“L’INCIDENZA DEI PREGIUDIZI NELL’EDUCAZIONE DELLE RAGAZZE”, RELAZIONE DELL’ILL.MO PROF.RE GABRIELE GAUDIERI
Redazione-Il Prof. Gabriele GAUDIERI, in data 25 novembre 2017 presso il comune di Silvi Marina, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, ha tenuto una brillante prolusione sui pregiudizi e sui contesti “maschilisti”, che determinano uno stato di sofferenza e di frustrazione nelle adolescenti, anche attraverso l’analisi di alcuni brani di romanzi, scritti da donne. Il Prof., prima di entrare in “medias res”, ha tenuto a precisare che la finalità del 25 novembre è la lotta ai pregiudizi, che riguardano soprattutto l’universo femminile, ma non solo. Ogni società ha in sé una “forza centrifuga”, che spinge alcune persone ai margini e, per questa ragione, sono state definite marginali. Ogni epoca ha avuto i suoi “marginali”: i malati mentali, i poveri, i diseredati, gli omosessuali e, purtroppo, anche le donne, le quali, per centinaia di anni, si sono viste negare, ingiustamente, quei diritti di uguaglianza sociale, giuridica ed economica. Le donne, come riusciamo a comprendere attraverso la lettura di alcuni romanzi di Sibilla Aleramo, di Maria Bellonci, di Dacia Maraini, non sono state considerate per le loro capacità, competenze e talento che, in alcuni casi, dovevano addirittura reprimere, ma per il loro valore “simbolico”, ossia in base alla rappresentazione che l’immaginario collettivo aveva di loro, che le relegava al solo ruolo di moglie, di madre e di “vestale” del focolare domestico. Anche quando il “valore simbolico” sembrava porre la donna alla vetta della ispirazione poetica, come, per esempio, nel Dolce Stil Novo, rimaneva sempre, nel mondo reale, poco considerata, poiché le si negavano diritti fondamentali. Nei primi anni del Novecento, durante l’età giolittiana, si assiste alla emancipazione femminile, favorita dall’avanzata dei movimenti popolari, socialista e cattolico. Siamo, tuttavia, ben lontani dalle grandi conquiste dei movimenti femministi negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. I pregiudizi, nella società post-industriale, non sono ancora scomparsi nei confronti delle donne, ma sono stati, purtroppo, “risemantizzati” in una chiave più bonaria, ma non meno lesiva della dignità umana, tanto che ancor oggi, si può a ragione parlare, in alcuni casi, soprattutto nel sottoproletariato urbano di “stile maschio violento” e di un vera e propria “cultura dello stupro”, come ci ricordano i terribili fatti di cronaca. Con “cultura dello stupro” intendiamo “ un complesso di credenze che incoraggiano l’aggressività sessuale maschile e supportano la violenza contro le donne. Questo accade in una società dove la violenza è vista come sexy e la sessualità come violenta….Una “cultura dello stupro” condona come normale il terrorismo fisico ed emotivo delle donne”; uomini e donne assumono che la violenza sessuale sia un fatto della vita come la morte o le tasse “( Tratto da Transforming a rape culture, Minneapolis 1993). Certamente i pregiudizi contro le donne vanno fortemente a condizionare l’infanzia, la preadolescenza e l’adolescenza delle ragazze, che vivono la loro condizione, spesso, con delusione, frustrazione e “disperazione”, sentendo su di loro gravare un “super-io sociale”, fatto di regole molto più rigide che non per i loro coetanei maschi. Talvolta esse vengono rimproverate attraverso sguardi, ammiccamenti, velate minacce dai loro educatori o genitori: essere ragazza è,per le ragioni sovraesposte, molto più impegnativo che non essere ragazzo. Il Prof. G. Gaudieri prosegue il suo intervento, affermando che una delle testimonianze più coinvolgenti è data dalla lettura dei romanzi storici femminili, in cui le protagoniste ci forniscono l’immagine “di sé” e “del sé”, nonché la rappresentazione sociale della femminilità. Tra questi romanzi viene citato “Una donna” (1906) di Sibilla Aleramo, la cui protagonista vive l’infanzia ed una parte della preadolescenza serenamente, tanto che già a 12 anni collabora col padre in azienda e viene condannata dalla gente del paese per la sicurezza ostentata e per l’atteggiamento anticonformista. La protagonista entra bruscamente nel mondo degli adulti sia dopo aver scoperto che il padre ha una relazione extraconiugale sia dopo aver subìto una violenza sessuale. Costretta, inoltre, al matrimonio, perde quel poco di libertà che riusciva ancora ad avere; la nascita di un bambino non migliora l’atmosfera familiare, in quanto viene costantemente maltrattata dal marito e, sentendosi sempre più sola, tenta il suicidio. La protagonista, grazie ad attente letture, prende coscienza che l’identità di una donna non possa esprimersi solo come un “oggetto” del proprio consorte, pertanto matura la decisione di abbandonare la
casa ed il bambino. E’ questo un romanzo autobiografico che ci rende consapevoli della difficile vita dell’adolescente prima e della donna dopo. L’abbandono della famiglia da parte della protagonista è simile a quanto accade nel romanzo ” Casa di bambola” di Ibsen, la cui protagonista, sentendosi amata con superficialità, non considerata dal proprio marito come una persona capace ed intelligente, diventa quasi un “oggetto di trastullo” e, per questa ragione, abbandona la propria famiglia. Il Prof. Gaudieri continua la sua relazione, facendo riferimento ad un famoso romanzo, scritto da Dacia Maraini, “La lunga vita di Marianna Ucria”, ambientato in Sicilia nel Settecento. Proprio nel momento in cui si sta affermando il grande movimento Illuminista, con le sue idee di riforma integrale della società, per mezzo della Ragione, che si prefigge di combattere ogni forma di pregiudizi, per affermare i principi di uguaglianza giuridica e di tolleranza, a Palermo si “consuma” la sofferenza di Marianna che, secondo le indicazioni della sua nobile famiglia, deve solo “Sposare ,figliare, fare sposare le figlie, farle figliare, e fare in modo che le figlie sposate facciano figliare le loro figlie che a loro volta si sposino e figlino”. All’età di 13 anni Marianna è costretta a sposare lo zio Pietro e, dopo 4 anni di matrimonio, ha tre figlie, ma il marito attende il figlio maschio, che viene alla luce, quando la poverina, al suo quarto parto, ha compiuto solo il diciannovesimo anno. Marianna non esce quasi mai e trascorre il suo tempo, immersa nella lettura, contro la volontà del marito, il quale teme che la moglie e nipote possa essere condizionata dalle idee dei “Philosophes”. Interrogando un giorno il fratello Carlo in merito alla perdita di udito e parola le riaffiora alla memoria lo stupro subìto all’età di 7 anni proprio dallo zio Pietro! Come se le sofferenze della giovane donna non bastassero, i familiari sono sempre pronti a rimproverarla, sia per l’assidua frequentazione di un uomo filo-francese, inviso alla famiglia, sia per aver portato il lutto nei confronti del marito per un solo anno! Oggi, grazie alle continue lotte femminili, la situazione è sicuramente diversa, tuttavia permangono ancora atteggiamenti disdicevoli, maschilisti e non è raro assistere a violenze sessuali da parte di ragazzi di 13 o 14 anni o di maltrattamenti ed uccisione della propria compagna, come se questa fosse una loro proprietà. Che fare? Il Prof. Gaudieri consiglia di potenziare un’educazione di genere, che prepari i ragazzi a conoscere l’universo femminile e li educhi ad una forma di “galateo” e di rispetto per l’altro sesso. E’ bene, tuttavia, che vengano organizzati anche percorsi psicoterapici per chi ha commesso atti violenti nei confronti delle donne, al fine di reinserirli nel tessuto sociale, come uomini e non più come predatori. Certamente il percorso sarà lungo ed irto di ostacoli, poiché l’essere umano è l’incontro tra la realtà psichica e la realtà sociale e quest’ultima porta con sé, troppo spesso, atavici pregiudizi, difficili da estirpare, anzi, talvolta, come afferma Giacomo Leopardi nell’opera “Sopra gli errori popolari degli antichi” : “La cattiva educazione fa ciò che non fa la natura. Essa riempie di idee le deboli menti puerili: la culla del bambino è circondata da pregiudizi di ogni sorta, e il fanciullo è allevato con questi perversi compagni”…la forza dell’educazione ancora dopo la fanciullezza continua sempre ad influire sullo spirito…ogni uomo allevato fra i pregiudizi sente pena in distaccarsi dagli antichi compagni della sua gioventù”. E’ importante pertanto, nella scuola dell’inclusione, all’interno dei CPIA, centri per l’educazione degli adulti, includere nei moduli di educazione alla cittadinanza un percorso per orientare, ri-orientare, gli uomini al fine di prevenire quell’atteggiamento vile di falsa virilità e di sicura violenza. L’adulto che educa non sempre trasmette una buona condotta ai propri figli ed è, per questa ragione, che la formazione degli adulti (andragogia) diventa basilare, affinché non vengano trasmessi comportamenti lesivi nei confronti del sesso femminile.
RELAZIONE DEL PROF.GABRIELE GAUDIERI
PEDAGOGISTA
PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “NUOVA PAIDEIA”
FORMATORE DEGLI OPERATORI DELLO SPORTELLO ROSA
BIBLIOGRAFIA
Sibilla Aleramo, Una donna, ed. Feltrinelli
Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa,ed.Rizzoli,1990
Tiziana Pironi, Femminismo ed educazione in età giolittiana. Conflitti e sfide della modernità, ed.ETS,2010
Giacomo Leopardi, Sopra gli errori popolari degli antichi, Ed.Osanna,1997
IRRSAE ABRUZZO, Educazione degli adulti,1999