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” 8 MARZO FESTA DELLA DONNA : NON SOLO MIMOSE ” DI VALTER MARCONE

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Redazione-  Otto marzo. Festa della donna. Una festa di fiori, colori , sentimenti, affetti, nel mese che apre le porte alla primavera che di per se stessa è una promessa di vita, di rinnovamento in cui l’incanto della natura , quella che da tempo immemorabile ci offre ecosistema ed habitat che ci permettono di vivere ,si rivela più accattivante . Una delle tante,forse troppe , feste che ogni anno ci ricordano ,con una moda ormai invalsa nel nostro vivere quotidiano , anche con intenti consumistici, figure, temi, e anche problemi che ci sono vicini . L’uso dei social, l’accesso alla rete, e tutto un insieme di mezzi di comunicazione ci consentono di condividere, ogni giorno , qualcosa che ci appartiene, che fa parte della nostra vita e di quella delle comunità in cui viviamo. Così festeggiamo madri , padri e nonni, che fanno parte dei nostri affetti più cari; festeggiamo alcuni temi simbolo come la poesia,la memoria, , alcune istituzioni come la repubblica, le forze armate, i vigili del fuoco e ci ricordiamo in alcune giornate particolari avvenimenti fondamentali della nostra storia ,il 25 aprile, festa della liberazione, l’8 settembre il giorno dell’armistizio per parlare di eventi determinanti del nostro recente passato. E spesso ci dimentichiamo quello che una volta era la sola festa possibile , quella del santo del giorno.

La “festa”, dunque , che nella civiltà contadina, che ha permeato la storia dei nostri territori e che per secoli ha creato non solo saperi ma ha guidato relazioni, contratti di lavoro, determinato diritti di proprietà, economie, modellato appunto il territorio, scritto e riscritto modalità di esistenza dei singoli , costruito architetture dell’uomo e della natura come per esempio il paesaggio,era legata ai cicli della vita , della religiosità ,delle stagioni . La festa dei santi protettori con processioni, spari di mortaretti, luminarie e concerti bandistici, il carnevale, le feste più raccolte ed intime del Natale, Epifania, Pasqua, Assunzione di Maria al cielo. O feste laiche come quelle per i battesimi, i matrimoni ,oggi sagre paesane . O la semplice biblica festa del riposo settimanale anche se spesso questo riposo non veniva osservato nel giusto modo tanto che leggende e storie significative ci raccontano che a volte, per questa inosservanza , poteva esserci una punizione. Il lago delle quaglie a Raiano per esempio. Antonio De Nino alle pagine 82-83 del suo Usi e costumi abruzzesi ,Barbera , 1879 racconta che il giorno di Sant’Anna,il 27 di luglio in quel posto lavoravano dei trebbiatori. Quando fu detto loro che era la festa di Sant’Anna risposero : “ Grazie tante ma noi siamo trebbiatori, mica dobbiamo partorire” e così dicendo frustarono i cavalli al grido “ Qua, qua.”All’istante l’aia si sprofondò e apparve il lago. Che per onomatopeia del “qua ,qua” viene chiamato lago delle quaglie per il verso caratteristico di questi uccelli. .

La festa allora come “ giorno o periodo di tempo destinato a una solennità, al culto religioso, a celebrazioni patriottiche o d’altro genere, spesso collegato al ritmo delle stagioni o al compiersi di determinati periodi di calendario” come ci ricorda l’insostituibile Treccani che ci permette di riflettere anche su un’altra locuzione quella del “fare festa “ ossia: “.essere in festa, divertirsi, fare allegria; fare festa a qualcuno, accoglierlo festosamente, e così fargli gran festa, fargli tante molte feste “. In altre parole come ci suggerisce una ricerca sul web :”Si fa festa per ringraziare, per accogliere, per propiziare passaggi, scelte e cambiamenti; si fa festa per ritrovare riti e gesti, vivificare simboli e significati. “

Molte sono le opere letterarie sia nell’antichità ma anche moderne che parlano della festa . Chi non ricorda per esempio La sera del dì di festa composta nel corso del 1820, uno dei sei idilli di Leopardi che rientrano nell’edizione dei Versi del 1826 (insieme, tra gli altri, a L’infinito , Alla Luna , oppure Il sogno ) in cui si affronta tra l’altro la condizione del poeta infelice, la negazione della sua giovinezza che voleva essere gioiosa , e l’inesorabile quanto pernicioso trascorrere del tempo che rende vana ogni opera umana. “ Vanità delle vanità, dice , Qoèlet vanità delle vanità, tutto è vanità”.Oppure chi non ha mai recitato una filastrocca sulla Befana che” tutte le feste porta via”. Fino a quelle frasi per la festa della mamma tratte dalla letteratura che si possono trovare su alcuni siti web come versi di Pasolini “Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,/ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore “ tratti da “Supplica a mia madre “ della raccolta Poesia in forma di rose. Ma anche più commercialmente parlando i bigliettini dei cioccolatini di un colosso industriale del settore dolciario del nostro paese .

La festa dunque in sostanza ha a che fare con la comunità , sancisce una società. E’ dunque questo il caso della festa della donna che ogni anno l’otto marzo torna a richiamare l’attenzione su molti temi che ci coinvolgono .

Ricordare com’è stata scelta la data del’8 marzo per istituire la festa della donna può essere utile per capire come ,le donne, il loro movimento organizzato o spontaneo abbia concorso nel tempo alla vita politica e culturale delle nostre comunità.

Era l’otto marzo del 1917. A San Pietroburgo, quel giorno le donne manifestarono per chiedere la fine della guerra. Quel giorno così lontano ma anche così vicino era l’otto marzo data di un evento che fu preso a simbolo durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste che si svolse a Mosca nel 1921 per istituire la Giornata internazionale dell’operaia.

Ma già nel 1910 l’Internazionale Socialista, riunitasi a Copenaghen, aveva proclamato ufficialmente la prima Giornata della Donna a livello internazionale. Veniva così riconosciuta l’importanza di un movimento in favore dei diritti della donna tra cui il suffragio universale.

Nel settembre del 1944 l’UDI, Unione Donne in Italia, a cui aderivano donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro prese l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera.

E’ nel secondo dopoguerra che l’otto marzo viene ricordato come il giorno in cui nel 1908 centinaia di operaie morirono nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons di New York. Ma anche per la morte di oltre cento operaie – e operai -, morte il 25 marzo del 1911 nel rogo dell’edificio newyorchese della Triangle Waist Company, in cui lavoravano in condizioni disumane.

La scelta di una festa della donna fu definitivamente fissata al‘8 marzo nel dicembre del 1977, quando l’ONU, con la risoluzione 32/142, stabilì la “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”.

In Italia il 2 giugno del 1946 le donne votarono per il Referendum istituzionale e per le elezioni della Assemblea costituente; 21 donne entrarono a far parte della Costituente.

Grazie anche alla componente femminile di quell’assemblea la Costituzione che fu scritta allora ,tra l’altro, afferma alcuni specifici diritti delle donne come l’Art.3 che ha istituito la pari dignità sociali senza distinzione di sesso ; l’Art 37 che ha dato vita , a parità di lavoro, agli stessi diritti della donna rispetto al lavoratore e il diritto alla stessa retribuzione ;l’Art. 48 che ha concesso il diritto di voto anche alle donne;l’ Art.51 che ha permesso l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive anche alle donne.

La Costituzione dunque garantisce l’uguaglianza formale fra i due sessi, anche se ci vorranno alcuni decenni perchè molte discriminazioni legali contenute nel Codice della Famiglia, nel Codice Penale allora vigenti rimaste intatte venissero modificate o cancellate da leggi come quella fondamentale sul divorzio :legge 1° dicembre 1970, n. 898, «Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio»; sull’aborto nel 1977,con una legge sulla legalizzazione dell’aborto e infine sul nuovo diritto di famiglia; la legge Merlin che chiude definitivamente le case di tolleranza: legge 20 febbraio 1958, n. 75, «Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui» Come pure il riconoscimento che il matrimonio non è più ammesso come causa di licenziamento: legge 9 gennaio 1963, n. 7, «Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche della legge 26 agosto 1950, n. 860». Le donne sono ammesse alla magistratura: legge 9 febbraio 1963, n. 66, «Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni».L’adulterio femminile non è più considerato reato ex ‘art. 559 del Codice penale che recitava: «La moglie adultera è punita con la reclusione fino ad un anno. Con la stessa pena è punito il correo». Per il marito non esisteva nulla del genere: la disparità di trattamento non rispettava le norme fondamentali della Costituzione. Con due sentenze del 19 dicembre 1968, la Corte costituzionale abroga l’articolo sul diverso trattamento dell’adulterio maschile e femminile e quello analogo del Codice penale.

Fino allo strabiliante rifiuto da parte di Franca Viola la prima donna italiana a rifiutare il «matrimonio riparatore» pubblicamente, diventando così un simbolo contro rassegnazione, umiliazione e sottomissione delle donne. Un cammino che ha portato dopo che il ministro della giustizia di allora, l’on .Oronzo Reale ebbe a proporre l’abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, alla concreta decretazione di tale abrogazione nel 1981 con la legge 442.

Dietro le mimose non ci sono solo cene fuori casa e brindisi ma c’è anche la consapevolezza che se l’8 marzo nella storia è stato un giorno tragico per eventi che hanno visto il sacrificio delle donne ,l’8 marzo deve servire proprio a creare una maggiore consapevolezza del ruolo della donna nella nostra società.

Un ruolo storico come lo fu quello delle donne durante la Resistenza all’occupazione nazifascista dell’Italia seguita all’armistizio del’8 settembre 1943. Trentacinquemila donne che dal 1943 al 1945 parteciparono alle azioni di guerriglia partigiana per liberare l’Italia dal nazifascismo. Quattromila cinquecento arrestate, torturate, condannate, seicentoventitre fucilate, impiccate o cadute in combattimento, oppure le circa tremila deportate in Germania . Anche se le donne che hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni durante la resistenza sono state solo diciannove: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi, Carla Capponi, Cecilia Deganutti, Paola Del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella Degli Esposti Reverberi, Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari, Joyce Lussu.

Furono madri, sorelle , staffette che hanno aspettato decenni prima di cominciare a parlare della loro esperienza come per esempio Marisa Ombra, Marisa Rodano, Lucia Ottobrini, Marisa Musu, Carla Capponi, Maria Teresa Regard che solo negli anni novanta hanno iniziato a parlare di quello che avevano vissuto .Donne che compirono azioni determinanti : si pensi alle donne che, nella Napoli occupata del settembre 1943, impedirono i rastrellamenti degli uomini, innescando una rivoluzione cittadina o alle donne di Carrara che, nel luglio 1944, resistendo agli ordini di sfollamento totale impedirono ai tedeschi di garantirsi una via di ritirata verso le retrovie della linea Gotica.

Un ruolo vitale come quello delle migliaia e miglia di donne che si occupano della cura nelle famiglie accudendo bambini ed anziani, occupando il dopo lavoro con un altro lavoro quello della cura della casa .Come scrive l’Ansa ; “Da un’indagine Ipsos del 2022 per Farmindustria condotta su 800 donne adulte, la cura familiare in Italia è soprattutto nelle mani delle donne: il 92 per cento svolge il ruolo di caregiver, nel 31 per cento dei casi da sole. Una donna su cinque è coinvolta nell’assistenza a familiari disabili o malati”. Ovvero : “ le necessità che ruotano attorno alla sfera della salute, sono in elevata misura di competenza delle donne: per la prevenzione al 66%, il 65% veglia sul percorso terapeutico, sono l’interlocutore privilegiato del medico nella fase della diagnosi al 58%, e della terapia per il 59%. In pratica, un terzo delle donne fà senza aiuti, circa la metà può contare su un aiuto in famiglia mentre soltanto nel 14% dei casi, ci si appoggia ad un aiuto esterno.
Le italiane, emerge ancora dall’indagine, sono consapevoli del fatto che il sistema così com’è non è sostenibile (46%) e pertanto la sua capacità di distribuire il peso grazie al welfare è limitata (32%). Per metà delle intervistate il mondo dell’impresa potrebbe avere un ruolo positivo nell’accollarsi parte dell’onere di protezione. “

Un ruolo rilevante nel mondo della cultura , della ricerca , dell’imprenditoria. Ruoli importanti che hanno consentito di dare risposte a domande come queste .Che tipo di contributo le donne hanno dato, e stanno dando, nel campo della ricerca scientifica e tecnologica? E nel campo dell’imprenditoria? È sempre visibile questo contributo, o c’è ancora una parte nascosta, silenziosa, oggi come ieri? Cosa porta di nuovo lo sguardo femminile nella scienza? Quali novità possono portare le donne nello sviluppo scientifico? Settori in cui si sono distinte donne come Elena Cattneo, Maria Chiara Carrozza,Lucia Votano e Daniela Mappelli ,Chiara Valerio e Samantha Cristoforetti ,Adrian Fartade e Adriana Biasutti .E l’elenco sarebbe lunghissimo.

Un ruolo di stimolo per la conquista , perchè i diritti non sono per sempre, di maggiori pari opportunità di accesso al lavoro , ( insieme ai giovani che sono insieme alle donne protagonisti di una empasse socio economico ) e di una migliore retribuzione. Secondo dati Eurostat, (1)in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media UE è stata pari al 69,3 per cento .In Italia, su 8,6 milioni di occupate tra i 30 e i 69 anni, 2,8 milioni, ovvero il 32,6% lavora part-time. Quasi tre occupati part-time su quattro sono donne. E bisognerebbe domandarsi il perchè. Anche se secondo l’ultimo Rapporto firmato da Bankitalia, Ministero del Lavoro e Anpal, l’occupazione femminile è tornata a salire nei primi mesi del 2023, raggiungendo livelli storicamente elevati e contribuendo per quasi il 40% alla creazione di posti di lavoro. Si tratta di un valore superiore di 2,5 punti percentuali rispetto al biennio 2018-19. Ma con alcune criticità. Secondo il Rapporto Plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro,(2)che raccoglie i risultati dell’indagine Inapp, quasi una donna su cinque (18%) tra i 18 e i 49 anni non lavora più dopo la gravidanza e solo il 43,6% decide di continuare (il 29% nel Sud e Isole). La motivazione principale delle intervistate è la conciliazione tra lavoro e cura (52%), seguita dal mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%) e da valutazioni di opportunità e convenienza economica (19%).

Un percorso dunque per la conquista dei diritti che parte da lontano e vede negli anni Settanta il periodo in assoluto più importante per il movimento femminista italiano, che dovette fronteggiare sia la crisi del Paese, sia una difficile modernizzazione.

Una festa che deve anche richiamare l’attenzione sulla violenza sulle donne .Una violenza ricordata dalla letteratura come quella subita da Pia de’ Tolomei che dice nel V Canto del Purgatorio (130-136):

“Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma”.»

non nominando il suo assassino o il mandante perchè lo avrebbe reso immortale. Pia de’ Tolomei sposò Nello dei Pannocchiesi. Costretta ad un matrimonio di interesse, venne uccisa pochi anni dopo dal marito per mano di alcuni sicari che la gettarono dalla finestra del Castel di Pietra.

Una violenza che grida come quella su Artemisia Gentileschi che dipinge come grido assordante per la violenza subita da parte dell’amico di suo padre una opera pittorica immortale: “Giuditta decapita Oloferne” conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Una immagine potente e spaventosa : il generale ubriaco è riverso sul letto, Giuditta gli afferra la testa per la chioma, e affonda la spada nel collo . Il sangue schizza copiosamente macchiando anche il petto della stessa Giuditta .“Dio lo ha colpito per mano di donna” dice poi Giuditta raccontando il suo atto eroico che portò Israele alla liberazione del suo popolo dall’assedio dell’esercito di Nabucodonosor di cui Oloferne era un crudele generale.

Due esempi importanti che introducono una tragica attuale realtà : 120 donne uccise nel 2023 di cui la metà per mano del partner e già a gennaio del 2024 si contavano sei vittime. Quasi 150 casi all’anno in Italia [157 nel 2012, 179 nel 2013, 152 nel 2014, 141 nel 2015, 145 nel 2016], un totale di circa 600 omicidi negli ultimi quattro anni. Ogni due giorni ( circa )viene uccisa una donna. Un fenomeno quello del femminicidio acui non si riesce a mettere un argine, malgrado gli interventi e le leggi messi in atto negli ultimi tempi perchè la violenza sulle donnne ha una origine ancestrale e coinvolge la sfera dell’educazione al maschile. Perchè è l’ultimo atto di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico, fisico o sessuale.

Ho letto su iodonna.it che la stessa Alexa l’assistente vocale che guarda caso in moltissime situazioni viene “insultata “ , quel giorno, l’8 marzo risponderà “ per le rime “ proprio per sottolineare un altro aspetto della violenza sulle donne: la violenza verbale .

Accogliere dunque questa festa significa darle un senso ricordando e riflettendo sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile. Significa accogliere questa giornata internazionale della donna come un momento , ma solo un momento di un più vasto incontro con la lotta alla violenza sulle donne, alla ricerca di opportunità e alla realizzazione concreta di diritti.

Un senso come quello che vuole dare a questa giornata il movimento “Non una di meno” che ha proclamato per quella data uno sciopero generale “contro la violenza patriarcale in tutte le sue forme” . Uno sciopero che vuole trasformare l’onda delle manifestazioni del 25 novembre (3)in «blocco della produzione e della riproduzione», attraversando i luoghi dove la violenza patriarcale si esercita ogni giorno, «Perché se ci fermiamo noi si ferma il mondo».

In particolare, il movimento Non una di meno, che organizza la manifestazione trans-femminista a Roma, si oppone agli approcci «securitari ed emergenziali con cui la politica affronta la violenza maschile sulle donne e di genere». Mentre l’obiettivo dovrebbe essere scardinare i meccanismi che riproducono la società patriarcale.

Una Festa della donna, insomma, decisamente di lotta. Anzi, l’8 marzo non è una festa, è lotta condivisa e collettiva, secondo un volantino di Flc della Cgil che riporta tutte le iniziative appunto in occasione della festa della donna .(4)

Questo è l’anno in cui si ricorda la morte di Enrico Berlinguer che, riconoscendo che “ “Questo secolo ha avuto tre grandi rivoluzioni: quella sovietica e cinese, il movimento anticoloniale degli anni cinquanta e il movimento delle donne. “ ad un certo punto del suo percorso politico ma anche personale e di vita , cambia letteralmente parere proprio sulle lotte delle donne. E’ il 1976 . In una intervista a Carla Ravaioli (La questione femminile. Intervista con il Pci, Bompiani, Milano 1976)fa autocritica (e critica il Pci) per non aver fatto abbastanza per le donne, non solo sul piano delle lotte sociali ma anche della lotta ai pregiudizi e alle discriminazioni che le colpiscono anche dentro il partito. Nel 1979 l’occasione per un incontro con il movimento delle donne viene dallo sforzo di Berlinguer di ripartire dai contenuti . Dopo la campagna per l’aborto Berlinguer si palesa “ femminista “ e accoglie con sempre maggiore disponibilità e interesse quell’aspetto del femminismo che si misura con la politica .

Un Berlinguer che il 13 marzo 1979 aveva detto : “Noi ci presentiamo davanti alle donne all’indomani di un Congresso che ha posto la questione femminile come uno dei temi centrali della nostra politica e che ne segna nuovi sviluppi. Nella società capitalistica abbiamo detto, insieme con l’oppressione di classe, si prolunga in nuove forme la più antica soggezione Imposta alle donne: quella nei confronti dell’uomo. Siamo usciti da un vecchio schema, che influenzò anche il pensiero e l’azione di grandi rivoluzionari di ogni tempo, secondo cui prima si deve fare la rivoluzione sociale e poi si risolverà la questione femminile. Non deve più essere così: il processo della rivoluzione sociale e quello della liberazione della donna da ogni forma di oppressione, compresa quella che si è storicamente determinata nel campo della sessualità, devono procedere di pari passo e sostenersi l’uno con l’altro.” In quel discorso Berlinguer richiamava il pensiero di Antonio Gramsci che aveva scritto : “La questione, etico-civile, più importante, quella di una formazione di una nuova personalità femminile, è legata alla questione sessuale. Finché la donna non avrà raggiunto non solo una reale indipendenza di fronte all’uomo, ma anche un nuovo modo di concepire se stessa e la sua parte nei rapporti sessuali, la questione sessuale rimarrà ricca di caratteri morbosi“ che commentava così: “ le innovazioni legislative a poco serviranno se non saranno accompagnate e sostenute da un intervento delle masse femminili, da una battaglia nell’opinione pubblica, che valgano a modificare atteggiamenti mentali che sono radicati in ogni settore della società e dello Stato, compresi magistrati e avvocati. E questo, vale per tutte le questioni che riguardano i rapporti tra le persone, la vita familiare e della coppia e anche il campo della sessualità. “.“Non può essere libero un popolo che opprime un altro popolo“, scriveva Marx. E potremmo parafrasare così quella affermazione: non può essere libero un uomo che opprime una donna.

Un Berlinguer che ci ha lasciato una consapevolezza secondo Chiara Valentini che ha scritto una sua biografia pubblicata da Feltrinelli : che le donne sono una forza “storicamente giovane che si scrolla di dosso un’oppressione di secoli” e una eredità : “la rivoluzione in Occidente può esserci solo se ci sarà anche la rivoluzione femminile e che se non c’è la rivoluzione femminile non ci sarà alcuna reale rivoluzione in Occidente”. Ovvero secondo Chiara Valentini mette le donne sullo stesso piano del proletariato con l’affermazione che “liberando se stesse contribuiscono a liberare tutta l’umanità”. Sembra passato molto tempo da quando aveva sostenuto che le donne erano soltanto uno degli alleati della classe operaia.

Dopo questo lungo parlare sulle donne, del loro movimento, della prossima festa dell’8 marzo rimane una domanda,anzi più di una : E’ vero che le donne ormai sono cittadine di serie A, padrone di se stesse e godono dell’eguaglianza giuridica e di tutti gli stessi diritti degli uomini. Possono accedere a tutte le professioni e a tutti gli uffici (tranne che nel clero). ? E’ vero che l’emancipazione femminile pur essendo un percorso sempre aperto ha forti restrizioni in alcuni Paesi in cui la disparità di genere è ancora molto marcata? E’ vero che la prima difficoltà sta nei carichi di lavoro familiare e nella mancanza di strumenti utili per trovare la giusta conciliazione tra vita privata e professionale. Quanto pesa ancora lo stereotipo delle caratteristiche maschili? E’ vero che le donne sono pagate meno degli uomini, sono più esposte a lavori precari, rimangono occupate in ruoli che non tengono conto delle loro reali qualifiche di studio o capacità professionali, E l’elenco potrebbe continuare .

Una festa dunque l’8 marzo che ci dice inoltre , per cui è necessario ancora lavorare , che essere donna, oggi, è un sentiero irto di ostacoli e fatiche. Una condizione che spesso va incontro a violenza, aggressività e trattamenti differenti . Una festa che però ci deve fa ricordare, non solo nella data l’8 marzo ma tutti i giorni, che cambiare il presente e avviare il futuro è possibile grazie all’impegno e al coraggio comune di uomini e donne per una maggiore autonomia di queste ultime ,germe di una convivenza non solo aperta ma ricca nel rispetto totale per un volere e sentire che faccia bene a tutti , uomini e donne , singoli individui e comunità intere.

(1)https://www.istat.it/it/informazioni-e-servizi/per-gli-utenti/european-data-support/dati-online-eurostat

(2)https://oa.inapp.org/jspui/bitstream/20.500.12916/3827/1/Bergamante_Mandrone_Rapporto-Plus-2022.pdf

(3)Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999 in memoria delle sorelle Mirabal, tre attiviste politiche uccise in Repubblica Dominicana nel 1960

(4)Per venerdì 8 marzo 2024 è stata proclamata dalla FLC CGIL un’intera giornata di astensione dal lavoro per il personale della scuola statale e non, università, ricerca, AFAM e formazione professionale. “I diritti delle donne, l’uguaglianza di genere, l’autodeterminazione, la parità salariale non sono ancora una realtà per tutte, anzi, si assiste a un costante attacco ai diritti già acquisiti. Il nostro Paese è ancora ai primi posti nel mondo per gender pay gap e per incidenza del lavoro povero e precario e il lavoro di cura, mai riconosciuto come responsabilità sociale, viene sempre e ancora scaricato sulle donne”. E’ quanto dichiara Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL, annunciando lo sciopero, in tutti i settori della conoscenza, per la giornata dell’8 marzo.“Vediamo rinsaldarsi un modello patriarcale, profondo, radicato, pervasivo – continua la dirigente sindacale – basta guardare quanta violenza, fisica, psicologica e economica nei confronti delle donne ancora c’è nel Paese. Lo vediamo soprattutto noi, lavoratrici e lavoratori della conoscenza, nelle scuole, nella formazione professionale, nelle accademie, negli atenei e negli enti di ricerca, quanto la cultura della disparità e del pregiudizio sia profondamente radicata e difficile da scalfire”.https://www.flcgil.it/comunicati-stampa/flc/l-8-marzo-non-e-una-festa-flc-cgil-proclama-lo-sciopero-delle-lavoratrici-e-dei-lavoratori-della-conoscenza.flc

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