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IL SEGRETO PER DIVENTARE COMUNICATORI EFFICACI-DOTT.SSA ALESSANDRA DELLA QUERCIA

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Redazione-Qual è l’identikit del comunicatore di successo? Quali sono i requisiti che lo rendono tale?

In molti penseranno: acuta intelligenza, ottime abilità persuasive, irresistibile carisma, contagioso entusiasmo, eloquio incisivo ed accattivante.

Risposta esatta, ma incompleta! Già, perché tutte le caratteristiche enunciate sono sì fondamentali, ma risultano assolutamente vane se non se ne possiede un’altra: la capacità di “ascolto attivo”.

Di che si tratta? Facciamo un passo indietro e definiamo questo elemento così essenziale, eppure così sottovalutato.

Come ci insegna la psicologia, esistono diverse tipologie di ascolto:

  • Ascolto passivo=> consistente nel sentire le parole, ma vagare altrove con la mente;
  • Ascolto selettivo=>consistente nel sentire soltanto ciò che fa comodo, interrompendo spesso l’interlocutore.
  • Ascolto attivo=> è l’ascolto vero e proprio, che presuppone la più totale attenzione nel codificare il significato di ciò che l’interlocutore dice.

Ne consegue che l’ascolto attivo è la forma di ascolto più completa ed efficace. È l’ascolto per eccellenza, prerogativa indispensabile per una comunicazione vincente.

Bene, ora i più rimarranno sorpresi, perché il “saper ascoltare” è spesso considerato come una dote di “serie B”, un qualcosa di accessorio, una spezia gradevole ma non necessaria per far sì che una pietanza risulti gustosa.

Nulla di più sbagliato! Il motivo è semplice: spadroneggia l’errata convinzione che siano solo gli “altri”, ossia coloro che ascoltiamo, a beneficiare dell’ascolto stesso, ignorando che i primi a giovarne siamo noi stessi.

In che modo? Quali sono i vantaggi di un ascolto attivo?

  • Arricchisce ed amplia i nostri orizzonti culturali, aumentando la nostra sete di conoscenza;
  • Facilita le relazioni interpersonali, rendendole più armoniose e costruttive;
  • Ci conforta e ci tempra, perché, alle volte, scoprendo realtà più difficili delle nostre riusciamo a ridimensionare i nostri problemi;
  • Ci aiuta ad esplorare meglio gli altri e, soprattutto, noi stessi, perché possono emergere spunti di riflessione sempre nuovi ed aspetti della nostra personalità di cui ignoravamo l’esistenza;
  • Ci dà il coraggio di raccontarci e sfogarci, perché una volta che gli altri si aprono sinceramente a noi, riusciamo ad aprirci con più tranquillità e serenità;
  • Ci distrae e ci fa momentaneamente sgombrare la mente da pensieri che ci angustiano;
  • Ci insegna a leggere oltre le parole ed a comprendere meglio la mente umana;
  • Ci permette di entrare in contatto autentico con gli altri, arrivando dritti alla loro anima.

L’ascolto attivo richiede essenzialmente :

  • Impegno e disponibilità;
  • Umiltà e rispetto per le opinioni altrui;
  • Sospensione del giudizio;
  • Forte empatia.
  • Interesse sincero.

Occorre mettere l’interlocutore a proprio agio, incoraggiandolo ad esprimersi e trasmettendogli ciò che si è ascoltato, attraverso la formula del “Rispecchiamento Empatico”, consistente nel dare un feedback, segnale che conferma la ricezione del messaggio comunicato.

Questi descritti sono i fattori che agevolano l’ascolto, ma ve ne sono molti altri che lo ostacolano, minando ogni possibilità di dialogo proficuo. Le principali barriere all’ascolto consistono nel:

  • Minimizzare;
  • Ridicolizzare;
  • Biasimare e giudicare;
  • Imporre il proprio punto di vista;
  • Impartire ordini;
  • Usare frasi fatte;
  • Moralizzare;
  • Investigare
  • Compiacere;
  • Minacciare

Tanya Drollinger, una professoressa di marketing dell’Università canadese di Lethbridge, ha evidenziato come l’attitudine all’ascolto attivo sia direttamente proporzionale al successo professionale. Ella ha dimostrato che, nel settore commerciale, il saper ascoltare fa vendere di più. A tal proposito, nel 2006, ha creato un modello chiamato “Active Empathic Listening” (AEL), in cui dispensa suggerimenti utili per sviluppare questa prodigiosa qualità.

L’AEL prevede tre stadi:

  1. Sentire=> ossia captare più informazioni possibili su ciò che dice l’interlocutore e su come lo dice;
  2. Processare=> è la fase di assemblaggio di tutti i dati raccolti, che ha come obiettivo la ricostruzione della “storia narrativa” di ciò che ci è stato detto. Per processare in modo efficace, ci sono alcune strategie utili: riformulare, riprendere e parafrasare ciò che ci viene detto;
  3. Rispondere=> ossia porre quesiti per assicurarci di aver colto il messaggio dell’interlocutore.

Nel libro “Il significato della vita” lo psicologo viennese Alfred Adler affermava:È l’individuo che non si interessa agli altri quello che ha più difficoltà nella vita e che procura più danno al prossimo. E sono questi gli individui che falliscono nei loro intenti!”

La gente che parla solo di se stessa pensa solo a se stessa e, come sosteneva il dottor Nicholas Murray Buter, a lungo rettore della Columbia University, la gente che pensa solo a se stessa rimane ignorante senza speranza. Non c’è modo di toglierli dalla loro stupidità, non c’è modo di istruirli.”

Non bisogna mai dimenticare, però, che ascoltare è un atto d’amore, è un prenderci cura dell’altro, regalandogli parte del nostro tempo. E il tempo, essendo prezioso, non va donato a chiunque, ma esclusivamente a chi se lo merita. È, quindi, nostro sacrosanto diritto evitare chi si approfitta della nostra disponibilità per sommergerci di chiacchiere futili che rischiano solo di “intasarci” e di farci sprecare importanti energie.

RIFLETTENDO…

Ascoltare non è cosa da poco, vuol dire partecipare attivamente, immedesimarsi, carpire dettagli, addentrarsi in quegli intricati meandri dei discorsi che sentiamo e coglierne l’essenza più profonda.

Bisogna sintonizzare la propria anima con quella di chi, riponendo fiducia in noi, ci svela una parte del proprio essere, senza fronzoli e tabù, spalancandoci le porte dell’Io ed offrendoci uno spaccato reale di vita.

Ascoltare è essere pronti ad accettare una persona così com’è, non giudicandola a priori, ma lasciandole l’opportunità di buttar fuori tutto ciò che ha dentro.

Non porsi in attento ascolto con qualcuno e fermarsi alla superficie è come guardare una casa senza mobilia: la si osserva, si notano le fattezze e misure esterne.

Per sapere com’è realmente, però, occorre vederla arredata.

È l’arredamento a giocare un ruolo fondamentale, a dire tutto. L’arredamento sono i pensieri, il tempio delle idee.

Solo analizzando la casa nella sua totalità ci si può fare un’opinione.

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