PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE: L’INDIVIDUAZIONE-PROF.RE ANTONIO LERA
Redazione-Nella Psicologia dello sviluppo e dell’educazione una pietra miliare la pongono le Madri, quando riescono a stabilire una giusta distanza dai propri figli; alternando la presenza all’assenza, abituano i bambini all’idea della separazione come risorsa, come occasione di svincolo e di crescita, di padroneggiamento del proprio io e del relativo spazio vitale. Questo svincolo è reso possibile dal fatto che le Madri riescano a continuare a percepirsi come Donne e a non scomparire nel vortice della Diade Madre-Figlio che spesso risucchia in modo irreversibile l’una e l’altro dando genere al fenomeno della Psicosi. Soggetto determinante nella restituzione dell’immagine femminile alla Madre è il Padre, che spesso osserva defilato la scena della Maternità come in passato veniva descritto anche dall’Arte Pittorica e Scultorea. I Padri hanno bisogno che le loro mogli restino donne, che mantengano gli interessi e le passioni inalterate nel mondo, per poter mantenere intatta la propria anima maschile. Cosi i Padri divengono indirettamente alfieri dell’autonomia nel corso del processo dello sviluppo dei propri figli. I Padri con la loro spinta propulsiva ad andare oltre le Colonne d’Ercole, insegnano ai Figli che non devono necessariamente soddisfare le aspettative degli altri (fossero anche quelle degli stessi Padri e Madri) e che parimenti gli altri non necessariamente soddisferanno le loro. Mentre le Madri che non hanno difeso il loro ruolo di Donna e dunque si sono trasformate in Chiocce costringono i Figli a diventare vittima delle aspettative degli altri ed a crescere in loro continue aspettative verso gli altri stessi. Il processo di individuazione non può prescindere quindi da quello di separazione essendo un continuum temporale di “crescita psicologica” ciclica che verrà ripreso durante tutte le fasi della vita ed in particolare durante l’adolescenza. L’individuazione è il riconoscimento di se e delle proprie caratteristiche peculiari, mentre la separazione si riferisce al distacco dal rapporto simbiotico con la madre, per evitare il suo cronicizzarsi (psicosi).
Il Bambino intorno al quinto mese il bambino comincia a delineare l’immagine corporea cosi da riconoscere e ricostruire l’immagine del proprio corpo. Successivamente al nono mese inizia la sperimentazione: iniziando a camminare e comunque possedendo maggiori possibilità di movimento inizia il rito della separazione/individuazione, decidendo in modo consapevole di avvicinarsi o allontanarsi dalla propria madre. Solo in questo modo può riuscire a gestire in modo autonomo l’angoscia della separazione. Da allora in poi fino ai due anni il bambino vive fasi alternate di allontanamento e di riavvicinamento che hanno la funzione di sperimentare se possa o meno perché ne ha una rappresentazione stabile che gli permette di sopportare tranquillamente la lontananza materna. Dai 2 ai 3 anni il bambino riesce a sentire senza sofferenza nella normalità di essere separato dalla madre. I Genitori devono rispettare i tempi e suggerire la giusta distanza sia nell’infanzia che nell’adolescenza, periodi in cui avviene la costruzione identitaria, ed il bambino lascia spazio all’adulto in fieri. L’adolescenza rappresenta il tempo decisivo della individuazione/separazione attraverso il disinvestimento affettivo verso i genitori ed il distanziamento verso il proprio Sé infantile. Nel processo d’individuazione avviene prima il richiamo dell’ individualità e poi la costituzione del rispetto dell’individualità altrui. Ciò non toglie che ciascun individuo continuerà ad essere il bambino che era, soprattutto se riuscirà a vivere nel momento presente, mantenendo intatte quelle prerogative tipiche dell’infante che gli consentiranno di godersi una giornata di Sole, di correre sulla sabbia, tuffarsi nel mare, giocare tra le onde, nuotare come un pesce, raccogliere ancora le conchiglie, continuare a fare castelli di sabbia, cantare davanti un falò senza problemi. Insomma ESSERE e basta, vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, sentirsi Re o Regina della propria favola esistenziale nella migliore realtà possibile che si riesce a creare intorno a se. Crescere dunque non è nascondere al mondo il proprio bambino interiore, ma lasciarlo
emergere nelle varie circostanze, farsi guidare da certe sue curiosità e fantasie. Questo fanciullino non sarà mai stanco di sorridere, correre, giocare, non penserà al passato, ne al futuro. Tutto ciò che farà, lo farà con amore e nella piena totalità dell’essere con intensità, così impegnato ed assorbito nell’essere felice in quel momento presente che dimenticherà tutto il resto. Un buon Psicologo dello Sviluppo e dell’Educazione deve saper restituire questo segreto: la mente non va distratta, sovraccaricata da impegni, prove, cose superflue, problemi, ma dev’essere libera, tutt’uno con il cuore, di viaggiare verso orizzonti sicuri che la nutrano di presente; I ragazzi non vanno disturbati ne dalle more del passato ne dalle attese del futuro: gli va restituito il presente. Un presente fatto di presenze e di assenze, in cui l’unica assenza insopportabile dev’essere la propria, questione quest’ultima che ha a che fare moltissimo con la libertà.
Prof.re Antonio Lera
Docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione UNIVAQ