Redazione- Il parenting è il processo di diventare genitore e prendersi cura di qualcuno. Il tema delle competenze genitoriali centra l’attenzione sull’influenza che le pratiche di allevamento hanno sullo sviluppo dei figli (Lanz 2000), ovvero la modalità di un genitore di soddisfare i bisogni fondamentali del proprio figlio dal punto di visto psicofisiologico. Diventare genitori vuol dire entrare in una nuova fase evolutiva di trasformazione, in una dinamica reciproca di regolazione interattiva ed autoregolazione che si rimodella nel tempo .
Le ricerche sulle relazioni primarie , a partire dagli anni ottanta, hanno studiato le possibili configurazioni di quello che viene definito il triangolo primario , ossia della capacità da parte del bambino di formare nella propria mente una idea di “tessuto di relazioni” in cui si inserisce il “senso interno della relazionalità”.
Il neonato , dunque, sarebbe predisposto per una interazione “polifonica” con l’ambiente e le interazioni triadiche qualora attuassero alleanze problematiche, regolerebbero relazioni conflittuali.
Dai risultati di alcune ricerche emerge come la relazione coniugale abbia un impatto sulla qualità di parenting; il “calore familiare” (inteso come affetto e tenerezza tra i genitori e verso il bambino) ha correlazioni forti con lo sviluppo socio-emotivo del bambino e con le successive interazioni con i pari (Fivaz-Depeursinge 1999).
Secondo l’ipotesi della “common factor”(Binda 1997) ,inoltre, le caratteristiche di personalità dei genitori potrebbero essere ritenute come variabili esplicative alla base sia della relazione instaurata con il figlio che di quella tra i partner. Secondo Belsky, la qualità della relazione coniugale influirebbe sulla interazione padre-bambino. I padri che vivono un legame stressante con la propria compagna sarebbero meno attivamente coinvolti nelle pratiche di accudimento del bambino.
Sostanzialmente la soddisfazione di coppia cosi come gli effetti della maternità sulla paternità , possono concorrere o costituire un predittore nel determinare la qualità del rapporto paterno con i figli (Feldman 2000).
Qualora la soddisfazione di coppia e una adeguata negoziazione dei ruoli e delle responsabilità costituissero un fattore protettivo sul parenting, tuttavia, la nascita diverrebbe uno dei fattori di rischio della relazione. Questo perché la presenza del
bambino avvia una trasformazione dei rapporti di coppia: cambia l’immagine e la rappresentazione del partner, cambiano le esperienze di intimità, fiducia, supporto. Il fare spazio ad un terzo richiede una transizione dalla “fusionalità” della coppia alla differenziazione di sé in rapporto al partner ed al bambino, rendendo necessarie una diversificazione ed integrazione di ruoli e funzioni (Zavattini 1999).
Sulle dinamiche e competenze genitoriali, vanno considerati i processi trasformativi individuali che implicano una rivisitazione delle rappresentazioni interne del genitore con un cruciale passaggio dall’investimento su di se a quello sul bambino.
Prendersi cura e dare sostegno, richiederebbero, allora, condizioni di consapevolezza sulla vulnerabilità con rischi di distorsioni psicopatologiche.
In tal senso la clinica si è soffermata sul come ai figli venga spesso affidata una aspettativa riparativa come tentativo di risanare aspetti irrisolti o dolorosi della propria storia personale, sia rispetto all’immagine di sé come figli dei genitori avuti in sorte, sia rispetto all’immagine di sé come genitore (Zavattini 1999).
I “fantasmi dei genitori nella stanza dei bambini” indicano come il comportamento di accudimento possa essere ingombrato dal passato dei genitori, impedendo il contatto con i bisogni reali del bambino (Fraiberg 1975).
In realtà, una madre, già nel corso della gravidanza, inizia a costruire un rapporto con il bambino attraverso fantasie e rappresentazioni che le permettono di creare un legame con lui.
Nella sua mente si crea la rappresentazione del bambino fantasmatico corrispondente alle proprie fantasie edipiche infantili. Insieme al padre fantasticheranno intorno ad un bambino immaginario corrispondente alle loro aspettative attuali relative al figlio.
la comparsa, poi, del bambino reale comporterà da parte di entrambi un complesso processo di confronto ed elaborazione (Lebovici 1983).
Il bambino , allora, potrà diventare, a seconda delle rappresentazioni genitoriali:
- tirannico: configurandosi come il portavoce degli aspetti rivendicativi rivolti ai propri genitori ed insiti nel sé infantile del genitore.
- sostituto: di un parente morto se il genitore se lo rappresenta con le caratteristiche di tale parente.
- fragile: se diventa la rappresentazione degli aspetti inadeguati del genitore.
In tale prospettiva la valutazione delle rappresentazioni genitoriali assume un valore predittivo
In definitiva, l’assetto mentale genitoriale della madre conduce, a partire dalla gravidanza, alla formazione di una nuova identità , come Stern ama definire “costellazione materna”.
Ed è proprio il progressivo affermarsi di tale modello teorico e clinico di tipo relazionale che ha posto la necessità di individuare nuovi strumenti di valutazione nelle relazioni precoci tra genitori e bambino.
Il Lausanne Trilogue play (LTP) sembra rispondere a tale esigenza fornendo una visione globale delle dinamiche e mettendo in luce limiti e risorse del funzionamento relazionale. Esso consiste in una metodologia di osservazione standardizzata del gioco a tre, applicabile in vari contesti di intervento clinico (Mazzoni 2006).
Sarebbe possibile, in tal modo, intervenire a livello preventivo potendo valutare sia la corrispondenza tra l’emergenza soggettiva psicopatologica del figlio e la disfunzionalità familiare, sia la corrispondenza tra la gravità della disfunzionalità familiare
ed i diversi tipi di intervento terapeutico ( Mazzoni 2006).