“LE PECORE NERE: PERLE DI GENIALITÀ, AUDACIA E POESIA”-DOTT.SSA ALESSANDRA DELLA QUERCIA
Redazione-La cosiddetta “pecora nera”, la classica personalità bistrattata e incompresa dalla società, rappresenta in realtà un tesoro per la comunità perché grazie al suo coraggio e alla sua forza di essere diversa ha spesso lampi di eccezionale genialità e illuminante saggezza. Incarna “l’alternativa”: tutto ciò che la famiglia o il gruppo ha sempre sepolto dentro di sé, per timore o per traumi del passato. Per questo motivo è spesso giudicata ed etichettata. Possiede, però, un enorme potenziale: ha l’innata capacità di risorgere e rinnovarsi continuamente, portando sprazzi di colore e consapevolezza all’interno del suo nucleo. La ribellione verso schemi precostituiti e stantii dà corpo alla vibrante voce dell’anima e la fa esplodere di costante energia vitale.
Ogni settore del quotidiano, della cultura e dell’arte ha esplorato a fondo tale tematica, stimolando continui dibattiti e riflessioni.
NELLA MUSICA:
Nell’ambito musicale tante son state le voci fuori dal coro: vi era addirittura un gruppo beat italiano attivo negli anni ’60 chiamato “Pecore nere”. Il loro primo 45 giri contiene “Ricordo un ragazzo”, canzone dedicata a Luigi Tenco che si caratterizzava per queste semplici, ma significative frasi:
“Ricordo un ragazzo/ dall’aria un po’ triste/ di lui si diceva/ che era un poeta./ Aveva da dire/ qualcosa di nuovo/ comprò una chitarra/ si mise a cantare. / Ricordo le note/ di quella chitarra / vestite di poche/ ma vere parole./ Qualcuno ascoltava/ nessuno capiva/ e lui ne soffriva/ sempre di più./ Non era il denaro /che desiderava/ cercava soltanto/ di farsi capire/ ma sulla sua strada/ crescevano sassi./ Non vide fiorire/ neppure una rosa.”
Una magistrale pecora nera nel panorama musicale italiano è indubbiamente il grande cantautore Francesco Guccini, che nel suo suggestivo ed eloquente pezzo intitolato “Canzone di Notte n°2” del 1976 dice:
“Ma i moralisti han chiuso i bar /e le morali han chiuso i vostri cuori e spento i vostri ardori/
è bello ritornar “normalità”/ è facile tornare con le tante stanche pecore bianche! /Scusate, non mi lego a questa schiera: /morrò pecora nera!
Saranno cose già sentite /o scritte sopra un metro un po’ stantio, / ma intanto questo è mio
e poi, voi queste cose non le dite,/ poi certo per chi non è abituato/ pensare è sconsigliato/ poi è bene essere un poco diffidente / per chi è un po’ differente..
Ma adesso avete voi il potere,/ adesso avete voi supremazia, diritto e Polizia, gli dei, i comandamenti ed il dovere, / purtroppo, non so come, siete in tanti e molti qui davanti
ignorano quel tarlo mai sincero / che chiamano Pensiero…”
Nell’altra sua intramontabile canzone “L’avvelenata” , sempre del 1976, dice:
“…va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il “crucifige” e così sia,/ chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato./ Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante,/ mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d’un cantante:/ giovane e ingenuo io ho perso la testa, sian stati i libri o il mio provincialismo./ Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossìa,/ però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia;/ io canto quando posso, come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi:/ vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso…
Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso,/ mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso/ e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:/ ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare …”
Un’altra monumentale pecora nera, oltre che esempio di straordinaria resilienza, è stato Pierangelo Bertoli. Egli ha trascorso l’intera esistenza su una sedia a rotelle a causa di una tremenda malattia: la poliomielite. Avrebbe avuto tutte le ragioni di questo mondo per abbattersi e mollare, ma ha sempre combattuto a viso aperto e non s’è mai fatto scoraggiare da questo brutto male. Lungi da lui fare la vittima o piangersi addosso, lui dispensava sorrisi ed emozioni con la sua toccante sensibilità e con i suoi occhi puri e sinceri. Indomabile come un uragano e schietto come pochi, non ha mai rinunciato ad essere se stesso fino in fondo, anche a costo di andare controcorrente. Dotato di caparbietà e rara integrità, è andato sempre dritto come un treno, rifiutando ipocrisie e compromessi e affrontando la vita con la potenza di un guerriero, come cantava lui stesso nel suo meraviglioso pezzo, “A muso duro” del 1979, inno alla nobiltà dell’autenticità, intriso di parole di eccezionale senso:
“E adesso che farò, non so che dire / e ho freddo come quando stavo solo./ Ho sempre scritto i versi con la penna/ non ordini precisi di lavoro./ Ho sempre odiato i porci ed i ruffiani/ e quelli che rubavano un salario/ i falsi che si fanno una carriera con certe prestazioni fuori orario.
Ho speso quattro secoli di vita/e ho fatto mille viaggi nei deserti/perché volevo dire ciò che penso / volevo andare avanti ad occhi aperti / adesso dovrei fare le canzoni / con i dosaggi esatti degli esperti /magari poi vestirmi come un fesso/ per fare il deficiente nei concerti.
Canterò le mie canzoni per la strada/ ed affronterò la vita a muso duro. / Un guerriero senza patria e senza spada/ con un piede nel passato /e lo sguardo dritto e aperto nel futuro./ E non so se avrò gli amici a farmi il coro/o se avrò soltanto volti sconosciuti/ canterò le mie canzoni a tutti loro / e alla fine della strada/ potrò dire che i miei giorni li ho vissuti.”
NELLA PSICOLOGIA:
Alejandro Jodorowsky, illustre artista cileno poliedrico ed eclettico, celebre come poeta, scenografo, regista, mimo e attore, ci presenta due fascinosi mondi: la “Psicogenealogia” e la “Metagenealogia”.
La “Psicogenealogia” è lo studio dell’albero genealogico e di come il passato familiare possa influenzare l’individuo. Con il termine “Metagenealogia”, invece, non si intende esclusivamente l’analisi del passato familiare, ma anche quell’insieme di obiettivi, intenzioni e talenti da sviluppare per realizzare noi stessi e far emergere la nostra unicità. Ad esempio: in un albero dove non c’è mai stato un artista, può esserci la seguente convinzione: “è impossibile vivere con la propria creatività: ogni artista è destinato a morire di fame”. Se un membro della famiglia ha una vocazione particolare (ad esempio scrivere poesie), è ovvio che questa credenza familiare peserà su questa persona. Si può, tuttavia, anche immaginare che l’albero abbia proprio bisogno di un poeta, cioè del talento e della passione di questa persona, per rigenerarsi e dare nuova linfa ai suoi rami.
Le idee di Jodorowsky in merito alle influenze dell’albero genealogico sono nette: ʺTutti siamo marcati, per non dire contaminati, dall’universo psicomentale dei nostri antenati. Così, molti individui, fanno propria una personalità che non è la loro, ma che proviene da uno o più membri della loro cerchia affettiva. Nascere in famiglia è in qualche modo essere posseduti e tale possessione si trasmette di generazione in generazione. La persona stregata si converte in stregone, proiettando sui figli ciò che prima era stato proiettato su di lei, a meno che non acquisti consapevolezza di tale funzionamento, rompendo il circolo viziosoʺ.
Jodorowsky sostiene: “Tutti dovrebbero conoscere il proprio albero genealogico. La famiglia è il nostro forziere del tesoro, ma anche la nostra trappola mortale.”
Nel suo libro “Metagenealogia. La famiglia, un tesoro e un tranello”, scritto assieme a Marianne Costa, afferma infatti che la famiglia rappresenta un tranello perché può ingabbiare l’essenza dell’individuo che non riesce a svincolarsi da determinati schemi. Può, tuttavia, tramutarsi in un tesoro, nel momento in cui egli riesce a “guarire”: a diventare, cioè, ciò che realmente è. In quell’esatto momento tutte le disarmonie presenti nel suo albero genealogico acquistano un senso, poiché hanno contribuito a creare una persona libera, autentica e con un elevato grado di coscienza.
Prosegue inoltre: “La verità non può essere posseduta da nessuno, poiché la verità è quello che è utile in un momento ben definito, in un luogo definito e per un essere definito.”
Un passo interessante del suo libro svela: “In una prospettiva metagenealogica, tutto il lavoro sui segreti di famiglia va in una sola direzione: l’albero intero protende verso la Coscienza. Quando continuano a succedersi generazioni dotate di un livello di Coscienza molto basso, l’albero tende ad autoeliminarsi:
- Cessa di riprodursi;
- Tutti i suoi membri diventano dei religiosi;
- Si autodistrugge;
- Si autoesilia.
Per contrastare la tendenza all’autodistruzione, l’albero genealogico genererà uno o più discendenti coscienti che lo salvino da se stesso. Paradossalmente, questi mutanti dell’albero genealogico sono sovente considerati come “pecore nere” dalla loro famiglia: se ereditare dall’albero significa perpetuare un basso livello di Coscienza, il discendente in cerca di un senso sarà rifiutato dalla famiglia, in un primo tempo. La Coscienza progredisce solo se incontra degli ostacoli. Per evitare che una malattia invada l’organismo in cui si è manifestata, ci vogliono degli anticorpi. Vi sono aspetti del passato che frenano l’avanzata della Coscienza, e viceversa la Coscienza lotta contro l’inerzia del passato. Si produce così nell’albero un equilibrio tra le personalità: alcuni discendenti, apparentemente sbucati dal nulla, arrivano a correggere la tendenza patologica dell’albero genealogico verso questa o quella forma d’inerzia. Ed è così che uno scienziato può essere il salvatore di un albero di artisti, e un esperto di finanza può rigenerare un albero pieno di bohémien irresponsabili…o viceversa.”
Lo psicoanalista e sessuologo Mauro Cosmai, nel suo interessante libro “Homo capiens. Dalla qualità alla quantità della vita” afferma deciso: “Uscire dal gregge non è roba da poco. D’altra parte questa uscita se non ontogenetica va ricercata negli stereotipi: se l’originalità non la si ha dentro la si cerca fuori, aggregandosi per necessità a un altro gregge ma sempre convinti di essere tra le pecore più bianche che comunque si differenziano. E anche la solita pecora nera non è più quella cattiva ma quella che affronta criticamente alcuni aspetti dell’illuminazione.”
Bert Hellinger, famoso psicologo, scrittore tedesco e acuto studioso di teologia e pedagogia, a partire dal 1980 espone le basi delle sue linee teoretiche e metodologiche riguardo alle Costellazioni Familiari Sistemiche, tecnica efficace che permette di agire sulla famiglia, ossia di “mettere in scena” le problematiche provenienti dalla situazione familiare. Accade, purtroppo, di frequente che sussistano delle disarmonie o degli irretimenti che, se non risolti, possono portare un componente della famiglia a vivere una vita non sua. Le Costellazioni Familiari agiscono proprio per captare le informazioni necessarie per comprendere cosa sia realmente successo e per sciogliere pesanti fardelli interiori.
Hellinger si esprime nei seguenti termini sul concetto di “pecora nera”:
“Coloro che sono chiamate “Pecore Nere” della famiglia, sono in realtà Cercatori di cammini di liberazione per l’albero genealogico.
Quei membri dell’albero che non si adattano alle norme o alle tradizioni del Sistema Familiare, coloro che fin da piccoli cercano costantemente di rivoluzionare le credenze, andando contromano ai cammini segnati dalle tradizioni familiari, quelli criticati, giudicati e anche rifiutati, loro, generalmente sono chiamati a liberare l’albero dalle storie che si ripetono e frustrano generazioni intere.
Le “Pecore Nere”, quelle che non si adattano, quelle che gridano ribellione, loro riparano, disintossicano e creano un nuovo e fiorente ramo nell’albero genealogico. Grazie a questi membri, i nostri alberi rinnovano le loro radici. La loro ribellione è terra fertile, la loro pazzia è acqua che nutre, la loro passione è fuoco che riaccende il cuore degli antenati. Irraccontabili sogni repressi, sogni non realizzati, talenti frustrati dei nostri antenati, si manifestano nella ribellione di tali pecore nere che cercano di realizzarli.
L’albero genealogico avrà la tendenza a mantenere il corso castrante e tossico del suo tronco, il quale rende difficile e conflittuale la vita di tali pecore.
Cura la tua “unicità” come il fiore più prezioso dell’albero. Sei il sogno realizzato di tutti i tuoi antenati.”
Questa riflessione di Hellinger così acuta e densa di senso dice tutto, non c’è bisogno di aggiungere altro.
Concludendo: evviva le pecore nere!