“LAVORARE NELLE ISTITUZIONI, LA NECESSARIA MULTIDISCIPLINARIETA’ NELLA PROSPETTIVA DELLE EVIDENCE BASE” – DOTT.SSA ANTOLELLA FORTUNA

( DOTT.SSA ANTONELLA FORTUNA, PSICOLOGA CLINICA, PSICOTERAPEUTA DINAMICA)

Redazione-  La gestione della presa in carico delle persone, avviene nell’ottica della multidisciplinarietà ed apre una prospettiva di lavoro in rete, in cui nell’affidare ad un case manager la fase di “ presa in carico ed accompagnamento”  è necessaria per la riprogrammazione e la riprogettazione nell’attuazione del processo di cura.

Nel gruppo di lavoro la comunicazione si realizza su quattro livelli:

  • un primo livello dei contenuti, relativo alla definizione del caso problematico, degli obiettivi e delle operazioni per raggiungerli;
  • un secondo livello dei metodi, legato all’organizzazione della comunicazione, dei suoi spazi, tempi e modalità di turnazione;
  • un terzo livello dei processi comunicativi, dato dalla struttura conversazionale;
  • un ultimo livello delle dinamiche di gruppo, relativo alla gestione di eventuali conflitti e altri “giochi relazionali”.

L’obiettivo è anche quello di attivare un setting  con “ priorità” quali:

creazione di un clima favorevole per la comunicazione

utilizzazione delle   risorse di ogni singolo membro

presenza di un coordinatore, con la funzione anche di moderatore, perché il  lavoro di equipe, oltre ad essere un momento culturale e formativo, rappresenti un’importante occasione di confronto.

Chi oggi è chiamato a coordinare gruppi di lavoro deve saper allenare la loro capacità generativache vuol dire essere immersi in un flusso d’esperienza è tenere insieme cura dell’io e cura del noi in un gruppo coeso.

Per comprendere il fenomeno, si pensi ad una realtà definita come “l’organizzazione nascosta“: dominata dalle emozioni umane, dalle paure e dai desideri delle persone, dai miti e dalle fantasie, dalle ansie individuali e collettive e dalle difese che tentano di annullarle oltre ad altri elementi fondamentali come “Le buone prassi diagnostiche e terapeutiche nella clinica”.

Una dimensione che si  sviluppa con la formazione, l’esperienza, la riflessione, la professionalità, lo spirito di osservazione, il bisogno di confronto, l’aspirazione di cambiare, la stima nei colleghi, fiducia nell’organizzazione, la voglia di migliorare, il desiderio di aiutare, il sogno di innovare e la  critica costruttiva.

Tali e tanti sono i campi di applicazione:

–  Orientamento alla complessità sociale e organizzativa

– Diverse concezioni di razionalità organizzativa

–  Strutture e schemi organizzativi

– La sistematizzazione del quadro concettuale di riferimento

–  L’attore sociale

–  Proposte per una lettura e interpretazione dei fenomeni organizzativi

–  Elementi per un percorso di analisi organizzativa.

Con metodi di lavoro che richiedono approcci puntuali, quali:

  1. il lavoro di rete
  2. il mutuo aiuto
  3. le attività nell’ambito dei focus group
  4. l’impostazione di ricerche partecipate

 

Il lavoro sociale, per far fronte alla complessità strutturale del nostro tempo, richiede la capacità di creare connessioni, reti, contesti collaborativi e di scambio: accrescere la cultura del lavoro di gruppo costituisce quindi una sfida e un investimento.

La psicoterapia si sperimenta all’interno delle istituzioni attraverso le tecniche e le metodologie di progettazione, conduzione e valutazione del lavoro di gruppo in ambito sociale,  come prerequisiti essenziali per attivare diritti di cittadinanza sociale, accrescere competenze di utenti ed educatori ed avviare percorsi d’integrazione globale.

Il tempo  della cura nei Servizi è  un tempo lineare, misurato e misurabile, affannato, in una logica di urgenza ; un tempo rapido e predefinito delle terapie ( Evidence Base).

 Una prassi terapeutica basata sulle “evidenze cliniche” ci induce alcune domande:

Qual è la cura opportuna per questo paziente in questo momento?,

Che “attrezzatura” teorica e pratica abbiamo a disposizione?

Un tempo gia’ pensato da diversi autori per  offrire la psicoterapia in un contesto istituzionalizzato : da Karl Abraham a Freud ed il lavoro di Bion (“Esperienza nei gruppi”) , quello di Otto Kernberg (“Disturbi gravi della personalità”) dove sono citate esperienze psicoanalitiche in ambito istituzionale.

“Nella cura del singolo – dice Bion – la nevrosi è spiegata come problema individuale. Nella cura del gruppo deve essere spiegata come problema del gruppo”.

Per tali ragioni il tempo terapeutico nelle istituzioni è un tempo a sè stante in cui devono poter comparire il singolo ed il gruppo, l’urgenza e la peculiarita’ soggettiva, gli obiettivi a breve termine sino al follow up.

La gestione dei gruppi, nella sua dinamica, favorisce lo sviluppo del Sé dei suoi membri nelle  competenze per gestire e facilitare suddivise tra quelle riferite al ‘sapere’, al ‘saper fare’ e al ‘saper essere’ mentre i luoghi dove si svolge l’attività psicoterapeutica nelle istituzioni sono:

  • la rete dei servizi psichiatrici
  • i servizi per le tossicodipendenze
  • quelli di neuropsichiatria infantile
  • le comunità psichiatriche
  • le comunità per le patologie delle dipendenze.

In sostanza tutti quei luoghi o  strutture, dove lo psicoterapeuta svolge la sua professione nel  dover confrontare il lavoro (direttamente o indirettamente) con altre figure che fanno parte di un equipe: il medico, l’assistente sociale, l’infermiere, l’educatore, e dove ognuna delle figure ha un ruolo nell’intervento e nelle attività cliniche rivolte al paziente .

All’interno dell’orientamento psicoanalitico relazionale si colloca anche la concezione teorica de “Il Ruolo terapeutico”, che pone in primo piano l’importanza della realtà interpersonale del soggetto nello sviluppo psichico e della personalità, che vede il terapeuta attivamente impegnato a co-costruire con il paziente il campo relazionale all’interno del quale entrambi si muovono,  determinandolo in maniera rilevante.

Tutto in un contesto teorico che ritiene che la configurazione psichica di ogni individuo si costituisca sulla base di esperienze di relazione, a partire dalle interiorizzazioni e dalle rappresentazioni interne di esperienze interpersonali che vengono poi costantemente riattualizzate in ogni relazione intrattenuta dal soggetto.

Bisogna offrire al paziente la possibilità di fare un’esperienza nuova di sé stesso a partire dall’incontro con lo psicoterapeuta, sviluppando la capacità di ripensare il proprio disagio secondo l’ottica del proprio mondo interno e delle proprie fantasie inconsce. Tale obiettivo viene perseguito soprattutto attraverso la significazione di quanto l’hic et nunc dell’interazione analitica ripropone del mondo delle rappresentazioni e della storia relazionale passata del soggetto, rilevando e rimandando continuamente al paziente come si muove nella relazione con il terapeuta. La compartecipazione di paziente e analista permette la costruzione progressiva di un nuovo “racconto” di sé, nel quale perviene alla coscienza del paziente qualcosa che fino ad allora era assente; diventa cioè possibile per il soggetto iniziare a percepire come il suo modo di vedere se stesso e il mondo sia frutto di un suo personale codice emozionale e come sia, nell’attualità, attore ed artefice della propria condizione di disagio, consentendogli in questo modo di riappropriarsi della sua soggettività, cosi da potersi riconoscere come “domandante” la cura, intesa come percorso di analisi e conoscenza di sé, della quale si possa assumere responsabilità insieme al terapeuta.

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