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” DECRETO CAIVANO : PER COMBATTERE LA CAMORRA ” (SECONDA PARTE) DI VALTER MARCONE

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Redazione-  Nell’articolo precedente dal titolo “Decreto Caivano : la camorra vuole il silenzio “ dicevo che bene ha fatto don Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo in Viale delle magnolie del quartiere Parco Verde di Caivano a denunciare l’ormai insopportabile clima di malessere in cui vivono i minori esposti alle sollecitazioni del mondo dei social e della criminalità organizzata in una realtà povera di offerte educative e di presenza dello Stato .

Probabilmente non se l’aspettava, ma almeno ci sperava. Qualche settimana fa don Maurizio Patriciello, il parroco anti-clan di Caivano (Napoli), ha scritto al Presidente del Consiglio dei ministri invitandolo al Parco Verde, un luogo “abbandonato dallo Stato” , a conoscenza della denuncia di stupro ,anche ripetuto, di due cuginette di 11 e 12 anni. E la presidente del Consiglio ha accolto l’invito .

La trasferta del Consiglio dei ministri che è andato al completo con lei a Caivano ha prodotto il cosiddetto Decreto legge Caivano e un blitz delle forze dell’ordine che hanno impiegato 400 agenti nei giorni successivi alla visita della premier.

«Penso che Giorgia Meloni verrà qua con delle proposte concrete», aveva dichiarato don Patriciello dicendo che ormai non c’è più tempo da perdere. «In questo quartiere le povertà sono tante, alla porta della parrocchia c’è anche chi bussa perché non ha la possibilità di acquistare un litro di latte per i propri figli». Lo Stato, ha osservato ancora il sacerdote «qui ci deve essere, con le strutture ed i servizi», servizi mai «realizzati in un quartiere che a mio giudizio non doveva mai nascere».

Don Patriciello non è nuovo a iniziative che riescono a mettere al centro dell’attenzione un problema. Dice messa e convoca manifestazioni. Come quando ha portato in piazza cemtomila persone per il problema della Terra dei fuochi. Arrivando fino all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Papa. Grazie al suo impegno si deve un decreto legge dedicato proprio alla Terra dei Fuochi. (1) Un impegno che non è piaciuto agli uomini del malaffare per cui Don Patriciello, minacciato, è costretto ad andare in giro protetto da una scorta.

Caivano dunque , un comune sciolto per le dimissioni di 13 consiglieri su 24, come scrive don Patriciello sul suo profilo fb con il commento : “ viene da piangere “ : “ Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, in considerazione dei riscontri relativi a forme d’ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità dell’azione amministrativa e il buon andamento e il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio dell’ordine e della sicurezza pubblica, ha deliberato ( 16 ottobre 2023 ndr): – l’affidamento a una commissione straordinaria, per 18 mesi, della gestione del Comune di Caivano (Napoli), il cui Consiglio comunale è stato già sciolto, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, lett. b), n. 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 2023, a causa delle dimissioni di 13 consiglieri comunali su 24.

A Caivano Don Patriciello ormai lavora da decenni non solo per seguire la sua vocazione di sacerdote ma anche per testimoniare il civile impegno per il miglioramento delle condizioni di chi vive e lavora in quel territorio. Un interesse dunque rivolto a tutti ma in questo particolare caso ai minori deprivati da ogni possibilità di crescita sana, deprivati di strumenti culturali, a cui è negata un’istruzione, sottoposti alle sollecitazioni della criminalità organizzata che si sostituisce allo Stato .Minori che però si vedono rispondere alle loro aspettative con una punizione in un contesto di norme penali che pur rivelandosi di qualche deterrenza in realtà però offrono falsi strumenti alla soluzione dei problemi che hanno prodotto determinate condizioni di disagio , di sottosviluppo . Sicuramente quelle norme varate per fronteggiare la situazione di Caivano sono a’pplicabili ad altri contesti facendo di ” tutt’erba un fascio “ delle condizioni

Ho già accennato nella prima parte ai temi di cui si occupa massicciamente il decreto ma voglio ribadirli . Posso così sintetizzare ancora una volta che si fa ricorso alle misure di prevenzione e agli inasprimenti di alcune sanzioni penali in relazione alla criminalità minorile ; si coinvolgono sotto vari profili le famiglie ( spesso lasciate sole nell’opera di educazione ) citando dunque la responsabilità genitoriale . Con qualche apertura positiva quando si parla del potenziamento della scuola (povertà educativa) con l’incremento dei numero dei docenti e delle attività che devono essere svolte; tutela dei minori sull’uso della rete e sui rischi connessi in ambito digitale ;recupero del territorio di Caivano sotto vari profili tra cui un nuovo ruolo di un impianto sportivo abbandonato e fatiscente che è diventato quasi il simbolo di quel degrado che appunto si vuole combattere .

Sotto il profilo dell’età del minore, le fasce dell’intervento sono tre: la prima relativa al minore tra i 14 e i 18 anni che è un caposaldo della legislazione minorile a cui si aggiunge una seconda fascia quella tra i 18 e i 21 anni con particolare riferimento alla normativa che consente, in tema di esecuzione della pena negli Istituti penali minorili di proseguire l’intervento di risocializzazione nei confronti dei giovani con età superiore ai 18 anni e fino a 21. Una previsione che ha fatto onore negli anni all’impegno dei operatori minorili che hanno inteso accogliendo questa norma, dare la loro disponibilità per un lavoro prezioso nei confronti di giovani che per un residuale pena compiuto i diciotto anni avrebbero dovuto essere trasferiti negli istituti per adulti con tutte le conseguenze del caso. Ora il decreto Caivano prevede la possibilità he il magistrato di sorveglianza su richiesta del direttore dell’istituto penitenziario disponga il nulla osta al trasferimento del minore in carcere di chi ha commesso il reato da minorenne il quale con i suoi comportamenti, cumulativamente: compromette la sicurezza o turba l’ordine degli istituti. Una possibilità che comunque può verificarsi sempre e che mai richiede un provvedimento del genere sebbene un maggior lavoro delle equipe minorili . La terza fascia dao 12 ai 14 anni non abbassa l’imputabilità per chè non può farlo ma prevede l’ammonimento del questore in caso di commissione di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.

Vengono coinvolti i genitori con l’aggiunta a quanto oggi già previsto da disposizioni e misure correnti che in tema di abbandono scolastico sono previste di sanzioni nei confronti di coloro che, ammoniti, sono responsabili dell’adempimento dell’obbligo scolastico del minore.

Ci sono poi misure applicabili ai minorenni sic e simpliciter :

  • Il c.d. “daspo urbano” cioè, il divieto per i maggiori di anni 14 di accesso a particolari aree della città;
  • Il foglio di via obbligatorio dove è aumentata di un anno la durata massima del divieto di rientro nei comuni dai quali si è stati allontanati con inasprimento della sanzione, che diviene penale, nei casi di violazione del provvedimento di allontanamento
  • Per contrastare il fenomeno della violenza giovanile è modificata la disciplina della misura di prevenzione personale dell’avviso orale, anche con riferimento al fenomeno delle “baby-gang”, con estensione in caso di violazioni delle prescrizioni della sanzione penale prevista per i maggiorenni
  • E’ introdotta una figura di ammonimento analogo a quello previsto in materia cyber­bullismo, al fine di intercettare alcune condotte illecite realizzate fisicamente da minorenni nei confronti di altri minori, con particolare riguardo alle fattispecie di percosse, lesioni, violenza privata e danneggiamento (bullismo) (2)

Devo sottolineare quanto proprio Diritto e Giustizia afferma in merito alla capacità di risocializzazione di questo misure nei confronti dei minoriu trascrivendo questa considerazione che ho letto su quel sito : “Nel cercare di delineare il significato e la finalità dell’intervento, anche in considerazione del suo respiro, capace di superare i soli riferimenti sanzionatori e punitivi, va ricordato come nell’ambito della riforma minorile del 1988, coeva a quella del processo penale, già si faceva notare come quei meccanismi processuali fossero idonei al recupero della criminalità certamente non del tutto occasionale, ma anche di quella più grave, ma comunque potenzialmente rieducativa, nella misura in cui l’episodio criminoso era la spia di un “disagio” non accentuato, ma come gli stessi strumenti processuali si dimostrassero inidonei nei confronti dei minori a forte e radicata connotazione delinquenziale. Con la riforma, si prende atto di questo fatto e si punta a quella criminalità intermedia che la quotidianità ci consegna, con l’intento ancora una volta non già di stigmatizzare correndo il rischio di rendere il soggetto irrecuperabile, ma confidando nel pacchetto di strumenti di contenimento e rieducativi messi ora in campo si possa costituire un momento più efficace di recupero dei soggetti minori deviati.”

In particolare ancora mi interessa sottolineare che si reintroduce la possibilità di applicare la custodia cautelare al soggetto minorenne se lo stesso, in veste di imputato, si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che si dia alla fuga.

Si introduce, inoltre, una nuova disposizione concernente il percorso rieducativo del minore: nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore a cinque anni o la pena pecuniaria, il pubblico ministero notifica al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale l’istanza di definizione anticipata del procedimento, subordinata alla condizione che il minore acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale sulla base di un programma rieducativo. Tale programma deve prevedere lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profìt o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza; in caso di esito positivo del percorso di reinserimento e rieducazione, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere dichiarando l’estinzione del reato; in caso di esito negativo riguardo all’attività svolta dal minore durante il programma, rimette gli atti al p.m. per la prosecuzione del procedimento.

In merito alle modifiche al d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), in materia di custodia cautelare e percorso di rieducazione del minore.Preoccupa in particolare l’ampliamento del ricorso alla custodia cautelare in carcere, che vedrà inevitabilmente un aumento dei numeri dei ragazzi ristretti in Ipm. Oltre alla diminuzione del massimo edittale dei reati che la prevedono, l’introduzione dello scippo, della resistenza a pubblico ufficiale e dei fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti tra i reati per i quali si può disporre tale misura rischia di produrre un grande ausso di giovani in carcere in fase cautelare.

Sottolineo ancora che la legge n. 117 del 2014 ha avuto il merito di alzare da 21 a 25 anni l’età della possibile permanenza del ragazzo o della ragazza all’interno del circuito della giustizia penale minorile. Veniva così valorizzata da parte di direttori, educatori, assistenti sociali la possibilità offerta ai giovani adulti di usufruire per un tempo più prolungato delle opportunità maggiormente costruttive e individualizzate che la giustizia minorile riesce a prevedere rispetto a quella degli adulti. Naturalmente nel corso di queste trattamento l’esperienza insegna potevano e possono insorgere difficoltà che molte volte hanno richiesto un maggiore lavoro. Con il decreto Caivano si taglia di netto tutto questo prevedendo “una facile soluzione “ che consiste nella disposizione del magistrato di sorveglianza del trasferimento in un istituto per adulti del giovane il cui percorso verrà seriamente compromesso con il passaggio al modello carcerario degli adulti. anche in presenza di una sola delle seguenti condizioni : compromissione della sicurezza o turbamento dell’ordine negli istituti; comportamenti che con violenza o minaccie impediscano le attività degli altri detenuti; si avvale dello stato di soggezione da lui indotto negli altri detenuti. La vaghezza della norma nella determinazione dei comportamenti che possono darluogo al trasferimento solleva inoltre il tema della mancanza di tassatività, che mette nelle mani della direzione dell’istituto una potenziale arma di ricatto nei confronti dei giovani ospiti.

Dopo aver così lungamente richiamato i termini del decreto sotto il profilo giuridico attraverso l’aiuto di varie fonti consultate sul web e in particolare di Diritto e Giustizia voglio riferire in breve il commento di due voci autorevoli ovvero quanto dice la rivista on line “Antigone” e quanto scrive nella sua relazione al Parlamento il Garante per l’infanzia.

Scrive Antigone su un suo documento : “È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 settembre 2023 il testo del cosiddetto decreto Caivano, il quale testimonia fin dal nome della assai discutibile ma diffusa pratica di intervenire normativamente, quasi sempre ricorrendo alla decretazione d’urgenza, all’indomani di fatti di cronaca drammatici, con l’illusione di inseguire questa o quella emergenza attraverso l’irrigidimento degli strumenti penali.”

E a proposito del documento afferma : “In questo documento ci siamo limitati a commentare le parti del decreto che incidono appunto sul sistema penale, contenute sostanzialmente nel Capo II recante “Disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile”, le sole che abbiano attinenza con la mission della nostra associazione. Antigone, attraverso il proprio lavoro di osservazione e analisi sulla giustizia penale minorile che confluisce nella pubblicazione del sito all’indirizzo www.ragazzidentro.it, si è imposta negli ultimi anni quale interlocutore di istituzioni nazionali e sovranazionali sul tema.

Al di fuori del Capo II, vogliamo solo soffermarci brevemente sull’art. 12 del Capo III, l’unico altro articolo che agisce sul sistema penale introducendo il reato di inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori. Si punisce con pene fino a due anni il responsabile dell’adempimento dell’obbligo scolastico del minore che, già ammonito dal sindaco, non adempia adeguatamente a tale sua responsabilità. La mancata documentazione della regolare frequenza scolastica dei componenti minorenni ha inoltre effetti sul diritto all’assegno di inclusione per il nucleo famigliare. Tali disposizioni sono del tutto prive di effi cacia preventiva. I contesti degradati, o ancor più quelli legati alla criminalità organizzata, nei quali si matura generalmente la dispersione scolastica non sono permeabili alla minaccia di sanzioni che spesso neanche comprendono, ma necessitano piuttosto di interventi sociali ed educativi sul territorio.

Il documento fa una breve storia della giustizia penale minorile e soprattutto del codice di procedura penale minorile (3) Ma soprattutto evidenzia che oggi solo il 3% dei 14.000 minori che entrano nel circuito penale sono ristretti nei 17 Istituti Penali minorili. Il che ha un grande significato e rappresenta un vero e proprio patrimonio culturale in tema di trattamento della cosiddetta devianza minorile . Tra le misure alternative e sostitutive alla detenzione spiccano per esempio la misura della Messa alla prova, consentita dallo stesso processo minorile , che vede coinvolti 2400 minori .

Di fronte a tutto questo si legge specificatamente nel documento : “L’espansione dell’azione punitiva proposta nel decreto Caivano a scapito dell’approccio educativo verso i giovani si pone in contrasto con le basi culturali che hanno informato un modello che ha dato prova di funzionare. È una risposta del tutto irrazionale: invece di puntare con ancora maggiore decisione nella direzione dimostratasi virtuosa, si inverte la rotta spingendo su una pericolosa omologazione degli strumenti penali destinati ai minori con quelli destinati agli adulti. E questo sulla base di allarmi generati da fatti di cronaca che incidono fortemente sulla pubblica emotività, ma in assenza di alcuna emergenza oggettiva legata alla criminalità minorile. Uno sguardo ai dati sui minori denunciati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia ci mostra infatti come negli ultimi dieci anni si sia assistito a un andamento oscillatorio che vede gli ultimi dati relativi al 2022 del tutto in linea con gli anni precedenti. Se infatti le denunce erano 32.200 nel 2012, salivano in seguito fino alle 35.750 del 2015 per poi scendere a 34.400 l’anno successivo e poi ancora fino ai 29.600 del 2019. Senza considerare il 2020, che a causa del lockdown ha visto un significativo calo generale della criminalità, i numeri del 2021 e del 2022 (rispettivamente 30.400 e 33.700 denunce) sono sostanzialmente in linea con le oscillazioni dell’ultimo decennio. “

Il documento quindi indica strade alternative, diverse, costruttive e capaci di far fronte ai fenomeni che si vogliono governare: “La strada da intraprendere è allora esattamente quella contraria rispetto alle nuove norme: invece di avvicinare la gestione del minore a quella dell’adulto in ambito procedurale, bisognerebbe riflettere ancora più a fondo sulla considerazione dei bisogni propri dei giovani, codificandoli anche in ambito sostanziale con un codice penale specifico per i minorenni. Se non è questo il contesto per poter ragionare su una simile riforma, auspichiamo tuttavia che in sede di conversione parlamentare si contrastino quegli interventi normativi che fanno compiere pericolosi passi indietro al sistema della giustizia minorile italiana. (…)Una menzione particolare merita il quinto comma dell’art. 5, che apre pericolosamente a un approccio punitivo verso gli infraquattordicenni non imputabili, prevedendo nei loro confronti casi di applicabilità della procedura di ammonimento da parte del questore.”

Questa norma in particolare sembra semplificare il compito educativo tenendo saldo un principio espresso da Papa Francesco nel suo discorso del 2014 alla delegazione dell’Associazione internazionale di diritto penale così : “ …Gli Stati devono astenersi dal castigare penalmente i bambini, che ancora non hanno completato il loro sviluppo verso la maturità e per tale motivo non possono essere imputabili. Essi invece devono essere i destinatari di tutti i privilegi che lo Stato è in grado di offrire, tanto per quanto riguarda politiche di inclusione quanto per pratiche orientate a far crescere in loro il rispetto per la vita (…) è importante attivare una necessaria consultazione dei minorenni nell’iter che porta all’adozione di atti amministrativi e normativi, non solo per una decisione più inclusiva, democratica e consapevole, ma anche per valorizzare il senso di responsabilità sociale di ogni minorenne. “

Sempre a proposito della presa di coscienza da parte del minorenne, l’Autorità garante(4) ha rinnovato la richiesta di valorizzare la giustizia riparativa in ambito minorile. “È uno strumento prezioso, che incide positivamente sulla vita delle persone coinvolte, sul tasso di recidiva e si affianca alle risposte della giustizia tradizionale senza sostituirle”. Proposta pure la realizzazione in ogni tribunale per i minorenni di servizi di supporto e informazione delle vittime. “Inasprire il sistema sanzionatorio o aumentare gli strumenti di repressione non aiuta le vittime: questa tendenza assegna totale protagonismo all’autore di reato e alla vicenda giudiziaria, spesso addirittura è fonte di vittimizzazione secondaria per chi ha subito l’illecito”.

Secondo Carla Garlatti, Garante per l’infanzia in merito ai provvedimenti previsti dal Decreto legge Caivano , occorre investire in attività di sensibilizzazione e formazione dei genitori. “Prevedere la reclusione dei genitori che fanno evadere l’obbligo scolastico ai figli può avere effetti controproducenti: se tuttavia si intende mantenere tale sanzione, sarebbe quanto meno auspicabile che prima di applicarla si invitassero i genitori a seguire percorsi di sostegno”. Apprezzabile, invece, che siano previste un’adeguata preparazione per chi è responsabile della gestione degli strumenti di parental control e l’incentivazione dei centri per la famiglia.

Dice testualmente : “Dovrebbe ancora essere maggiormente valorizzata la giustizia riparativa in ambito minorile, strumento di cui è ormai pacifica l’efficacia e che offre alla vittima, spesso invisibile, l’opportunità di un concreto riconoscimento nei procedimenti penali. La giustizia riparativa in ambito minorile funziona: incide positivamente sulla vita delle persone coinvolte e sul tasso di recidiva e si affianca alle risposte della giustizia tradizionale senza sostituirle. È uno strumento capace di responsabilizzare gli autori del reato e genera, attraverso l’incontro, l’interiorizzazione della cultura del rispetto e il significato del disvalore, materiale e umano, del loro comportamento. Sarebbe auspicabile, infine, cogliere questa preziosa occasione per prevedere l’istituzione, in ogni tribunale, di servizi dedicati al supporto e all’informazione delle vittime, al fine di rendere effettivo quanto richiesto dalla Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012. L’attenzione per le vittime deve essere strutturata e garantita in ogni realtà distrettuale. Ciò deve accadere a prescindere dall’iter giudiziario del responsabile del reato. Inasprire il sistema sanzionatorio o aumentare gli strumenti di repressione non aiuta le vittime: questa tendenza assegna totale protagonismo all’autore di reato e alla vicenda giudiziaria, spesso addirittura fonte di vittimizzazione secondaria per chi ha subito l’illecito. Sull’articolo 6, relativo alle misure precautelari e cautelari, ritengo che il ricorso all’ampliamento dei casi in cui si possa ricorrere alla misura del carcere, soprattutto in fase cautelare, presenti una serie di criticità. La prima riguarda il lungo percorso della giustizia minorile nel nostro Paese che ha portato alla costruzione di un sistema considerato un’eccellenza anche fuori dai confini nazionali e che ha posto le sue fondamenta proprio sulla necessità di rendere la carcerazione dei minorenni una extrema ratio. Da qui, come anche richiesto dalle Convenzioni internazionali, possiamo oggi contare su un sistema che privilegia strumenti di diversion e probation, sulla base di decenni di ricerca scientifica sul tema che ne ha evidenziato i vantaggi. L’altra criticità riguarda l’annosa questione del sistema carcere nel nostro Paese, dalla quale non è esente il mondo minorile. Ho recentemente effettuato delle visite in due istituti penali per minorenni con il Capo dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, due istituti molto diversi ma con una costante: carenza di organico nelle diverse aree. La vera emergenza non è quella di prevedere un maggiore ricorso al carcere, ma quella di potenziare le strutture, sia carcerarie che comunitarie, per renderle luoghi di efficace e reale recupero dei minorenni. È necessario chiedersi, prima di tutto, quale debba essere il fine di un periodo dicarcerazione, non limitarsi al mezzo. A tal proposito si osserva, inoltre, che la misura dell’aggravamento in ambito cautelare, prevista dall’articolo 22 del d.P.R. 448/1988, debba essere oggetto di ripensamento o rimodulazione: l’inserimento in una struttura carceraria per un tempo non superiore a un mese, a mero scopo punitivo, non permette l’attivazione di adeguati percorsi educativi all’interno dell’istituto e non riveste, a parere di questa Autorità, misura adeguata a raggiungere le finalità rieducative. Si suggerisce, approfittando di questa occasione, di limitare la previsione dell’aggravamento ai soli casi nei quali si proceda per reati per i quali sia possibile applicare la custodia cautelare in carcere.

(1) Terra dei fuochi. Si legge su Arpacampania: “Con l’appellativo “Terra dei Fuochi” ci si riferisce a quel territorio, compreso tra la provincia di Napoli e l’area sud-occidentale della provincia di Caserta, interessato dal fenomeno delle discariche abusive e/o dell’abbandono incontrollato di rifiuti urbani e speciali, associato, spesso, alla combustione degli stessi.I roghi dei rifiuti, hanno destato una tale preoccupazione nelle popolazioni locali, a causa dei fumi che si sprigionano e delle sostanze inquinanti che possono riversarsi sui terreni agricoli, da indurre il Governo nazionale e regionale ad adottare numerosi provvedimenti o iniziative. Attualmente i comuni campani che sono compresi nel territorio della “Terra dei Fuochi” sono 90 di cui 56 nella provincia di Napoli e 34 nella provincia di Caserta, con un popolazione esposta rispettivamente di 2.418.440 e 621.153 abitanti (fonte ISTAT 2014). Si tratta di quelle amministrazioni comunali che hanno aderito al cosiddetto “Patto Terra dei Fuochi” nell’ambito del quale i primi cittadini hanno sottoscritto un documento con cui s’impegnano ad adottare misure di contrasto al fenomeno dei roghi dei rifiuti abbandonati su strade e aree pubbliche o soggette a uso pubblico; con lo stesso documento i sindaci si sono impegnati ad attivarsi per la tempestiva rimozione rifiuti, seguendo anche le linee guida ppositamente elaborate da ARPAC nell’ambito del suddetto Patto.

https://www.arpacampania.it/terra-dei-fuochi

(2)Ci sono aspetti più tecnici che per esempio “Diritto e Giustizia” sotto il profilo processuale segnala così :

  • l’introduzione del pericolo di fuga (dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza  C. cost n 359 del 2000per eccesso di delega) quale presupposto, anche nei confronti dei minorenni, per l’applicazione delle misure cautelari;
  • l’abbassamento da 9 anni a 6 anni la pena massima richiesta per procedere con il fermo, l’arresto in flagranza e la custodia cautelare per delitti non colposi;
  • l’abbassamento da 5 a 4 anni della soglia di applicabilità delle misure diverse dalla custodia cautelare;
  • la previsione che fermo, arresto e custodia cautelare nei confronti del minore, maggiore di 14 anni, possano essere disposti anche per ulteriori e specifiche ipotesi (il furto aggravato, i reati in materia di porto di armi od oggetti atti ad offendere, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, resistenza a un pubblico ufficiale, produzione e spaccio di stupefacenti);
  • l’abbassamento da 5 a 3 anni della pena massima dei reati non colposi per i quali si consente l’accompagnamento presso gli uffici di polizia del minorenne colto in flagranza, trattenendolo per il tempo strettamente necessario (non oltre 12 ore) alla sua consegna a chi esercita la responsabilità genitoriale;
  • l’abbassamento della riduzione della durata della custodia cautelare;
  • l’obbligo per il pubblico ministero di informare immediatamente il procuratore della Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, per le eventuali iniziative di competenza in caso di una situazione di pregiudizio che interessa il minorenne nel contesto dei delitti di “associazioni di tipo mafioso anche straniere” e di “associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope”.

È finalizzata all’obiettivo rieducativo e di recupero del minore la previsione con cui si dispone che nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore a 5 anni o la pena pecuniaria, il P.M. notifichi al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale, la possibilità di definire anticipatamente il procedimento (con estinzione del reato) sulla base di un programma rieducativo che preveda l’adesione del minore e il percorso di rieducazione civica e sociale. In caso di rifiuto da parte del minore è esclusa l’applicazione degli altri strumenti premiali.

Quanto alle sanzioni penali, oltre alle sanzioni per chi viola gli obblighi connessi all’avviso orale e al foglio di via obbligatorio, vanno considerati gli inasprimenti di pena per alcune fattispecie incriminatrici. Correlate alla facoltà di arresto in flagranza (vedi retro) sono inasprite le pene per il reato di porto d’armi od oggetti atti ad offendere; parimenti è inasprita la pena (dal massimo di quattro anni al massimo cinque anni) per il reato di spaccio di stupefacenti, nei casi di lieve entità.

Al fine di tutelare il minore che utilizza dispositivi informatici si prevede l’obbligo per i fornitori di servizi di comunicazione di disporre la presenza dell’applicazione del parental control.

Naturalmente sarà necessario che anche nel nuovo contesto il tribunale delle persone, dei minori e della famiglia svolga quel ruolo centrale di recupero, di rieducazione e di ricucitura dei rapporti familiari in sinergia con i servizi sociali per superare le criticità che gli episodi delinquenziali hanno evidenziato

( 3)”La giustizia penale minorile italiana costituisce da decenni un modello al quale l’intera Europa si rivolge quale pietra di paragone virtuosa. La direttiva dell’Unione Europea del 2016 (n. 800) sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, alla quale non a caso l’Italia ha fornito un contributo decisivo, guarda in maniera essenziale al modello italiano. Il processo penale minorile disciplinato dallo specifico codice di procedura penale del 1988 (D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448) ha dato prova di successo nel residualizzare la risposta carceraria e abbracciare un modello educativo capace di ricondurre i giovani all’interno della società secondo la finalità propria che la nostra Costituzione assegna alle pene.

Il codice di procedura penale minorile arriva alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso a seguito di profonde elaborazioni culturali presenti nella società italiana e di specifiche sentenze della Corte Costituzionale – che già dalla prima metà degli anni Sessanta aveva dimostrato di aver colto le trasformazioni sociali profonde dando avvio a un’opera di revisione del sistema penale e penitenziario minorile – che hanno svolto il ruolo di autorevole guida verso l’adozione del nuovo codice. Si afferma in esso l’idea che la finalità principale del diritto minorile sia quella di educare il minore autore di reati piuttosto che di punirlo. La giustizia penale minorile in Italia non si basa infatti sulla sola valutazione del fatto di reato, ma innanzitutto sulla valutazione della personalità del minore. Il procedimento penale minorile deve tendere a restituire alla società un minore educato, a mezzo degli interventi mirati sulla sua personalità e sulla sua condizione socio-psicologica. (Documento Antigone )

(4) L’Autorità che rappresento è stata istituita in Italia dalla legge 12 luglio 2011, n. 112 con la finalità di promuovere la cultura dell’infanzia e dell’adolescenza e di assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età, in conformità con quanto previsto dalle convenzioni internazionali, fra le quali assume particolare rilievo la Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989. In particolare, la legge istitutiva le attribuisce il potere di partecipare alla formazione degli atti normativi relativi alle persone di minore età esprimendo il proprio parere anche “sui disegni di legge all’esame delle Camere in materia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” (articolo 3, comma 3, legge 12 luglio 2011 n.112))

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