Redazione-“ Santa Muerte de mi corazón, no me desempares con tu protección” è l’inizio di molte delle preghiere rivolte alla Santissima Muerte.
Nonostante molti devoti la considerino una figura compassionevole che offre protezione agli emarginati, che abbraccia tutti senza distinzioni di razza, sesso e orientamento politico, ormai è conosciuta nel mondo specialmente come la protettrice dei narcotrafficanti messicani, «chi conosce la Santa Muerte ne è consapevole soprattutto grazie alla sua popolarità tra i cartelli della droga» (Blumberg, 2014).
Il culto è cresciuto molto negli ultimi decenni, in particolar modo in quegli ambienti messicani dove i preti cattolici erano forti sostenitori della cosiddetta Teologia della Liberazione, ovvero un movimento che ha tentato di coniugare il socialismo all’idea di salvezza come liberazione dalle ingiustizie. Come afferma L. L. Roush, una delle più attive studiose della situazione messicana, proprio con lo scemare di tale movimento la Santa Muerte ha potuto riempire i vuoti causati dalla perdita di fiducia negli altri santi. La trasgressione connessa al culto è una sorta di critica alla Chiesa che ha abbandonato i credenti, tuttavia restando cattolici (cfr. Blumberg, 2014).
Il culto della santa storicamente prende piede nei contesti di crisi e con la crescita dell’emarginazione sociale. La Santa Muerte attrae infatti soprattutto devoti che vivono “vicini alla morte”, che conducono vite pericolose o che in generale hanno familiarità con la morte per condizione o estrazione sociale. È possibile identificare nel quartiere di Tepito, Città del Messico, il cuore pulsante del culto. Si tratta del quartiere più antico e allo stesso tempo più bistrattato ma è in una delle sue vie, per la precisione al numero 12 di Calle de Alfarerìa, che possiamo trovare uno degli altari dedicati alla Santa Muerte più famosi e ormai meta di pellegrinaggio. L’altare, di proprietà della signora Enriqueta Romero, detta Doña Queta, venne reso pubblico dal 31 Ottobre del 2001 dopo un lungo periodo di clandestinità, infatti prima di questa data le cerimonie erano riservate ai vicini di casa o alle amicizie più strette. Gli altari normalmente venivano custoditi gelosamente lontano dagli occhi degli sconosciuti (cfr. Lorusso, 2013). Ai piedi degli altari si possono trovare svariati tipi di doni e offerte alla santa: candele, sigarette, cibo, tequila, fiori e oggetti preziosi; in pratica tutto ciò che più sembra adatto come tributo o ringraziamento in cambio di benedizioni e protezione.
Le origini del culto sono poco chiare ed esistono perlopiù delle ipotesi al riguardo. Più accreditata la tesi secondo cui la pratica devozionale sia l’essere il risultato del sincretismo fra le tradizioni indigene pre-colombiane e i tentativi di cristianizzazione della chiesa cattolica. Il culto, già presente storicamente in epoca precoloniale, ha trovato terreno fertile nella tradizione cattolica portata dai colonizzatori. Il “giorno dei morti” cattolico, reinterpretato dal folklore indigeno, ha probabilmente prodotto una connessione con la figura della Regina Mictecacìhuatl, la “Dama della morte” (cfr. Lorusso, 2013). La stessa figura dello scheletro è un elemento piuttosto ricorrente nell’iconografia cattolica occidentale ed esasperato dalle numerose “compagnie della buona morte” trapiantate nelle Americhe.
Tuttavia l’adorazione è stata duramente condannata dalla Chiesa, soprattutto durante l’Inquisizione spagnola, tanto che sopravvisse esclusivamente in clandestinità fino agli anni Novanta. Nel 1754 un editto ufficiale costrinse alla distruzione degli idoli e dei luoghi dove sorgevano gli altari. In realtà tutt’ora la Chiesa Cattolica accusa il culto di avere una connotazione satanica. Il culto della Santa Muerte nasce a partire dalla religione ufficiale ma può distaccarsene fino a porsi in netta contrapposizione, come afferma Chesnut « se Cristo ha sconfitto la morte, venerandola in pratica si venera un suo nemico» (Chesnut, 2012).
Ma come si presenta la Santa Muerte? Tante sono le sue rappresentazioni come tanti sono i suoi nomi e soprannomi di un’immagine che ormai è venerata da circa 10 milioni di persone nel mondo: i più comuni sono la Señora, la Patrona, la Flaca o Flaquita e ovviamente la Santissima. Secondo Chesnut si tratta della più rapida crescita di un movimento religioso in America.
L’immagine è indubbiamente ricca di simbolismi risalenti alle diverse epoche: si possono notare riferimenti alla tradizione ed alla mitologia greca e romana, fino ad arrivare ovviamente al medioevo cristiano europeo, integrati poi agli elementi indigeni messicani. Solitamente le sculture della Patrona, che ritraggono tutte scheletri, stanno in piedi stringendo in una mano una falce e il mondo nell’altra. Esistono anche altre versioni dove è seduta sul trono o sul mondo stesso ma sono meno diffuse. La simbologia è molto chiara e i significati sono di facile accesso per tutti. La falce è lo strumento universalmente associato alla morte è ciò che usa per mietere vite ma è anche l’attrezzo con il quale il contadino porta a termine il raccolto o estirpa le erbacce; nessuna, buona o cattiva, viene risparmiata. Anche il significato del mondo di per sé è molto chiaro, la morte infatti non conosce limiti o frontiere, raggiunge tutti nel mondo e non c è luogo dove nascondersi (cfr. Lorusso, 2013).
Esistono molti altri simboli che vanno ad adornare e completare le raffigurazioni dai significati altrettanto ben definiti: la scultura può impugnare tra le mani una bilancia, simbolo di giustizia e imparzialità; arco e frecce, che richiamano la velocità con la quale la morte può colpire; una clessidra, che rappresenta lo scorrere del tempo che ci avvicina ai nostri ultimi attimi (cfr. Lorusso, 2013).
Uno degli elementi caratteristici della religiosità popolare messicana è la vestizione dei santi, o meglio delle sculture che li rappresentano, e ovviamente la Señora non ne è esente, infatti esistono molti modelli e colori diversi impiegati. L’abito principalmente utilizzato è una veste bianca, espressione di purezza e armonia, ma a seconda delle richieste e delle necessità possiamo imbatterci in tuniche dorate (che richiamano i soldi e la ricchezza), abiti rossi (nelle invocazioni per questioni passionali e amorose), verdi(indicate per petizioni di carattere giuridico) e gialle (per afflizioni dolorose causate da malattie). Un abito completamente nero rappresenta poi una protezione totale. Senza dubbio la rappresentazione che più colpisce resta la “santa dei sette poteri”, che indossa una veste di appunto sette colori che riassumono tutte le protezioni possibili (cfr. Chesnut, 2012).
La sua diffusione globale oggi è dovuta soprattutto a Internet, che l’ha incoronata come prima “santa globale 2.0” (cfr. Lorusso, 2014). A partire dalla fine degli anni ’90 tutte le notizie più scioccanti della cronaca nazionale messicana sono sottolineate dalla presenza della santa. Nei covi e nelle abitazioni di alcuni dei maggiori esponenti della criminalità e del narcotraffico venivano infatti solitamente rinvenuti altari e immagini ad essa dedicati. Tali ritrovamenti le valsero l’attuale reputazione di “Santa dei Narcos”. È soprattutto durante le retate del 2001 che vennero alla luce i collegamenti più significativi tra la Santa Muerte e i cartelli della droga. Secondo uno studio americano, elaborato dall’Ufficio per gli Studi Militari Stranieri, il culto sembra assiciarsi proprio ai comportamenti devianti. L’invocazione della morte sembra incrementare l’impatto dei comportamenti criminosi, ma non solo, alcuni esponenti delle bande usano la sua immagine come collante per il “branco”; attraverso la religione la violenza viene giustificata. È tuttavia importante dire che questo genere di plagio non è causato dal culto in sé, ma piuttosto è un fenomeno comune che in assenza della santa si manifesterebbe tirando in causa altre figure sacre.
In conclusione possiamo affermare che il culto della Santa Muerte è fondamentalmente caratterizzato da due facce della stessa medaglia: la capacità di attirare sia gli emarginati e i bisognosi, sia i criminali e i cultori della morte perché parte integrante del loro modo di vivere. Un successo dovuto soprattutto al fatto che i devoti non si sentono giudicati, ma soprattutto accettati senza distinzioni (cfr. Facio-Krajcer, 2014). La morte è un qualcosa di familiare che si riveste del manto del sacro.