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NEUROPEDAGOGIA: COME PUO’ L’EDUCAZIONE DISEGNARE GLI SCHEMI MENTALI DEL CERVELLO?

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Redazione-Come le impronte lasciate sulla sabbia, il cervello è “plasmato” dalle esperienze e dalle conoscenze acquisite nel rapporto dialettico con il mondo. Attraverso il costante intrecciarsi tra gli stimoli che provengono dal mondo esterno e quelli provenienti dall’interno del corpo si crea infatti un rapporto interdipendente che struttura la nostra mente e determina l’apprendimento. Fin dalla nascita della Pedagogia è sempre esistito un rapporto scientifico tra l’educazione e i processi biologici dello sviluppo umano in quanto il concetto stesso di evoluzione della specie implica che, l’accumularsi delle esperienze e degli apprendimenti, determina cambiamenti funzionali nelle strutture degli organismi modificandone l’architettura stessa. Le informazioni provengono dagli stimoli fisici, affettivi e cognitivi che percepiamo dalla realtà esterna già dalla vita embrionale si configurano come schemi mentali, ossia immagini “incastrate” e “concatenate” come gli infiniti pezzi di un puzzle. Impresse nella memoria e ben strutturate, le immagini mentali edificano l’intelligenza costruendone le molteplici dimensioni attraverso l’elaborazione continua con gli impulsi biologici interni.

La possibilità di intervenire in modo funzionale sulle esperienze di apprendimento che plasmano l’elaborazione degli schemi mentali pone le basi per la nascita della Neuropedagogia, un nuovo filone di ricerca che considera il soggetto come un microcosmo, un piccolo mondo in cui si intrecciano tutti gli “elementi” del ciclo vitale dell’essere umano. Essa è definita da Ermanno Tarracchini — precursore di questo approccio epistemologico — come «una nuova scienza dell’apprendimento, dell’educazione e della personalità fondata sulla dialettica del biologico e del sociale, una scienza che integra, per l’appunto, il sociale-educativo della pedagogia e il biologico della neurologia alla luce dei processi storici, valoriali, morali e spirituali». (Tarracchini Ermanno, 2015).  Ma come è possibile considerare l’intelligenza un’entità biologica che apprende schemi mentali? E come possono i processi mentali dell’intelligenza determinare modificazioni neurofisiologiche del sistema nervoso?  In realtà, tutti gli stimoli esterni ed interni intrecciandosi tra di loro costituiscono reti neuronali formate da neuroni che comunicano continuamente tra di loro attraverso impulsi elettrici. La plasticità neuronale, modificando gli schemi mentali, agisce sulla formazione delle funzioni cerebrali superiori, ossia su quelle funzioni complesse di cui abbiamo coscienza formando il pensiero, il linguaggio, la memoria, l’azione, la volontà. Esse “prendono forma” e si “incarnano” nelle strutture biologiche della mente attraverso i processi di apprendimento. L’esempio più immediato di ciò riguarda la rappresentazione mentale dello schema corporeo in relazione all’acquisizione di competenze scolastiche quali la lettura e la scrittura. Molte difficoltà di apprendimento, come ad esempio la dislessia, vengono affrontate dalla Neuropedagogia attraverso attività mirate all’esercitazione delle capacità senso-motorie. La percezione del proprio corpo che avviene per stadi successivi durante l’età evolutiva attraverso percezioni tattili, cinestetiche, visive e uditive è funzionale allo sviluppo delle competenze di scrittura e di lettura. Infatti, solamente nel momento in cui si è formato – a livello delle connessioni neuronali – lo schema mentale “plasmato” dalle tracce neurofisiologiche, si possono modulare intenzionalmente i movimenti di coordinazione oculo-manuale e di lateralizzazione necessari per decodificare i segni alfabetici connotati da simmetrie, cioè uguali nella forma ma orientati in modo diversi nello spazio. I recenti studi effettuati nell’ambito delle neuroscienze cognitive hanno più volte evidenziato come, attraverso interventi neurodidattici progettati in relazione alle diverse funzionalità e nel rispetto dei tempi evolutivi di insorgenza neurobiologica delle stesse, è possibile intervenire sulla qualità dei collegamenti sinaptici modificando gli schemi mentali. I primi interventi in questo senso sono stati attuati proprio dal professore Ermanno Tarracchini. Le sue esperienze scientifiche comprendono:

  • attività senso-motorie di pregrafismo, prescrittura e di riconoscimento tattile finalizzati allo sviluppo delle abilità della mano per la prevenzione delle difficoltà di lettura e scrittura nei bambini;
  • interventi neurodidattici per il potenziamento cognitivo negli adolescenti finalizzati all’acquisizione di un metodo di studio basato sulla consapevolezza del proprio modo di apprendere.

Questo tipo di interventi hanno rivalutato il sapere pedagogico riconsegnando alla Scienza dell’Educazione il suo ruolo specifico: una progettualità che promuove il cambiamento attraverso interventi di recupero, di sostegno e di potenziamento per rinforzare e abilitare tutte le facoltà dell’intelligenza in tutte le fasi della vita. In assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali specifici la Neuropedagogia può, di fatto, intervenire in modo funzionale nei cosiddetti Disturbi dell’Apprendimento e nei Bisogni Educativi Speciali per realizzare interventi personalizzati e garantire il successo nell’apprendimento rispettando la specificità di ogni singolo soggetto.

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