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EUTANASIA, PERCHE’ IN ITALIA E’ ANCORA TABU’?

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Redazione-Al giorno d’oggi oramai si sa, sempre più scelte che una volta venivano reputate sbagliate dal pensiero comune e portavano le persone che le praticavano ad essere considerate “ribelli”, vengono sempre più accettate come normali ed “al passo con i tempi”. Anzi, si è assistito ad un vero e proprio capovolgimento riguardo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, poiché coloro che una volta criticavano le persone fuori dagli schemi, sono ora considerate antiche e bigotte in quanto non sono riuscite ad adattarsi al cambiamento di mentalità.

Tra le varie scelte, un posto importante lo ha sicuramente la cosiddetta “libertà di morire” meglio conosciuta come eutanasia. Il caso recente di DJ Fabo ha posto nuovamente sotto i riflettori una problematica non ancora affrontata dal governo italiano, ovvero “Siamo liberi di morire oppure non ci è dato scegliere su come portare a termine la nostra vita?”. Su questa tematica, l’opinione pubblica si è divisa. C’è chi pensa che sia una scelta egoista, poiché non si pensa al dolore che si potrebbe causare ai propri cari e chi pensa che sia sbagliato per altri motivi, da quelli etici a quelli religiosi. C’è chi invece ritiene che sia una cosa giusta, in quanto vivere dipendendo da una macchina o comunque paralizzati a letto non può (a detta di queste persone) essere definita “Vita”. Riflettendo sul significato della parola stessa, scopriamo innanzitutto come essa derivi dal greco “εὔ-“ ovvero “bene” e “θάνατος” ovvero “morte”, quindi letteralmente buona morte.

Questo termine venne introdotto per la prima volta dal filosofo inglese Francis Bacon che pur non parlando esplicitamente di suicidio assistito, disse che il compito dei medici era quello di aiutare i malati terminali a soffrire il meno possibile. In effetti molto spesso non si riflette su come ci si possa sentire dovendo vivere in condizioni poco dignitose, dovendo sopportare dolori atroci, dovendo essere assistiti da altre persone per svolgere ogni singola azione, anche le più semplici; insomma, dovendo non vivere, ma sopravvivere. Anche se molte persone al giorno d’oggi sono contrarie non si può negare che, se si vuole, in un modo o nell’altro la disperazione può portare queste persone a trovare dei modi alternativi per porre fine alla loro vita; le persone che vanno a morire in Svizzera, infatti, sono una minoranza, a causa di un costo elevato. Perciò la domanda sorge spontanea: “Perché una persona che desidera morire a causa di un male incurabile deve affrontare un lungo viaggio ed una spesa elevata, mentre si potrebbe fare tutto ciò nel nostro paese?” Lo stato italiano nonostante numerosissimi appelli, da Piergiorgio Welby a DJ Fabo passando per il caso di Eluana Englaro, non si è ancora pronunciato a riguardo, mancando di rispetto a tutti coloro che vorrebbero essere liberi di morire, ma che invece sono schiavi di uno stato indifferente ad un problema che, purtroppo, tocca molti dei

suoi cittadini.

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