“TERRE SONANTI” UN PROGETTO DI ARTE PARTECIPATA PER DARE NUOVA VITA AL MAMMUT DEL MUNDA AQUILANO – DI VALTER MARCONE

Redazione-  Settanta anni fa, il 25 marzo 1954,a Madonna della Strada frazione di Scoppito furono dissotterrato in una cava, la Fornace Santarelli, i resti fossili di un mammuth gigante. Cento anni prima a Pagliare di Sassa ,nelle vicinanze della chiesa di S. Pietro, c’erano state segnalazioni di rinvenimenti dei resti di un elefante,

Il ritrovamento di Scoppito era ed è ancora il giacimento più importante tanto che i resti fossili ricostruiti e alloggiati nel Castello sono divenuti un reperto identitario,un simbolo della città di L’Aquila.

Di quel rinvenimento l’Istituto Luce il 31 marzo a pochi giorni dal ritrovamento

realizzò un documentario dal titolo Uscito della Preistoria.

A gennaio di quest’anno il Munda ha acquisito una rilevante documentazione, parzialmente inedita, sul ritrovamento del fossile. Le eredi dell’ingegner Mario Santarelli, Cecilia ed Eugenia, proprietarie della cava ,attiva fino agli anni ’70, hanno inoltre donato 23 foto originali scattate nel momento della scoperta.

Il 25 marzo scorso l’archeologa Maria Rita Copersino ha incontrato i ragazzi dell’Istituto comprensivo Comenio, nella sede centrale della Scuola primaria S. Foruli. Nel pomeriggio, dalle 17.30, nella Sala Polivalente di Collettara, altra frazione di Scoppito,si è tenuta una tavola rotonda. I saluti istituzionali sono stati affidati al sindaco di Scoppito, Loreto Lombardi, della dirigente del Munda (Museo nazionale d’Abruzzo), Federica Zalabra. A seguire presentazione del progetto Terre Sonanti – Il Mammut a cura di Silvia di Gregorio.

Previsti interventi di Doriana Legge (referente attività culturali di Ateneo), Anna Romano (24 Luglio), Carlo Nanniccola (Accademia delle Belle Arti), Maria Rita Copersino (Segretario regionale per il Ministero della Cultura).

E’ la prima iniziativa di un vasto programma ideato dalla Libera pupazzeria che a Roio ha una bottega delle meraviglie ,che all’Istituto Comenio ha svolto attività con gli scolari e che lo scorso anno ha aperto laboratori e attività creative.

In occasione dei 70 anni dal ritrovamento del Mammut, viene presentato “Terre Sonanti – Il Mammut”, un progetto di arte partecipativa che vuole ridare vita al Mammut custodito dal Munda nel Castello dell’Aquila. Attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea si vuole esplorare la vita e la storia del territorio riattivando le energie della comunità.

Questa “officina del Mammut” è infatti un laboratorio aperto a tutta la cittadinanza e vedrà uno dei suoi momenti principali a settembre, durante i giorni di PERFORMATIVE 04, quando il Mammut, ricostruito a grandezza naturale e trasfigurato in opera d’arte, uscirà dal Castello accompagnato da una performance musicale e teatrale.

Una vera e propria impresa collettiva che vuole rafforzare il senso di appartenenza e d’identità, da intendersi sempre come in divenire, e valorizzare il patrimonio culturale locale coinvolgendo dodici Comuni, istituti comprensivi, scuole, associazioni, studenti dell’Università e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, musicisti e artisti.

Evento dunque ideato e curato dall’Associazione Libera Pupazzeria con partner come il Comune di Scoppito, Museo Nazionale d’Abruzzo, Accademia di Belle Arti dell’Aquila, Università degli Studi dell’Aquila, Proloco di Scoppito, Istituto Comprensivo “Comenio”, Comunità 24 Luglio, Associazione Antica Fornace Aps.

Come scrive Ludovico Carli : “un progetto di arte partecipativa a cura di Libera pupazzeria , finanziato dall’Incubatore di creatività dell’Università dell’Aquila che vuole ridare vita al Mammut, attualmente custodito dal Museo nazionale d’Abruzzo, MuNDA Museo Nazionale d’Abruzzo , al Forte Spagnolo.

L’intento del progetto è quello di esplorare, attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea, la vita e la storia del territorio riattivando le energie della comunità.

Questa “officina del Mammut” è infatti un laboratorio aperto a tutta la cittadinanza e vedrà uno dei suoi momenti principali il 14 settembre, durante i giorni di PERFORMATIVE 04, il festival internazionale d’arte, danza, musica e teatro organizzato dal MAXXI L’Aquila quando il Mammut, ricostruito a grandezza naturale e trasfigurato in opera d’arte, uscirà dal Forte Spagnolo accompagnato da una performance musicale e teatrale. L’evento farà parte anche del cartellone di la rassegna di teatro contemporaneo organizzata da UnivAQ nell’ambito delle attività culturali di ateneo, sotto la supervisione e la direzione di Doriana Legge, professoressa di storia del teatro al dipartimento di Scienze umane.

Una vera e propria impresa collettiva, che vuole rafforzare il senso di appartenenza e d’identità e valorizzare il patrimonio culturale locale coinvolgendo dodici Comuni, istituti comprensivi, scuole, associazioni, studenti dell’Università e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, musicisti e artisti.

Oltre alla documentazione acquisita dal MuNDA la famiglia Pietrosanti ha donato sei foto originali e parzialmente inedite oltre a due volumi della professoressa Angiola Maria Maccagno, L’Elephas Meridionalis Nesti di Contrada Madonna della Strada, Scoppito (1962) e Relazione sulla tecnica di scavo, restauro e montaggio dell’elefante fossile rinvenuto presso L’Aquila (1958).

“Nel corso del 2024”, ha assicurato la direttrice Federica Zalabra, “il Munda si farà promotore di una serie di iniziative che celebreranno questa ricorrenza, anche con interventi sul territorio, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Scoppito. Oltre alla sala nel Bastione Est del Castello che ospita il Mammut, stiamo lavorando per l’allestimento di più spazi nell’arco del 2024. Sarà possibile tornare a visitare il percorso delle Contromine e la sala Chierici, lì dove il nostro laboratorio di restauro entrerà a contatto con il pubblico”.

Ha circa un milione e trecentomila anni (Pleistocene inferiore), lo scheletro conservato nella sede del Munda al Castello . Nel momento del ritrovamento era quasi completo, in perfetto stato di fossilizzazione; mancavo la zanna sinistra, la parte posteriore destra del cranio, frammenti dei piedi. L’altezza è di 3,75 metri al garrese e 4,40 al vertice del cranio, la lunghezza, dalla punta della zanna superstite all’estremità della coda, è di 6,50 metri. Il peso dell’animale vivo doveva superare le 16 tonnellate: circa il doppio di quello degli elefanti attuali. (1)Su queste pagine abbiamo parlato del ritrovamento con l’articolo dal titolo : SESSANTASETTE ANNI FA UNA VISITA INASPETTATA DI UN OSPITE CON UN MILIONE E TRECENTOMILA ANNI DI ETA’ “

Nel sito di Madonna della Strada di Scoppito dunque nel 1954 furono rinvenuti oltre allo scheletro quasi intero di Mammuthus meridionalis vestinus anche resti di un rinoceronte di piccola taglia (Stephanorinus hundheimensis), di ippopotamo (Hippopotamus antiquus) e di un grande cervo, ad esso vanno aggiunti i siti scoperti più recentemente di Pile e di Pagliare di Sassa.

Alla fine degli anni ’80 nel luogo dell’esposizione nel bastione del Castello di L’Aquila, a seguito  del distacco di alcuni frammenti dello scheletro e della presenza sulla pedana di legno di una “segatura” costituita dalla parte spugnosa delle ossa che si stava polverizzando, si rese indispensabile un secondo intervento di restauro, che iniziò alla fine del 1987 e si concluse a giugno del 1991. L’intervento fu effettuato parte sul posto, per le ossa del cranio e del bacino, e parte, per le restanti ossa, presso il Laboratorio di restauro del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze.

Infatti lo scheletro di Mammuthus meridionalis “vestinus”, rinvenuto dal 1954 è esposto dal 1960 nel bastione Est del Forte Spagnolo. Datato a circa un milione e trecentomila anni fa (Pleistocene inferiore), rappresenta uno fra gli esemplari più completi rinvenuti in Europa.

Un territorio molto ricco dal punto di vista paleontologico Una figura importante per la paleontologia del territorio aquilano è quella di Padre Saverio Maini, che nel 1940 iniziò la raccolta organica di tutti i reperti fossili casualmente scoperti in occasione di lavori agricoli, movimentazioni di terra e attività di cava. Il suo lavoro fu continuato da padre Gabriele Marini che espose parte dei reperti collezionati nel Museo di Scienze Naturali del Convento di San Giuliano all’Aquila, oggi chiuso a seguito dei danni causati dal terremoto dal 6 Aprile 2009.

Sul sito del Munda a questo proposito si legge testualmente : “Nell’area che va da Scoppito fino a nord-ovest di L’Aquila sono numerosi i luoghi in cui sono stati ritrovati resti fossili di grandi mammiferi del Quaternario (il periodo che va da 2,58 milioni di anni fa a oggi).

Nel 1800 i resti venivano raccolti e conservati da studiosi con un metodo diverso da quello che usiamo ora. Molti ritrovamenti erano casuali: avvenivano durante i lavori agricoli o le attività̀ di cava, ad esempio quelli legati all’estrazione di argilla e lignite. A partire dagli anni ’40 del 1900 padre Saverio Maini prima e padre Gabriele Marini dopo iniziano una raccolta sistematica.

Nel tempo si sono ritrovate diverse parti di scheletro: molari, zanne, femori, costole e assieme ai resti di elefante quelli di altri animali che vivevano nello stesso ambiente come ippopotami, rinoceronti e cervi.”

“La passione per le pupazze è nata dall’interesse per la pirotecnica, una pratica che mi ha sempre affascinato, così come l’autocostruzione. … figure archetipe, della tradizione che decanta l’evoluzione. Ecco perché, con Silvia, abbiamo scelto anche il mestiere di pupazzari”. E’ Massimo Piunti che racconta così la sua “bottega delle meraviglie” ,libera pupazzeria che gestisce insieme alla moglie Silvia Di Gregorio allestita in una cascina immersa nel verde del paese di Roio Piano, a pochi chilometri dal centro dell’Aquila che sprizza colori da ogni parte senza contare passione e creatività che ne fanno un luogo unico sul territorio..

La bottega delle maraviglie è un luogo in cui si tocca con mano il rapporto con la terra che Massimo ha coltivato per molti anni e che rappresenta proprio “l’humus” di questa creatività che si esprime in modi diversi : dalle pupazze di carta pesta, alle pitture naturali anche con inchiostro di orzo e matita,dalle pietre levigate come supporto alle conchiglie e altro ancora .

“TERRE SONANTI . Canti , storie e paesi in festa ” ,è un progetto di teatro di comunità realizzato tra Maggio e Giugno del 2023 ,ideato e curato dalla Libera Pupazzeria , sostenuto dall’ Univaq ( Aria – Festival di teatro ; incubatore di creatività ) e dal Comune di Fontecchio e realizzato in collaborazione con la Kap , la Torre del Cornone e Le Officine

I laboratori sono stati condotti da :Arrington De Dionyso artista americano , che ha lavorato sulla sperimentazione musicale anche con l’ autocostruzione degli strumenti ,e ha condotto un intenso lavoro di esplorazione delle possibilità sonore e vocali entrando in relazione con gli spazi dell’ abitato e con il territorio circostante; Andrea Cosentino attore e regista teatrale ha lavorato con gli studenti sulla maschera e sulla drammaturgia dell’attore e con gli abitanti di Fontecchio intervistandoli e coinvolgendoli con il suo progetto “Telestreet ” in collaborazione con Margherita Masè;Enza Alejandra Prestia ha condotto un laboratorio di canto e ritmo in diversi luoghi del paese entrando in risonanza con le sue memorie coinvolgendo studenti e abitanti ; Massimo Piunti ha curato la realizzazione delle maschere , delle pupazze e degli allestimenti scenografici;-Alessio Di Giulio ha guidati alla scoperta del paese e della montagna e del fiume lungo le tracce dei ” sogni ed incubi” che l’ hanno percorsi; Silvia Di Gregorio ha ideato ed organizzato il progetto e curato la regia dello spettacolo conclusivo.

Nel 2024 dunque Terre sonanti daànuova vita al mammut ,un progetto di arte partecipata di cui seguiremo gli appuntamenti .

(1 )«Le operazioni di recupero furono iniziate il 26 marzo 1954 e proseguirono fino al 15 maggio. Le ossa, molto fragili, sono state messe a nudo con un delicato lavoro eseguito a mano il che è stato possibile quasi sempre grazie alla natura sabbiosa della roccia. Non appena un pezzo risultava isolato veniva subito consolidato, prima di rimuoverlo, con silicato di sodio (inizialmente diluito ad un terzo poi ad una metà) successivamente, avvolto in carta o juta, veniva incorporato il gesso e, se necessario per la sua mole o fragilità, armato con impalcatura in legno. Particolare difficoltà hanno presentato naturalmente i pezzi più fragili come le prime vertebre dorsali dalle lunghe apofisi spinose e le scapole (un diametro di 110 cm. per uno spessore che scende fino a 1-3 cm.). Molte difficoltà ha presentato il recupero del cranio e dell’unica difesa ritrovata. Praticamente è risultato impossibile portarli via in un solo pezzo (mt. 3,70 x 4,00 x 1,50), anche per lo stato molto precario di conservazione del cranio già mancante della parte destra posteriore e molto friabile. Così la difesa, preventivamente ingessata, è stata segata poco sotto l’uscita dall’alveolo (e asportata separatamente con le solite modalità. Per il cranio si è proceduto come segue: ingessato il lato libero si è costruita su di esso una forma di gesso con superficie piana in alto; è stato così possibile rovesciare il pezzo a mano, ad opera di 10 uomini e poggiarlo su di un piano precostruito, sopra il quale si è fissato il resto della cassa; poi mediante la messa in opera di un paranco si è asportato il pezzo, che raggiungeva il peso di 450 Kg. In questo modo ad una ad una tutte le ossa sono state recuperate, in numero di 149, praticamente uno scheletro quasi completo. Il 15 maggio avevamo ultimato i lavori sul terreno e il nostro esemplare, ormai al sicuro dalle intemperie, era contenuto in diciotto casse per una cubatura, che può essere indicata sui 200 mc. Lo stesso giorno fu consegnato al Soprintendente di Chieti dott. V. Cianfarani e depositato nel Castello dell’Aquila. Ultimata così questa prima fase di lavoro si dovevano iniziare le operazioni di restauro e lo studio dell’esemplare; per questo è stato necessario il graduale trasporto del materiale a Roma nell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università, che, per tutto il tempo successivo, ha fornito locali, opera del personale, strumenti ecc. Per il restauro si è proceduto in questo modo: liberazione di ciascun pezzo dal suo gesso, svuotamento delle cavità dal materiale sabbioso, armatura interna con tubi di ferro opportunamente disposti, consolidamento mediante colamento di mastice. Le parti mancanti sono state ogni volta ricostruite con l’ausilio, per quanto possibile, dell’osso simmetrico e del confronto con pezzi omologhi precedentemente descritti dagli autori. Ad ogni porzione restaurata è stato dato un aspetto il più possibile simile all’originale, esse restano però nettamente distinte da una sottile linea rossa che corre lungo i confini. Tutto questo è stato fatto per ogni singolo osso e ha richiesto lunghissimo e paziente lavoro: ogni volta doveva essere studiata la disposizione più opportuna dell’armatura e la ricostruzione di frammenti mancanti. Per le ossa completamente mancanti è stato necessario modellarle ex – novo. Nei periodi che vanno dal giugno al luglio 1954 e dal dicembre 1954 al maggio 1956, ossia in circa 19 mesi di lavoro, il restauro dei singoli pezzi si può dire ultimato. Dal 18 settembre 1958 si è iniziata la costruzione dell’armatura che permetterà il montaggio dello scheletro. L’animale sarà disposto in posizione di riposo, con arti leggermente alternati e il cranio nella posizione che l’animale assume quando si sofferma con la proboscide alquanto protesa in avanti. Con un calcolo, per ora approssimativo, poiché si potrà precisare solo a montaggio ultimato, lo scheletro misura circa 3,70 metri al garrese e 4,40 al vertice del cranio e circa 6,50 metri dalla punta anteriore della difesa alla coda».

(da A. M. MACCAGNO, Relazione sulla tecnica di scavo, restauro e montaggio dell’elefante fossile rinvenuto presso l’Aquila, in «Annuario delle Istituzioni di alta cultura sorte nella città dell’Aquila dal 1948 al 1957», vol. II, L’Aquila, 1957).

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