto il suo splendore. Aveva desiderato tanto di vedere la città dell’Arciduca Massimiliano sin da quando era bambina. La nonna materna le aveva raccontato la storia avventurosa del biondo Arciduca.

Max, come lo chiamavano gli amici e come lo chiamava anche lei, un po’ per farlo apparire come un vecchio amico di famiglia, era stato il fratello dell’Imperatore d’Austria Franz Joseph che era a sua volta il marito della bella Sissi. L’Arciduca Max era divenuto l’Imperatore del Messico. Aveva gli occhi azzurri ed i capelli biondi come il suo bel Eric.

Ma l’impero del Messico non portò fortuna nè a Massimiliano, nè alla sua sfortunatissima sposa Carlotta.

In ogni modo, non era il momento di pensare a cose così tristi. Lei ed il suo Eric erano finalmente giunti a Vienna e Paola si sentiva piena di voglia di vivere. Guardò ancora per qualche secondo il panorama dei tetti di Vienna, poi rivolgendosi ad Eric disse:

  • Non credi che sia meraviglioso?
  • Si amore, cos’è che trovi meraviglioso?
  • Mah, l’essere qui a Vienna con questo bellissimo tramonto…guarda, non è forse maestosa la città?
  • Si, è maestosa, ma di che stai parlando?
  • Sto parlando della cattedrale!
  • Ah bene, bene.
  • Eric sei qui, oppure sei con la testa altrove?
  • Scusami amore mio, ma stavo cercando di capire quanti soldi abbiamo e quanti ne possiamo spendere.
  • Ti pare questo il momento di pensare ai soldi?
  • Beh, abitualmente sei tu cara che mi dici di stare attento a che cosa faccio e di essere un po’ più guardingo.
  • Si, ma non ora e non con questo tramonto!
  • Scusa, che differenza fa se c’è il tramonto o no?
  • Ma è possibile che voi uomini non capiate mai quando sia il momento più appropriato per fare le cose giuste?
  • Non lo so ma forse hai ragione, vuoi che scendiamo ed andiamo a visitare un po’ la vecchia Vienna?
  • Certo! Che ora?
  • Sono le diciotto!
  • Allora è un po’ tardi per andare a vedere i negozi oppure i musei. Qui a Vienna chiudono tutto alle sei della sera.
  • Ah bene….e adesso?
  • Possiamo sempre andare a mangiare e poi fare quattro passi fra le strade della città vecchia. Ti va?
  • Certo, il programma è di mio gradimento.
  • E allora andiamo!

Erano le prime luci dell’alba quando Eric si svegliò riposato, felice, e pieno di voglia di coccole. Si stiracchiò e poi stuzzicò Paola che brontolò:

  • Ma dai, lasciami dormire ancora un po’, solo un po’…ho sonno!

Eric non disse una parola ma accarezzò con delicatezza il suo seno e poi vi appoggiò la testa accanto.

Anche Paola non parlò ma capì le intenzioni di Eric e così lei allungò le braccia e si strinse a il viso di lui, che la ricompensò con un tenero bacio.

  • Posso entrare?
  • ….se mi lasci dormire ancora un po’.
  • Potresti dubitarne?
  • Ma quando mai….!

Risero entrambi ed Eric si rannicchiò al fianco di lei, pregustando la dolcezza di quel corpo caldo e pieno d’amore.

Dopo colazione entrambi erano pronti a scoprire le bellezze della Vienna imperiale. Così la prima visita fu programmata verso la residenza imperiale, proprio là dove una volta aveva vissuto Franz Joseph con la famiglia. Al Hofburg sua madre, l’Arciduchessa Sophia, aveva imposto l’etichetta della corte spagnola facendo nascere nella bella Sissi, consorte di Franz Joseph, il desiderio di abbandonare il palazzo e tutta quella messa in scena che lei detestava. Elisabeth, questo era il vero nome della Principessa Sissi, detestava sentirsi controllata, spiata, ed osservata. Amava la sua libertà.

Lei era giovanissima quando divenne la moglie dell’Imperatore d’Austria, ed era innamorata del suo Franz, ma non del suo titolo, nè tanto meno del suo incarico.

Non sopportava la violenza che le veniva fatta continuamente e Sophia non perdeva occasione per farle notare che questo si doveva fare e che quello non si poteva fare.

Era una suocera che comandava su tutto, compreso il figlio e tutta la sua corte. Lui era troppo preso dagli impegni e dallo stato per potersi ribellare e quindi vivere la sua vita normalmente. Prima di tutto veniva il lavoro, poi lo stato, e poi il resto. Così, mamma Sophia aveva facile gioco su tutto ciò. Era come un gendarme, pronto a punire chiunque avesse osato interferire fra lei e il suo Franz, l’Imperatore d’Austria.

Stavano camminando nella direzione del palazzo imperiale quando sulla loro strada incontrarono un piccolo mercatino rionale. C’erano una decina di venditori ambulanti, con i loro piccoli banchi e con tante cose che sembravano fuori tempo o forse semplicemente inutili. Paola si accostò ad uno di questi ed invitò Eric a seguirla. All’inizio Eric pensò che là si trovavano tutte quelle cianfrusaglie che la gente scartava dalle loro cantine, ma poi cominciò a guardare con più attenzione ed interesse perchè scoprì che molte di quelle cose erano antiche.

Eric fu attratto da alcuni cinturoni in pelle che venivano usati dai cacciatori il secolo scorso.

Erano lavorati accuratamente e si vedeva che erano fatti da provetti artigiani. Alcuni avevano stampato a fuoco il nome o lo stemma della famiglia ed erano di un bel cuoio ingrassato, forti ed estremamente pratici. Altri erano dei portacartucce, altri ancora avevano degli scomparti e tasche che a lui non erano familiari. Comunque, tutti sembravano essere appartenuti a uomini di buon gusto che non avevano avuto problemi finanziari. C’era un cinturone che aveva una fibbia d’argento con incise le iniziali K.B. che lo incuriosì più degli altri, poichè era ben lavorato e con delle tasche decorate a mano. Dietro al banco di vendita c’era una bella ragazza vestita con il costume nazionale austriaco. Venne spontaneo ad Eric chiedere l’opinione di Paola, che ben conosceva i suoi interessi, per tutti i lavori fatti da lui con la pelle.

  • Ti piace?
  • Si certamente!
  • Chiediamo quanto costa?
  • Ma che te ne fai di un cinturone così ingombrante? Beh, potrei metterlo in mostra nel nostro mercatino e poi è così bello che potrebbe ispirarmi per qualche decorazione da creare sui lavori che faccio.
  • Si, questo è vero, ma chissà quanto chiedono!

In quel preciso istante la ragazza dietro al banco disse: -Posso aiutarvi?

  • Certo, vorremmo sapere che prezzi hanno queste cinture e specialmente quella con la fibbia d’argento.
  • Hanno buoni prezzi, e vi assicuro che sono antiche e soprattutto che tutte sono lavorate a mano. Quella con la fibbia d’argento ha un ottimo prezzo, ha un formato inconsueto ma nel suo genere è un’opera d’arte.
  • Si va bene, ma quanto costa?
  • Solamente centonovanta euro.

Paola guardò Eric, piegò la testa da un lato e ripetè:

  • Solamente centonovanta euro! Centonovanta euro per lasciarla lì a prendere polvere per altri cent’anni? Tu devi essere tutto matto!

Eric non disse nulla, guardò la ragazza che gli stava di fronte e poi guardò Paola ed ancora una volta guardò la cintura che sembrava dirgli “comprami”. Non osò dire una sola parola.

Fu la ragazza che intuì il suo imbarazzo e perciò interruppe quel silenzio, rivolgendosi verso Paola:

  • E` vero che centonovanta euro non sono pochi, ma è una bellissima cintura e soprattutto farà felice il suo ragazzo per molti anni… e non per ultimo deve considerare che sarà un bellissimo ricordo di Vienna.
  • E` vero, sospirò Eric.

Paola si sentì messa sotto accusa, e perciò cercò una via di scampo, rispondendo alla ragazza ed allo stesso Eric:

  • Se lui compera la cintura per , allora credo che lui debba pensare un po’ anche a me: anch’io desidero avere un ricordo di Vienna, non ho forse ragione?
  • Certo che ce l’ha!
  • Per me tesoro, va benissimo, scegli pure….
  • Ma io non voglio un cinturone!
  • Forse le piacerebbe un maglione oppure un bel cappellino Austriaco.
  • No, penso proprio di no! A me piacerebbe avere quelle confezioni di petali di fiori profumati che si mettono negli ambienti per renderli più accoglienti….
  • Non ci sono problemi, guardi qui, abbiamo a disposizione alcune confezioni che sembrano fatte apposta per lei.
  • E` vero, guarda qui Eric, guarda che belli, e che profumo hanno…ma non è solo il profumo dei petali ,

c’è qualcosa d’altro….

  • Ha ragione, ci sono anche la cannella, il sandalo, il bergamotto ed altri aromi.
  • E quanto costano?
  • Solamente dieci euro.
  • Allora potrei prenderne cinque o sei…tu che ne pensi?

Eric sorrise, alzando un po’ le spalle e aprendo le palme delle mani in segno di resa.

Paola sembrava soddisfatta ed Eric aveva finalmente il suo cinturone con tanto di fibbia d’argento, così tutti erano felici e contenti. La giovane austriaca fece loro una bella sorpresa quando tirò fuori un bauletto di pelle per mettervi il cinturone.

  • Non è che vuole vendermi anche quello, vero? Perchè non credo che potremmo permetterci un’altra spesa.
  • No signore, non si preoccupi, il cinturone era in questo bauletto e perciò lo vendiamo così come ci è pervenuto. Ecco a lei… e vi auguro una buona giornata, spero che Vienna vi piaccia, e che possiate averne un bel ricordo. Grazie ed arrivederci.
  • Grazie a lei e arrivederci.
  • Su, andiamo a vedere l’Hofburg e poi andremo al museo di storia naturale che sembra essere uno dei più ricchi del mondo.
  • Certo che tu Eric sei proprio fortunato, non solo hai avuto il tuo cinturone, ma hai pure avuto un bauletto di pelle!

Il resto della giornata passò serenamente visitando i monumenti ed i musei di Vienna. Paola pensò che la città era paragonabile ad una bella signora d’altri tempi, una vera Imperatrice. Così, dopo la Hofburg, visitarono il famoso parco Prater. Andarono sulla grande ruota da dove si poteva ammirare il panorama della città e nei giorni seguenti visitarono il castello di Schonbrunn ed ancora Mayerling, insomma in una settimana di vacanza Paola ed Eric divennero dei bravi turisti informati, ma soprattutto contenti, oltre che squattrinati.

IL RITORNO A TRIESTE

Il viaggio era stato lungo ma piacevole. Ora il treno stava entrando in quella zona dove i binari seguivano parallelamente la costiera adriatica. L’aria era limpida e tersa, ed il sole di settembre rendeva le piante del sommaco, del leccio, l’alloro e la fillirea più luminose e intense nei loro colori autunnali. La crescita delle essenze illirico-balcaniche che costituiscono le tipiche boscaglie formate da cerri, roverelle, e roveri, sembravano esaltare di più la bellezza del Carso Triestino. Persino le piante latifoglie quali il carpino nero, l’orniello, l’acero campestre, i cornioli e gli stessi noccioli, sembravano partecipare a quella esaltante scenografia che dà il benvenuto a chi si addentra nel golfo della città di Trieste. Eric era orgoglioso di essere triestino anche se come molti altri suoi concittadini era di origini istriane. La sua famiglia era dovuta emigrare dalla ex-Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale. Ora, sia lui che la sua famiglia, erano ben integrati nella città e quindi i traumi della separazione erano ormai un lontano ricordo. Mentre il treno stava scorrendo dolcemente sulle rotaie esposte a sud ovest della costa adriatica egli stava ammirando la bellezza del golfo, il colore cobalto del mare, lo scuotersi delle fronde degli alberi, e lo specchiarsi delle case sparse sulla costiera. Paola stava ancora dormendo sulle sue ginocchia, quando il Castello di Miramare apparve all’improvviso. Era  a picco sul mare e con le sue bianche torri era l’avamposto più romantico e triste che una giovane coppia avesse potuto sognare come sua dimora. Era stato il nido d’amore dell’Arciduca Massimiliano d’Asburgo e della bella Carlotta Coburgo del Belgio. Ma era il tempo di svegliare Paola e così le sfiorò il viso, sussurrandole dolcemente:

  • Amore, svegliati siamo presto arrivati alla stazione di Trieste.

Sorridendo e un po’ stiracchiandosi Paola si alzò e si mise a sedere accanto al suo cavaliere.

  • E` una bellissima giornata, non è vero?
  • Spero che i tuoi genitori saranno ad attenderci alla stazione, così potranno aiutarci a portare a casa le valigie – commentò Eric.
  • Ho parlato con mia madre ieri sera, e mi ha detto che sarebbe venuta.
  • E` una fortuna che tuo padre sia in pensione e che ci stia dando una mano.
  • Ti ho sempre detto che ho una famiglia meravigliosa, no?
  • … lasciamo perdere questi argomenti.
  • Già, perchè avresti qualche cosa da ridire?
  • No, e quando mai…

Entrambi si misero a ridere e poi si alzarono per tirare giù i loro bagagli. Salutarono gli altri viaggiatori e si prepararono nel corridoio del vagone, aspettando che il treno entrasse finalmente in stazione. La mamma ed il papà di Paola erano lì ad attenderli sulla pensilina, felici di poterli riabbracciare nuovamente.

 

 

 

 

  IL PROFESSORE

Agostino stava facendosi la doccia quando il telefono cominciò a squillare. Se ne uscì da lì tutto bagnato, così come se fosse stato un gatto sorpreso dal vicino a rubagli la mortadella. Scivolò, brontolò, ma riuscì a rispondere in maniera civile, senza usare termini greci o latini.

      –  Pronto, chi è? Ah, sei tu.. solo un momento per favore.
Tutta la sua conoscenza classica era stata messa a dura prova in quel momento cruciale. Gli vennero in mente tutte le belle frasi dei platonici, quelle dei sofisti, quelle degli epicurei, e di tutti quei buontemponi che sapevano come mandare al diavolo chi osava disturbarli nei momenti di tranquillità fisica e spirituale. Agostino era un bell’uomo di circa trent’anni, di statura medio alta, un po’ paffutello, dai capelli castano scuro, con grandi occhi espressivi. Era l’immagine del filosofo accomodante, ben pasciuto e naturalmente ben istruito. Il suo amico Eric lo aveva classificato fra i paciocconi dal palato raffinato. Così, quando finalmente arrivò al telefono spiegò:

       –  Scusami, ma stavo gocciolando sul pavimento. No, non importa, hai fatto bene a chiamarmi. Come sta Paola? E` stato un buon viaggio? L’Austria è un bellissimo paese. Come dici? Ti sei comperato un cinturone? Ma scusa, non sei tu quello che lavora le cinture e tutte quelle altre cose in pelle? Ah, questo è antico ed ha la fibbia in argento. Sai come si dice da noi: “Contento tu, contenti tutti…”  No, che non ti prendo in giro. Pensavo che chi fa le cinture poi le dovesse anche vendere a qualcuno, o no?  Ora dimmi che cosa c’entra un baule, e poi di che baule stai parlando? Scusami Eric, ma non ti capisco, perchè non ci vediamo dopo cena verso le nove, e così parleremo con più calma?

        – Ciao Eric..

 Agostino conosceva Paola ed Eric da poco tempo, ma avevano legato facilmente. Era stato un loro amico comune a presentarli proprio durante un giorno di mercato. Si erano conosciuti in una calda domenica d’agosto mentre l’altro era venuto a far loro una visita di cortesia.

Per entrambi il loro punto d’incontro era stato quest’uomo un po’ curioso, avanti con gli anni, dall’aspetto caratteristico e con una storia ancora più curiosa del suo aspetto. Era stato un cantante ed ora lavorava da molti anni con gli americani; era un’amante dell’arte, ma soprattutto amava leggere ed ascoltare. Per Eric questo uomo era strano, tanto da non riuscire a classificarlo. All’inizio si sentiva persino un po’ a disagio con lui, lo vedeva solo come un uomo anziano e non capiva quali interessi potesse suscitare in lui questa strana amicizia. Poi venne alla conclusione che bastava lasciarlo fare, che non era poi così misterioso come sembrava, nè tanto meno pericoloso. L’uomo intuì il suo disagio, perciò gli parlò chiaro e senza mezze misure, chiedendo e rispondendo alle sue perplessità. Da allora Eric capì che avrebbe potuto fidarsi ed annoverare fra i suoi amici anche quello con la barba bianca. Dopodicchè anche Agostino, il professore di lettere, era entrato a far parte della cerchia di amici ed ora Eric lo stava attendendo per parlargli di Vienna e della sua sorpresa che aveva avuto da quel viaggio.

LA SCOPERTA

Era una bella serata, ed Agostino era già in ritardo per l’appuntamento. D’altronde erano a casa loro ad aspettarlo, perciò non si fece venire dei sensi di colpa. L’autobus partiva dalla piazza Oberdan e saliva su, su fino quasi sotto il Sanatorio Triestino. Via Bonomea è una delle strade più ripide di Trieste, ma è anche una di quelle che concede allo sguardo attento uno dei più bei panorami del golfo. Pensò che avrebbe potuto prendere una bottiglia di vino, ma se n’era dimenticato ed ora era troppo tardi per scendere e poi prendere un altro autobus. Gli ritornò alla mente l’invito di Eric ed il suo stato d’animo, un po’ confuso con quella storia del cinturone e poi quella di un baule…

  • Beh, credo che sia inutile pensarci ora, fra poco ne avrò bisogno – pensò

Suonò il campanello della porta e gli apparve quasi immediatamente, dietro il vetro, la bella figura di Paola che sorridendo gli disse:

  • Ciao entra, Eric viene subito. E`di sopra, a casa dei suoi genitori.
  • Ciao, scusa il ritardo, ma il vostro autobus viene ogni mezz’ora.
  • Si, è vero.
  • Come state?
  • Grazie, stiamo bene, perchè non ti accomodi?
  • Volentieri, va bene qui?
  • Scusa il disordine, ma come sai siamo appena rientrati. Ecco che arriva Eric.
  • Ciao Agostino, come stai?
  • Sto molto bene, ma raccontatemi del vostro viaggio a Vienna.
  • Non prima di esserci seduti a tavola.
  • Ecco Agostino, puoi accomodarti qui, che questo è il posto di Eric.
  • E tu Paola dove ti siedi?
  • Qui, vicino alle cose che sto preparando.
  • Insomma, sei una vera Cenerentola….
  • Non pensarci neppure per un istante!
  • E` vero, Paola è una cuoca…così, così…
  • Ho capito…forse è meglio che vi lasci un po’ a digiuno…
  • Ma no cara, cosa hai capito? – chiese Eric.
  • Penso che Eric volesse dire che dipende tutto dall’umore che hai nel momento che cucini!
  • Ha ragione, oggi sono di pessimo umore.
  • Ma dai cara, stavo solo scherzando…
  • Dalla linea che avete entrambi, non si direbbe.
  • Non ti ci mettere anche tu Agostino, o qui saltiamo la cena.

A quel punto si misero a ridere tutti e tre mentre il cane di Eric stava facendo il suo ingresso nella stanza da pranzo con qualcosa che si muoveva nella sua bocca.

     –  Oh Dio, che cosa ha in bocca?!-  esclamò Paola.

     –  Soltanto un bel topo-  disse calmo Agostino.

L’urlo di Paola non si fece attendere, al che il cane aprì la bocca per lo stupore e naturalmente il topo non si fece pregare per darsi alla fuga. Due secondi e la stanza era tutta in movimento.

Eric che rideva come un matto, Agostino si era alzato, e Paola, spaventatissima, aveva cambiato colore e cercava inutilmente riparo dietro una sedia. Finalmente il cane riuscì a riprendersi il topo e se ne uscì di corsa fuori dalla stanza. La calma ritornò sul volto di tutti. Per ristabilire la serenità e lo spavento di Paola, Agostino suggerì:

  • Beh, ora raccontatemi un po’ di questo vostro viaggio a Vienna. Non fatevi pregare.

Mentre Paola riprendeva il ruolo di padrona di casa, Eric andò a prendere il bauletto di pelle che conteneva il cinturone. Agostino aiutò a preparare la tavola e quindi a distribuire i bicchieri e le posate. Eric si sfregò le mani e poi, prendendo il portapane, chiese a Paola dove fosse il vino. Agostino guardò incuriosito il bauletto che Eric aveva appoggiato sul tavolo ed affermò:

  • E` un bel lavoro, ed è elegante.
  • Aspetta di vedere la sorpresa!

Gli sguardi di Paola e di Eric s’incrociarono come per convalidare una loro precedente intesa.

La curiosità e la tensione ora erano palpabili nella stanza. A quel punto Eric suggerì:

– Prima mangiamo e poi ti mostreremo il suo contenuto.

Paola aveva preparato delle polpette di carne e dei fiori di zucca fritti: un binomio curioso, ma molto gradito al palato dei commensali. Il vino messo sulla tavola era di un bel rosso corposo, era il ben noto Terran del Carso. Come dessert, Paola ed Eric avevano messo in tavola un piatto di frittole che in verità erano state fatte dalla mamma di Eric. Queste frittole vengono fatte con la solita pasta e tutti gli ingredienti naturali: uvetta passa, farina, uova, latte, ma a differenza dalle altre vi viene aggiunto un po’ di grappa istriana per dare al loro gusto un che di leggerezza e fragranza. Era un piatto da leccarsi i baffi ed essendo entrambi dei buongustai soffrivano a vedere un piatto pieno di tanto ben di Dio lasciato lì “a perorare la causa”, quindi esclamarono:

-Mangiamo!-

  • Bene ora che abbiamo finito possiamo finalmente parlare di questo strano oggetto.
  • Penso proprio di si, me l’avete fatto aspettare come se fosse stato il passaggio dell’ostensorio durante la santa messa.
  • Beh, eccolo qui, come vedi è un bel bauletto di pelle e dentro c’è il famoso cinturone con la fibbia d’argento che ha le iniziali e lo stemma di qualcuno che si chiamava “K.B.”, ma non è per questo motivo che ti abbiamo invitato qui questa sera.
  • Ah no? E allora, per quale altro motivo ho avuto il piacere di essere stato invitato a cena?
  • Perchè volevamo farti partecipe di un fatto curioso che ci è capitato al nostro rientro.
  • Cioè?
  • Come vedi questo è un lavoro fatto a mano ed è anche un po’ alto per dovere contenere solo un cinturone.
  • Si, e cosa vuoi dire con ciò?
  • Voglio dire che abbiamo trovato che c’era un altro spazio interno.
  • E allora?
  • Abbiamo trovato qualche cosa di cui non sappiamo la provenienza nè il valore.
  • Ti prego Eric di non farla tanto lunga e di spiegarti meglio.
  • In poche parole, ecco che cosa abbiamo trovato: alzando il bauletto, nella parte inferiore si poteva intravvedere una fessura che all’inizio sembrava un taglio e poi, facendovi scorrere la lama del coltello, la fessura si è rivelata essere una tasca dalla quale abbiamo estratto questo oggetto.
  • Ma è un medaglione d’oro, d’oro con turchesi, rubini e smeraldi…..
  • Si, lo è, e sembra molto antico. Capisci perchè ti ho chiamato?
  • Capisco, ma cosa posso fare io?
  • Per prima cosa dovresti dirmi che impressione ne hai, che cosa dovremmo fare, o come dovremmo comportarci.
  • Piano, piano, stai correndo un po’ troppo.
  • Dove hai comperato questo bauletto con il cinturone?
  • Ma come dove? Se te l’abbiamo detto che lo abbiamo comperato a Vienna…
  • Si a Vienna, ma dove? E da chi?
  • Da una ragazza che vendeva cose antiche su un banco di un mercatino rionale.
  • E naturalmente non sai chi sia e che nome abbia il suo eventuale fornitore.
  • No, non ne sappiamo nulla.
  • Fammi dare un’occhiata più attenta a questo medaglione.
  • Sembra che sia uno di quei simboli degli Atzechi, ricorda un po’ il serpente piumato.
  • E` pesante e guarda qua che lavorazione ha, ed è ad incastro…
  • Onestamente, credo che valga una certa cifra.
  • Si, lo credo anch’io e guarda qui, è oro, oro vero ed è lavorato a mano.

A quel punto Paola disse: “forse lo dovremmo restituire”…

     – Non penso che abbiamo i mezzi per ritornare a Vienna, e poi restituirlo a chi?

Agostino continuava a guardare il medaglione che era incastrato in un cerchio d’oro e turchesi e rappresentava un crotalo a due teste, tempestato di turchesi, con gli occhi di smeraldo e la bocca colma di rubini. Aveva già visto qualche cosa di simile nei libri d’arte Atzeca, ma in quel momento non era sicuro al cento per cento, perciò disse:

  • Credo che dovremmo cercare di capirne di più, fare qualche ricerca e poi vedere quello che si può fare e quello che è giusto fare. Mi spiego: se questo è quello che sembra, cioè un reperto antico, ebbene questo medaglione può diventare l’oggetto dei desideri di qualche malintenzionato. Quindi la cosa più saggia è quella di tenerlo in un posto sicuro, senza farne troppa pubblicità. Quando avrete accertato il suo reale valore e la provenienza, beh allora deciderete su ciò che vorrete farne.
  • Ben detto – concordarono Eric e Paola ad alta voce, alla fine del consiglio di Agostino.

FRA’ MARTINO

Fra’ Martino è un cappellano, e come tutti i frati che ho conosciuto, è un pezzo di pane, un buon uomo sempre impegnato ad aiutare qualcuno a tirarsi fuori dai guai. Ha si e no quarant’anni ed è un allegro padovano, fattosi frate per vocazione, dopo aver prestato servizio come poliziotto per alcuni anni. E` di media statura, di pelle bianca, capelli corti rossicci manomessi da qualche parrucchiere in vena di esperimenti, con un bel sorriso, sempre pronto a darti il benvenuto anche quando tu arrivi da lui senza preavviso. Quel giorno Fra’ Martino stava lavorando con gli addobbi della chiesa, mentre la sua perpetua lo stava tormentando con le sue solite storie: e Claudia aveva fatto questo e Lucia non aveva provveduto a stirare le tonache e Margherita non aveva pulito l’altare di S. Francesco… e così avanti sino a quando non arrivò Agostino e per Fra’ Martino fu una specie di liberazione dalle infinite lamentele della perpetua.

  • Vieni, vieni Agostino, andiamo dietro, andiamo nel mio appartamento, così staremo un po’ in pace.

Agostino lo seguì, salutando con il capo la perpetua ed inginocchiandosi davanti all’altare centrale dov’era esposto il sacramento. Fra’ Martino sorrise e gli fece segno di seguirlo dietro ad una porticina. Entrarono così nella parte posteriore della chiesa dov’era appunto l’appartamento privato del sacerdote.

  • Allora, dimmi come stai – chiese Martino.
  • Sto bene grazie – rispose il professore.
  • Cosa posso offrirti?
  • Ma quello che vuoi o meglio, quello che passa il convento.
  • E qual buon vento ti ha portato qui?
  • Non vorrei sembrarti spiritoso ma siamo a Trieste e perciò se di vento si tratta dovrà per certo essere un “refolo di Bora”.
  • Ma che spirito… si, di patate!
  • Scherzi a parte, sono venuto perchè ho bisogno di parlarti di un fatto che è capitato ai nostri comuni amici.
  • Su “conta”. L’accento padovano e le espressioni dialettali erano il pane giornaliero di Fra’ Martino, perciò Agostino era abituato al suo modo di parlare sbrigativo.
  • Credo che tu sappia che Eric e Paola sono andati a Vienna.
  • Si che lo so, è una storia vecchia e….la sanno anche tutte le pie donne.
  • Beh, a questo punto spero che non sappiano anche il seguito della storia.
  • Perchè, è nata una disgrazia?
  • Ma no, ma che disgrazia….
  • Beh, allora non è una cosa drammatica.
  • Ma scusa Fra’ Martino, perchè pensi subito a disgrazie?
  • Perchè da me vengono solo per i battesimi, sposalizi, oppure per i funerali…e dato che non si tratta di un matrimonio, perchè in quel caso sarei stato uno dei primi a saperlo, non posso pensare altro che al peggio.
  • Ma no, non è così. La storia è complicata, ma non tragica, almeno non per il momento.
  • E allora di che cosa si tratta?
  • Si tratta del fatto che hanno trovato qualche cosa, e che questa cosa sia molto importante.
  • Carissimo Agostino io so che tu hai una buona opinione di me, so anche che è assolutamente vero che io sono un frate, ma non sono un indovino!!
  • Poi diceva che ero io quello spiritoso..
  • Meno male che non sei un frate, altrimenti la faresti lunga come tutto un rosario.
  • Insomma per fartela breve, Eric e la sua compagna hanno trovato un gioiello.
  • Un gioiello?
  • Si, è un medaglione antico, e se non mi sbaglio il suo valore non ha prezzo.
  • Come sarebbe a dire che non ha prezzo?
  • Sarebbe a dire che essendo un pezzo unico è un oggetto da collezione.
  • Ma spiegati meglio, dove l’hanno trovato?
  • A Vienna.
  • E non potevano cercare il proprietario a Vienna?
  • No, perchè non erano a Vienna quando l’hanno trovato.
  • Ma stai cercando di confondermi le idee?
  • Non sto cercando di confonderti le idee, sto solamente dicendoti che l’oggetto in questione è stato trovato qui a Trieste.
  • Hey professore, per favore vacci piano.
  • Eric ha comperato un cinturone a Vienna e dentro il contenitore del cinturone c’era questo gioiello.
  • Ah finalmente! Ora è chiaro. Ma se sa dove ha comperato questo cinturone, saprà anche il nome del venditore, no?
  • No, perchè l’hanno comperato in un mercatino rionale, si insomma in una bancarella.
  • Proprio tutte le fortune…insomma quando si dice che uno ha un…cu..
  • Ehi Fra’ Martino, non puoi esprimerti così!
  • Va bene, va bene, ma ha proprio un fondo schiena senza fine…
  • Non sarei tanto sicuro di quello…
  • Perchè?
  • Perchè se quello è il medaglione di Quetzalcoatl, così come io credo, c’è una leggenda su di lui che non è per niente allegra. Senza poi dire che qualche malintenzionato potrebbe sempre cercare di metterci le mani.
  • Ora mi sembri tu il pessimista. Comunque è vero che se quel medaglione è ciò che tu credi sia, c’è poco da scherzarci sopra.
  • Ma se è vero che c’è poco da scherzarci, sarà meglio trovare una soluzione quanto prima.
  • Si, non vorrei che Eric o Paola finissero nei guai.
  • Hai ragione Agostino.
  • Vedi, Fra’ Martino, è qui che tu potresti aiutarci.
  • E come potrei, se non sono troppo indiscreto?
  • Nessuno meglio della chiesa salva e possiede tutte le informazioni genealogiche.
  • Professore, non capisco dove vuoi arrivare.
  • Caro Martino, il cinturone che Eric ha comperato ha uno stemma inciso a fuoco e quindi basterà cercare a quale famiglia appartenesse quello stemma, e poi in conseguenza arriveremo a capire di chi era il cinturone e quindi lo stesso medaglione.
  • Ma io non ho la possibilità di consultare tutti gli stemmi araldici austriaci.
  • Tu forse no, ma i tuoi colleghi i Frati Cappuccini d’Austria si!
  • Bravo! Le pensi proprio a tutte…..comunque mi pare che sia una buona idea; anzi se mi procuri il disegno dello stemma, provvederò oggi stesso a mettermi in contatto con il convento della Chiesa dei Cappuccini di Vienna. Ora che ci penso, la cripta degli Asburgo è sotto la giurisdizione ecclesiastica, e quindi la nobiltà Viennese frequentava per certo quei luoghi…
  • Certo, si che li frequentava…
  • Ti prego professore di non farmi delle battutacce del tipo: “e qualcuno è rimasto lì…per sempre.”
  • Ma guarda che sei una bella faccia tosta, frate dei miei stivali, le battutacce le fai tu e poi dai la colpa a me?!
  • Su, su Agostino non si può mai scherzare con te? Ora devo andare, altrimenti le mie pie donne penseranno che mi sono perso. Ci sentiamo quando avrai il disegno dello stemma.
  • Ti prego di dire a Eric di stare attento, e soprattutto di non parlare con altri del medaglione.
  • Ciao, ciao, ora devo proprio andare.
  • Ciao Martino.

ANNAMARIA

Annamaria lavora alla biglietteria della stazione centrale ed è impegnatissima a preparare una serie di biglietti per alcuni turisti giapponesi. La sezione nella quale lavora è quella che intrattiene la clientela dell’Euro-Star. Annamaria parla tre lingue correttamente e sopratutto è informatissima sui prezzi, gli orari, ed i collegamenti relativi ai diversi modi di raggiungere le varie mete Europee. E` un’amante del turismo “fai da te” e perciò, oltre alle conoscenze tecniche a causa del tipo di lavoro che svolge quotidianamente, ha un bagaglio personale di esperienze fatte sul luogo nei suoi tantissimi viaggi in terre lontane. E` facile da riconoscere perchè lei porta i capelli bianchi raccolti all’indietro a coda di cavallo oppure, secondo l’umore che ha, li porta sciolti sulle morbide spalle. Annamaria è l’amica di tante persone, incluse quelle di cui abbiamo parlato in questa storia. Se dovessimo dire a quale di queste lei si sente più unita, forse avremmo l’imbarazzo della scelta. Per certo però Agostino è la persona con cui lei comunica di più, ed è stato proprio lui a confidarsi con lei degli ultimi fatti che sono accaduti a Paola ed Eric. Forse è interessante ricordare che era stato Agostino a raccomandarsi con Fra’ Martino e gli altri di non parlare della storia del medaglione con estranei. Ma …c’è sempre un ma, ed una scusa è sempre pronta, quando si tratta di noi stessi. E così Agostino ha parlato con Annamaria perchè lei è la sua amica. E lei per certo avrebbe saputo come consigliarlo e come aiutarlo. Annamaria è una donna intelligente, spiritosa, e battagliera. La potremmo definire una donna dal credo di sinistra ma che vive come un simpatizzante della destra, cioè soddisfando tutte quelle piccole e grandi raffinatezze che la situazione sociale e monetaria le permette. Mi spiego, è una donna onesta che ama sentirsi socialmente impegnata, ma non ha l’arroganza di certi benestanti che sembrano più fortunati che istruiti. Insomma, Annamaria è ben accettata dal professore di lettere, anzi direi proprio che ha una calda simpatia per lei, per il suo modo di presentarsi, per il coraggio che ha nel prendere le parti di questo o di quello. Lei è una donna che ha un suo fascino. E` semplice, schietta, ed allegra.

Ora non mi perderò di più in complimenti che a lei forse non farebbero piacere; dirò solamente che è una donna sveglia, attenta, furba, e come si dice dalle nostre parti, “neppure il diavolo potrebbe farla franca, senza incappare in qualche sua sorpresa.” Ed ecco che mentre stavo spiegandovi chi fosse Annamaria, ai suoi turisti giapponesi si è aggiunto un’altro turista che educatamente si è messo in fila, aspettando il suo turno. L’occhio attento di Annamaria l’ha già notato e mentre finisce di spiegare dove devono andare gli orientali, valuta il suo nuovo cliente. La sua è solamente una prima impressione, ma come si sa è quella che conta. Secondo Annamaria, l’uomo che le sta di fronte, è uno straniero, un bell’uomo di circa quarantacinque anni, con gli occhi azzurri, capelli castano chiaro un po’ brizzolati, con dei baffi corti ben curati. Sembra che ci tenga molto alle apparenze. Ad Annamaria non è molto simpatico. Quando finalmente è il suo turno, l’uomo le chiede educatamente se lei parli inglese. Alla riposta affermativa, l’uomo le chiede se può indicargli un albergo, poichè ha intenzione di fermarsi per un paio di giorni in città. Annamaria prende il pamphlet degli alberghi e, presentandolo, gli spiega che vi può trovare tutto ciò di cui avrà bisogno, al che l’uomo, con un gesto a sorpresa, s’inchina e si presenta come Herr Hans Bombelles e soggiunge:

  • Le sarei veramente grato se potesse consigliarmene uno e prenotarmi la stanza.
  • In verità, non fa parte del nostro compito prenotare gli alberghi e tanto meno sceglierne uno al posto di un’altro. Sarebbe scorretto verso gli altri albergatori.
  • Vorrei poterglielo pregare come un gesto di cortesia personale. Non sono abituato a parlare con i servitori.

La frase urtò la sensibilità di Annamaria che replicò immediatamente:

  • Mi dispiace per lei ma noi non facciamo i servi a nessuno.
  • Mi scusi, forse mi sono espresso male, volevo dire semplicemente che non ho alcuna pratica di queste cose.

Annamaria accettò le scuse e disse:

  • Per questa volta farò un’eccezione, ma la prego di non farsi delle false idee. Noi siamo qui per lavorare ed aiutare i viaggiatori, ma non per essere trattati da servi o peggio per fare delle scelte arbitrarie. Ed ora per favore mi dica in quale zona vorrebbe stare ed in che tipo di albergo.
  • La ringrazio moltissimo della sua cortesia. Vorrei stare, se fosse possibile, in centro città in un bell’ albergo che mi offra tutte le comodità di cui un vero gentleman ha bisogno.

Annamaria non disse nulla ma pensò: questo ha la puzza sotto il naso. Poi, rivolta verso Herr Bombelles, gli indicò sulla mappa alcuni alberghi.

  • Penso che mi piacerebbe stare qui, mi sembra abbastanza centrale.
  • Lo è, anzi è il più centrale di tutti ed è anche quello che è stato rinnovato recentemente. Si chiama Hotel Continentale. E` qui, in via S. Nicolò.
  • Mi va benissimo, potrebbe prenotarmi una stanza? Intuendo che Annamaria stava per rispondergli come prima, aggiunse:
  • Per favore…solamente per questa volta…grazie!

In verità Annamaria avrebbe voluto mandarlo a quel paese, ma pensò che forse era meglio accontentarlo e farselo sparire dagli occhi.

  • Mi dica quante notti vuole rimanere?
  • Non lo so…una o due settimane…
  • Si decida!
  • Il fatto è che devo stare qui sino a che non trovo ciò che sto cercando…perciò non lo so!
  • Allora mi permetta di consigliarlo di prenotare la stanza per una settimana e poi se vorrà rimanere, potrà sempre dirlo al portiere dell’albergo e quindi estendere la sua permanenza. Va bene?
  • Si, mi va bene!
  • Scusi come ha detto che si chiama?
  • Herr Hans Bombelles.
  • Pronto, Hotel Continentale? Vorrei prenotare una stanza per il signor Hans Bombelles, per una settimana e con la possibilità di estendere la sua permanenza a più giorni. Si, certo, il signor Bombelles arriverà fra trenta minuti circa. La saluto e la ringrazio.
  • Ed ora a noi signor Bombelles, qui ha la pianta della città, ha la stanza prenotata e quindi non le manca che prendere il suo bagaglio ed andare direttamente all’albergo.
  • Grazie signorina, ma avrei bisogno di un taxi.
  • Basta che esca da questa porta, giri a destra, faccia il corridoio, e poi ancora a sinistra e si troverà in faccia al posteggio dei taxi. Arrivederci Signor Bombelles!

L’uomo si sentì invitato ad andarsene; lo fece, e ne uscì, ma si sentì seccato dal comportamento troppo disinvolto della donna, la quale invitò il prossimo cliente a farsi avanti.

HANS BOMBELLES

Il taxi si era fermato all’angolo di via S. Spiridione e Via S. Nicolò. L’albergo era bello, restaurato da poco, ed era in un palazzo elegante, proprio nella zona pedonale del Borgo Teresiano. Il Continentale era il luogo perfetto per la sua permanenza. Hans pensò che Trieste avesse molte cose in comune con Vienna. Lo stesso stile neoclassico, le case alte ben dipinte, le strade affollate dove si respirava l’aria della vecchia mitteleuropea mentre i caffè erano pieni di gente che amava conversare e leggere.Trieste è una città famosa per i suoi scrittori: Svevo, Saba, Slataper, e Tomizza sono solo alcuni dei tanti senza voler ricordare gli ospiti famosi, come Kafka, Joyce, e lo stesso Hemingway. Ma la ragione per cui Hans era venuto a Trieste era perchè in qualche modo egli si sentiva defraudato dalla sorte. Ma forse per capire qual’era il vero stato d’animo di Hans Bombelles dovremmo spiegare chi era Hans e quali origini aveva la sua famiglia.

Suo trisnonno, Charles (Karl) de Bombelles, nato nel 1832, era uno dei rampolli della nobiltà austriaca. In quanto figlio del governatore di Franz Joseph, crebbe assieme agli Arciduchi e di conseguenza ne divenne il loro più intimo amico. Aveva la stessa età di Massimiliano, il secondogenito degli Asburgo. L’anno 1859 fu per lui un anno importante. Egli venne promosso Ammiraglio e Consigliere privato di Massimiliano. Più tardi in Messico, divenne Colonnello della guardia di palazzo e sarà ancora lui che farà parte del viaggio di Carlotta in Europa, a titolo di ciambellano dell’Imperatore. Ma di questo avremo l’opportunità di parlarne in un secondo tempo. Ora ciò che aveva attratto Hans in questa città era il caso o forse il destino che in un certo qual modo si ripeteva. E quello che era stato il luogo del misfatto anni prima, ora ritornava ad essere la scena principale, dopo quasi cento quarant’anni di storia, e che storia…tutto era cambiato!

Due imperi non esistevano più. Il primo era finito con la fucilazione di Massimiliano, alle 6:40 del 19 giugno 1867 a Queretaro, in Messico, l’altro alle ore 21:05 del 21 novembre 1916 quando l’imperatore Franz Joseph moriva a Vienna, alla veneranda età di 86 anni e tre mesi.

Ora ad Hans si presentava Trieste con la sua realtà, il suo passato, e con i tanti segreti rinchiusi a Miramare.

Per tutta la vita aveva ascoltato sua madre inveire contro il padre, perchè si era lasciato sfuggire l’opportunità di ereditare il titolo ed i beni del bisnonno. Poi alla fine lei si era divorziata da lui per poter dare a sé stessa ed a suo figlio Hans un po’ di dignità alla loro vita.

Hans aveva imparato a detestare quel padre debole, incapace, e senza carattere; aveva imparato a condividere il giusto orgoglio di una madre premurosa che si era adoperata affinchè almeno lui, il figlio, avesse l’orgoglio e la conoscenza di che cosa volesse dire l’essere un…de Bombelles, un nobile austriaco a cui si doveva rispetto e deferenza. La sua classe sociale doveva essere riconquistata di diritto, con ogni mezzo e con ogni sacrificio. Così Hans era venuto a conoscenza dei suoi nobili natali, grazie all’amore di una madre attenta e protettiva. Ma altresì era venuto a conoscenza anche dei misfatti del trisnonno, Charles de Bombelles, morto soltanto sei mesi dopo la tragedia di Maria Vetsera ed il principe ereditario, Rodolfo d’Asburgo, a Mayerling.

Charles in quel tempo stava rientrando da una cura a Karlsbad in compagnia di due ragazze pubbliche, come venivano chiamate a Vienna, e venne colpito da apoplessia a Kahlember, nel bel mezzo di un’orgia.

Purtroppo, prima di morire, quest’uomo aveva avuto il tempo di lasciare tutti i suoi beni ad una di queste fortunate donne. Il nonno paterno di Hans non era stato capace di fare una sola mossa legale per poter fermare questo scempio e questa offesa al loro buon nome. Come se ciò non bastasse, il padre di Hans non aveva trovato nè stimolante, nè dignità di fare a sua volta una denuncia a chi di dovere per far valere i diritti e l’onore della famiglia. Dopo discussioni, lotte, accuse d’inefficienza e codardia sua madre si era finalmente decisa ad abbandonare l’uomo che si dava per vinto, prima di aver tentato un solo atto per ridare dignità ed onore alla propria famiglia. Hans era venuto a Trieste proprio a causa di quei fatti e di quella donna pubblica che aveva dilapidato il patrimonio e l’onore dei Bombelles. Per Hans, il trisnonno appariva come un uomo egoista che aveva distrutto le loro prerogative e la loro felicità familiare. Ed ora era il momento di riscattarsi e sfruttare ogni possibile situazione per poter finalmente godere di tutto ciò che era stato negato a lui ed a sua madre.

ALL’ANTICO CAFFE` SAN MARCO

Settembre stava volgendosi al termine e la luce del giorno stava calando lentamente, mentre le foglie degli ippocastani stavano planando nell’aria per arrivare sul selciato che si copriva di rotolanti capsule pungenti dalle quali uscivano le castagne selvatiche.

Agostino uscì dalla biblioteca civica che si trova in piazza Hortis con dei volumi sotto braccio, e s’incamminò verso piazza Cavana, poi proseguì per il Corso Italia, su, su sino ad arrivare in Via Cesare Battisti, là dove c’è l’antico caffè San Marco.

E` un caffè che fa parte della storia di Trieste. Fu aperto nel lontano 3 gennaio 1914 dall’idea dell’architetto Giorgio Polli, decorato poi da più artisti quali Ugo Flumiani, Guido Maussig, e Giuseppe Barison. Lo stile è quello del primo novecento, cioè il Liberty. Con circa 400 posti a sedere e con più di cento tavolini il caffè è il luogo ideale di tanti artisti e studiosi. Qui s’incontrarono artisti come Umberto Saba, Virgilio Giotti, Scipio Slataper, ed altri come Svevo e James Joyce. Qui i triestini si riuniscono per giocare a scacchi e per commentare gli spettacoli teatrali che questa città offre, e qui vengono anche per leggere i giornali. I caffè della città sono un punto d’incontro di etnologie diverse, dove l’arabo incontra l’ebreo e dove il greco discute i suoi affari con il tedesco o dove lo slavo porta le sue ragioni e l’istriano rivendica la sua italianità.

In città, ci sono diversi grandi caffè storici. Per noi cittadini sono dei veri salotti letterari, come l’antico caffè Tommaseo, il caffè degli Specchi in piazza Grande, o ancora il caffè Stella Polare, che per intenderci meglio è quello accanto alla chiesa di San Antonio Nuovo…

Ma per Agostino, il nostro professore di lettere, nessun luogo è più accogliente dell’antico caffè San Marco. Lì s’incontra con l’uomo dalla barba bianca, con la sua amica Annamaria, e con i suoi amici Eric, Paola, e Fra’ Martino.

Ed è proprio ad un appuntamento con loro che stava andando. Dopo aver fatto delle ricerche, aveva trovato le risposte alla sue perplessità. Stava portando con , sotto braccio, le prove che i suoi dubbi erano fondati. In quei volumi, c’erano le risposte ai suoi interrogativi sul medaglione che Eric e Paola avevano trovato in quel bauletto di pelle portato da Vienna.

  • Ciao Annamaria, come va?
  • Bene, Eric e Paola arriveranno fra poco.
  • Molto bene, sarà un piacere rivederli.

In quel momento il giovane cameriere Andrea chiese:

–     In cosa posso servirvi?

  • Per me un caffè all’americana, e tu?
  • Una cioccolata calda, grazie – rispose Annamaria.

Agostino appoggiò i libri sul tavolino di marmo ed invitò Annamaria ad avvicinarsi a lui.

  • Ecco qui i volumi di cui ti avevo parlato.
  • Hai visto Fra’ Martino?
  • No, e tu?
  • Neppure, credo che avesse una riunione con Renzo.
  • Chi, l’amministratore?
  • Si, proprio lui.
  • Perchè, ha dei problemi con la parrocchia?
  • No, sono amici ed ogni tanto s’incontrano per parlare del più e del meno.
  • Va bene, ah…ecco qui, sono arrivati Eric e Paola.
  • Buona sera!
  • Ciao Annamaria, e ciao professore, come va?
  • Bene, bene, non possiamo lamentarci.
  • E tu Paola come stai?
  • Sto bene grazie, ma a che cosa dobbiamo questo invito?
  • Ricordate che vi avevo detto che il medaglione aveva un’aria familiare?
  • Ebbene?
  • Ecco qui qualche cosa che ci aiuterà a capire meglio la sua provenienza.

Agostino prese il primo volume, lo aprì a pagina cento e mostrò la foto di un crotalo a due teste incastonato con turchesi.  Eric disse:

  • Ma è uguale a quello che abbiamo noi!
  • Non proprio, ma è molto simile.

A quel punto Paola intervenne aggiungendo:

      – Il nostro medaglione è più prezioso e meglio lavorato.

      – Ma scusatemi, intervenne Annamaria, di quale medaglione state parlando?

Agostino rispose per loro:

  • E` una lunga storia, ma è molto interessante; devi sapere che quando Eric e Paola sono andati a Vienna hanno comperato dei souvenirs, e in uno di questi hanno trovato un medaglione che assomiglia a questo che vedi nella foto.
  • Si, ma il nostro sembra molto più bello – ripetè Paola.
  • Infatti noi crediamo che sia fatto di turchesi, smeraldi, e rubini incastonati nell’oro – concluse Eric.
  • Cavolo! – esclamò Annamaria. E a nessuno è venuto in mente di mostrarlo a qualche gioielliere? Non fosse altro che per sapere se è una patacca o se è vero e quanto potrebbe valere una cosettina del genere, o no?
  • Non hai tutti i torti, ma se questo è quello che sembra sia, beh allora è un ninnolo molto pericoloso. Infatti, siamo qui riuniti perchè ho trovato qualche cosa di più di questa foto. Eccovi qui l’immagine di una dama con questo medaglione. Ecco, guardate bene, guardate!
  • Si, credo che sia proprio uguale, ma chi è? – chiese Eric.
  • Sembra una dama dell’ottocento – affermò Paola.
  • E` del 1866 per l’esattezza – setenziò Agostino.
  • Ma come fai a esserne così sicuro? – chiese Annamaria.
  • Perchè la signora in questione è Maria Carlotta Coburgo, Principessa del Belgio, Arciduchessa d’Austria, e Imperatrice del Messico.
  • Cavolo e arcicavolo!! – esclamò nuovamente Annamaria, e Paola si mise a ridere.
  • Se lei è stata la proprietaria del medaglione, come mai questo medaglione era in quel bauletto? E di chi era il cinturone? – si domandò Agostino.
  • Non lo so professore – aggiunse Paola.
  • Ma forse lo sapremo presto, e Fra’ Martino ci aiuterà. Gli ho dato il disegno dello stemma che era inciso a fuoco sul cinturone e lui lo ha fatto pervenire ai Frati Cappuccini di Vienna, i quali sono anche i guardiani spirituali delle tombe degli Asburgo e perciò in grado di riconoscere gli stemmi araldici delle casate d’Austria-Ungheria.
  • Buona idea professore!
  • Si Eric, credo che sia stata una buona idea.
  • Si sa come l’Imperatrice Carlotta ne sia venuta in possesso?
  • Del cinturone?
  • No, cosa hai capito? Sto parlando del medaglione!
  • Personalmente credo che se troveremo una risposta, la potremo avere solamente cercando fra la documentazione ufficiale, oppure nelle sue biografie o forse, se sono disponibili, nelle lettere dell’Imperatrice.
  • Ma com’è che all’improvviso Agostino hai tutte queste idee?
  • Te lo dico io Annamaria, Agostino è un buon amico ed ha capito che non possiamo tenerci il medaglione senza incorrere in una serie di problemi – commentò Paola.
  • E tu Eric? Tu che ne pensi? Sei anche tu come Paola, pieno di paura?
  • No, ma è vero che se portiamo quel gioiello da un gioielliere qualunque non potrà rimanere una storia fra di noi. A quel punto potremmo essere persino accusati di averlo sottratto.
  • Non dire sciocchezze Eric, noi non l’abbiamo rubato!
  • Lo so Paola che noi non l’abbiamo rubato, lo so! Ma sarà difficile farlo capire agli altri. Quel gioiello è troppo vistoso, è troppo particolare ed importante, non può passare inosservato.

In quel momento il giovane Andrea ritornò al tavolo con la cioccolata calda ed il caffè americano, e così colse l’opportunità di chiedere se desiderassero ordinare qualcosa d’altro.

  • Certo Andrea, per me va bene un calice di vino bianco, facciamo un Tocai, ma di quello buono. E tu Paola? – chiese Eric.
  • Una tazza di tè caldo, grazie.
  • Mi scusi, al latte o con il limone?
  • Con il limone, grazie.

Il giovane cameriere si allontanò mentre Agostino stava cercando nel libro gli “Antichi Imperi del Sole” di Victor W. Hagen maggiori informazioni sul dio serpente a due teste e soprattutto su Quetzalcoatl, venerato dagli Atzechi. A quel punto Annamaria si sentì in dovere di cambiare argomento e così cominciò a raccontare l’incontro che aveva avuto con Herr Hans Bombelles e quanto l’avesse infastidito il suo comportamento. Paola divenne curiosa e così le venne spontaneo chiedere:

  • Ma questo Bombelles, do dove hai detto che veniva?
  • Da Vienna.
  • E cosa è venuto a fare?
  • Il turista credo, no…anzi ha detto che è venuto a cercare…non so…
  • Non sai?
  • Si, ora ricordo bene! Non ha detto che cosa stava cercando, ha detto solo che deve fermarsi in città sino a che non avrà ritrovato…ma non ha detto che cosa, strano no?
  • Perchè lo trovi strano Annamaria?
  • Non lo so, ma mi passano per la testa certe idee…a me quel tipo non mi è piaciuto per niente.
  • Sei troppo severa con uno che non conosci neppure, non è da te – mormorò Agostino.
  • Ha ragione, aggiunse Eric, forse è solo un’impressione sbagliata e niente più. Beh, ora si sta facendo tardi per noi, e domani mattina dovremo alzarci presto poichè abbiamo un mercatino a Vittorio Veneto.
  • Agostino scusaci e anche tu Annamaria, ma credo che Eric abbia ragione – confermò Paola.
  • Agostino, per favore alza il naso da quel libro, leggerai dopo, ora sarà bene che andiamo anche noi – commentò Annamaria.

Finalmente anche il professore alzò il naso dal libro, fece un cenno al cameriere, e disse:

  • Per favore ci porta il conto?
  • Pago io – disse Eric.
  • No, lo farai la prossima volta.
  • Va bene, grazie Agostino, allora vi salutiamo, ciao ci vediamo… e per favore tienimi informato se trovi qualche cosa di più sul medaglione – disse Eric.
  • Lo farò non dubitarne, ma mi raccomando siate prudenti.
  • Si certo, ciao. Ciao Annamaria.
  • Ciao belli.

NOTIZIE DA VIENNA

Il telefono squillò, non una, ma diverse volte. Agostino si girò e rigirò nel letto e si mise il cuscino sulla testa, pur di non sentire quel rumore odioso. Chi stava telefonando non voleva lasciarlo dormire, insisteva senza il minimo senso di rimorso per l’ora così mattiniera. Erano le dieci e mezza del mattino, equivalente alle prime luci dell’alba per il professore, e poi era la prima domenica d’ottobre.  Ma questa gente non aveva un po’ di misericordia? Non potevano lasciarlo in pace almeno alla domenica? Già si doveva alzare presto durante la settimana, poichè andava ad insegnare in un paese nell’alto Friuli. E poi diciamolo francamente, per lui la domenica era sacra. No, non fraintendetemi, il professore non è mai stato un bigotto, per lui significava semplicemente che bisognava lasciarlo dormire sino a mezzogiorno o quasi. Ogni interferenza con i suoi orari era un affronto al suo equilibrio interiore. Detto questo, possiamo capire con quale spirito e gentilezza rispose al telefono:

  • Chi è?
  • Sono io, Fra’ Martino. Ho urgenza di parlarti, ma non posso farlo ora perchè fra poco devo officiare la messa, e sino alle undici e mezza non sarò libero, e poi ho anche un matrimonio, perciò sarà una buona cosa se possiamo vederci verso le 12:40.
  • Insomma per le tredici?
  • Si, mi va bene per quell’ora, ti prego di venire puntuale, perchè poi ho da fare altre cose…
  • Come cosa..?
  • Ho la preparazione per la recita che dovremo fare qui in parrocchia. No, non siamo diventati una filodrammatica, è una cosa che fanno i ragazzi.Vedi che ti farebbe bene venire ogni tanto a trovarmi, saresti più informato, ma fammi dire il motivo per cui ti ho telefonato.
  • Dimmelo, mi hai svegliato per questo?
  • Si, perchè ho delle novità interessanti da Vienna. Mi hanno risposto i Frati Cappuccini della chiesa dove sono sepolte le loro Altezze Imperiali.
  • Questa si che è una buona notizia!
  • Ma aspetta, perchè non è l’unica.
  • Ah ho?
  • No, noi non siamo stati gli unici a chiedere certe informazioni. Gli stessi frati erano interessati a conoscere che fine aveva fatto il cinturone. Credo che ora sappiano che cosa conteneva il bauletto che lo proteggeva. Volevano sapere troppi particolari sul cinturone e se c’era un contenitore e che forma aveva. Naturalmente mi sono ben guardato da dare soltanto l’idea che avevamo noi gli oggetti in questione.  Ma credo che abbiano intuito o saputo qualche cosa di più. Comunque ne parleremo a viva voce quando ci vedremo più tardi, va bene?
  • Si, va bene ciao.

Naturalmente quando Agostino chiuse il telefono si girò, si stiracchiò, e pensò che poteva riposare ancora un po’, cosa che gli fece un immenso piacere.

PULIZIE AUTUNNALI

 Annamaria aveva ancora qualche giornata di ferie che voleva usare prima delle festività natalizie, e perciò decise che avrebbe usato quei primi giorni di ottobre per fare un po’ di pulizia a casa sua. Aveva una casa abbastanza grande e comoda, pur essendo in una delle vie principali della città. Era al centro ed allo stesso tempo era in un zona verde, ben servita dai mezzi di trasporto, piena di quei tanti negozi utili per le piccole e grandi spese. Solo a pochi minuti da casa sua c’era il parco più grande della città, chiamato appunto “il boschetto”. Un po’ più in là era stato costruito il primo grande complesso commerciale, “il Giulia”.  Così non poteva lamentarsi, nè per lo spazio che aveva a sua disposizione a casa, nè tanto meno per le comodità esterne.  Lei viveva in quell’appartamento da molti anni. L’edificio era una bella casa degli anni trenta, con le scale in marmo, l’ascensore, e ben quattro appartamenti per piano, tutti dotati di belle stanze, con pavimenti in legno  lucidati a specchio. Insomma, Annamaria amava la sua casa. Lo si poteva capire da come aveva gestito gli spazi e da come teneva con cura le sue cose. La stanza dove riceveva le sue visite era ben illuminata da grande finestre su un lato, quello della strada, mentre la parete più lunga era tappezzata dai tanti libri che aveva collezionato nel tempo. La parte più interna della stanza, quella opposta alle finestre, era decorata con delle fotografie, scattate da lei nei viaggi in Oriente. Ad Annamaria piaceva fotografare e sapeva ben cogliere i momenti poetici ed allo stesso tempo sapeva cogliere la testimonianza più vera di quei volti o di quei luoghi così lontani. Aveva deciso di rivestire la parete che confinava con l’altro appartamento, cosicchè avrebbe potuto evitare di essere disturbata da alcuni rumori fastidiosi che i vicini condividevano con lei. Si era organizzata per bene ed aveva preparato tutto ciò che le sarebbe stato utile per il grande passo.

Era il primo giorno di ferie che aveva preso dopo tanto lavoro svolto tutta l’estate. Migliaia di persone erano passate dal suo ufficio: italiani, tedeschi, inglesi, svizzeri, slavi e chi più ne ha, più ne metta. Aveva parlato in italiano, francese, inglese e persino un po’ di tedesco e slavo…. si era quasi esaurita nello spiegare, suggerire, e consigliare per il meglio a tutta quella gente. Era orgogliosa di essere capace d’infondere fiducia e sicurezza negli altri. Bisogna dire anche che non si può pensare ad Annamaria senza tener conto che lei è una triestina, fatto che ha la sua grande importanza per capire che la libertà di agire e di fare è sempre stata una delle caratteristiche tipiche delle triestine. Sono state da sempre più emancipate e più aperte delle altre donne italiane, certe volte anche un po’ sfrontate, ma sempre con un certo non so che, il quale fa dire: “Che cocola che la xè”.  E così le triestine, un po’ burlone e un po’ più furbe del tipico uomo triestino detto anche “mulo”, si fanno amare per la loro spontaneità e simpatia. Annamaria è così.

Si avvicinò alla finestra e casualmente il suo guardo fu attratto da una figura a lei familiare. Hans Bombelles! Non credeva ai suoi occhi. Se ne stava di fronte a casa sua, aspettando qualcuno o qualccosa. Istintivamente ebbe paura, si nascose dietro alla tenda che guarniva le finestre. Il cuore cominciò a batterle con più rapidità ed un sentimento di curiosità, timore, e rabbia le salì sino alla gola. Come mai era arrivato là? Era un caso, oppure l’aveva seguita? Poi realizzò che tutto ciò era ridicolo. Era improbabile che l’avesse seguita, poichè non aveva nulla da spartire con quell’uomo. Si rasserenò e cominciò a pulire, così andò vicino allo stereo e fece partire uno dei tanti CD che aveva portato dai suoi viaggi. Non pensò più al signor Bombelles ed il resto della giornata  passò veloce, piacevolmente, senza problemi, e con dei buoni risultati. Riuscì a fare una gran parte di tutti quei lavori che aveva posticipato per così lungo tempo. Alla fine della giornata era stanca, ma felice e perciò decise di concedersi un buon bicchiere di vino. Si guardò allo specchio e pensando a come aveva reagito nel vedere Bombelles, si mise a ridere e disse a stessa: -“Salute a te, ragazza d’altri tempi”. Poi decise che con un bel bagno avrebbe concluso bene la serata e così fece. S’infilò sotto le lenzuola, soddisfatta e serena, e poco dopo in lei erano scomparsi tutti i timori ed i pensieri. Finalmente poteva godere di un tranquillo sonno ristoratore.

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