” DEI DELITTI E DELLE PENE DIGNITA’ E UMANITA’ ” – DI VALTER MARCONE

Redazione-  Quando viene pubblicato “ Dei delitti e delle pene “ di Cesare Beccaria era l’anno 1764. Maria Teresa d’Austria (1717-1780) e Giuseppe II (1741-1790) ,sovrani illuminati, si adoperano per favorire un riformismo moderato che dà vita al cosiddetto illuminismo lombardo in stretto rapporto con quello francese. I temi caratterizzanti sono allora quelli del riordino generale del sistema economico-giuridico del tempo contro l’immobilismo aristocratico e quindi per una collaborazione degli intellettuali alla gestione della cosa pubblica. Giuseppe Parini (1729-1799) con l’ode La caduta o il poemetto “Il Giorno”, Carlo Goldoni (1807-1793) con le sue commedie teatrali e Vittorio Alfieri (1749-1803) con le tragedie adottano nelle opere una sobrietà di toni che si allontana dal barocco pieno di ridondanze nelle parole dei versi e nelle pietre dele architetture . L’Accademia dei Pugni, istituzione culturale fondata a Milano nel 1761 dei fratelli Verri, Beccaria ed altri intellettuali milanesi e il periodico «Il Caffè» (1764-1766) che, ispirandosi all’inglese «Spectator», diffonde gli ideali dell’Illuminismo , contribuiscono a creare un clima propenso per una riforma civile di cui indubbiamente furono propugnatori e protagonisti Cesare Beccaria, i fratelli Alessandro (1741-1816) e Pietro Verri (1728-1797) attivi animatori di battaglie amminsitrative e legislative e della vita culturale milanese.

Cesare Beccaria, membro ormai dell’Accademia dei pugni, pubblica nel 1764 il saggio Dei delitti e delle pene, ispirato dall’amico Pietro Verri che da par suo scrive tra le altre una dissertazione sulla abolizione della tortura recepita il 2 gennaio del 1776 dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria che abolisce da quella data la tortura e riduce massicciamente l’utilizzo della pena di morte, consigliando vivamente alle province austriache e boeme di adeguarsi a tale indirizzo. “ Dei delitti e delle pene “ è’ sicuramente un’opera rivoluzionaria che dopo la traduzione francese viene conosciuta in tutta l’Europa. Prende in esame il decadimento della giustizia al tempo dell’autore, ancora legata all’arretrata legislazione di Giustiniano (il Corpus iuris civilis del VI secolo d.C.) e alla sua revisione per mano di Carlo V (1500-1558)e lo proietta nel futuro tanto da essere giunto fino a noi come un esempio non solo illuminato di esame soprattutto della pena . Si inserisce in una riflessione sui fondamenti del diritto moderno che si basa sulla teoria della divisione dei poteri di Montesquieu , Helvétius, e sul Contratto sociale di Rousseau. Per l’aspetto biografico Beccaria seguirà Verri a Parigi proprio nel momento in cui maggiore era l’accoglienza della sua opera nell’intera Europa. Preso da nostalgia però se ne tornò in Italia e visse insegnando economia, in disparte fino alla morte.

Quindi “Dei delitti e delle pene” è una dissertazione sulla natura e i principi della punizione inferta dalla legge a chi abbia commesso qualche reato e la funzione della pena è proprio quella di impedire al colpevole di infrangere nuovamente le leggi, e di distogliere gli altri cittadini dal commettere colpe analoghe. Il discorso di Beccaria diventa rivoluzionario nel vero senso della parola quando considera il tema della tortura, pratica largamente in uso per ottenere le confessioni ritenendola uno strumento inefficace e perverso per ottenere un’illusione di verità. Altrettanto centrale è il discorso sulla pena di morte che non ha alcun fondamento giuridico.

In conclusione la pena non dev’essere terribile e breve, ma certa ,umana e rispettosa appunto della dignità umana.

L’occasione per questa riflessione viene dalle cronache di qualche mese fa relative al caso dell’italiana Salis incarcerata in Ungheria in custodia cautelare in attesa di giudizio, comparsa ammanettata e retta da un agente con una catena alla prima udienza. Una condizione che molti si sono affrettati a definire disumana e che in realtà lo è , così come le condizioni di detenzione secondo le testimonianze della stessa Salis.

La vicenda Salis e le immagini relative al suo stato di detenzione è stata indicata come esempio di applicazione di una norma penale , quella della carcerazione preventiva, non rispettosa della dignità umana .La riflessione che segue vuole appunto esaminare tale condizione in vari contesti, italiano , europeo, extra europeo che però esula in questa sede , dai fatti specifici che le vengono contestati e per i quali è chiamata a difendersi in un processo sospeso al momento per la sua elezione al parlamento europeo .Una condizione che appartiene ad una barbarie giuridica che purtroppo offre altri esempi .

Tra questi il caso dei detenuti di Guantanamo in America e dei detenuti nel carcere di Abu Ghraib, vicino a Baghdad che voglio brevemente ricordare .

Dopo l’11 settembre 2001 gli Stati Uniti dettero vita ad una guerra senza quartiere contro il terrorismo che aveva portato morte e distruzione proprio nel cuore degli stessi States. Una delle iniziative fu l’apertura di una prigione nella base navale degli Stati Uniti a Guantánamo Bay, Cuba, per ottenere informazioni d’intelligence.

Secondo Amnesty internazionale : “ Guantánamo Bay diventò presto un luogo di torture e maltrattamenti, un buco nero dei diritti umani. Trasferimenti segreti, interrogatori in regime di isolamento, alimentazione forzata durante gli scioperi della fame, torture, sparizioni forzate, totale diniego del diritto a un giusto processo. Questo è quello che perpetuano da 20 anni le autorità degli Stati Uniti. Alcuni dei prigionieri, soprattutto all’inizio del periodo di detenzione, sono stati sottoposti a feroci torture, molti altri hanno sviluppato gravi problemi di salute mentale.”

Tutto documentato a gennaio 2002, quando emersero alcune fotografie che testimoniavano queste enormi violazioni: nelle foto rilasciate dalle stesse autorità, si vedevano detenuti, appena arrivati nella base navale degli Stati Uniti a Guantánamo Bay, Cuba, inginocchiati, incatenati, ammanettati e bendati. Erano lì perché sospettati di avere contatti con Al-Qaida.

Nel 2022 erano ancora 39 i detenuti a Guantanamo Bay . In venti anni sono state 780 le persone imprigionate in quel carcere. Le commissioni militari incaricate di processare i sospetti terroristi hanno emesso solo otto condanne due delle quali vengono attualmente scontate all’interno del centro di detenzione. Su 780 prigionieri entrati a Guantánamo ne sono stati rilasciati più di 700, restituiti poi a quasi 59 paesi.

Il 28 aprile del 2004, poco più di 20 anni anni fa, 60 minutes un programma d’inchiesta della rete televisiva americana CBS mostrò le immagini delle torture e degli abusi subiti dai prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib, vicino a Baghdad. Le immagini facevano vedere il comportamento di soldati e soldatesse che infliggevano umiliazioni e soprattutto si rivolgevano all’obiettivo con gesti di ilarità e di soddisfazione. Pratiche incoraggiate anche dai superiori secondo il racconto di alcuni militari , pur se gli interrogatori venivano condotti da specialisti della Cia e da contractor e non dai militari .

A proposito di condizioni lesive dei diritti umani ricordo che i detenuti negli Stati Uniti d’America compaiono nella realtà ma anche nella finzione cinematografica che siamo abituati a vedere con manette ai polsi e alle caviglie e spesso con lunghe catene rette dai sorveglianti .

Parlare di pena dunque significa anche parlare di condizioni carcerarie.

A cominciare proprio dal nostro paese dove i detenuti presenti nelle strutture erano a luglio del 2024 , 61.468, a fronte di una capienza di 47.067 posti disponibili negli istituti penitenziari. Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale sono i problemi che rendono l’esecuzione della pena non rispettosa della dignità umana. Tanto che sul tema del sovraffollamento carcerario in Italia assumono rilievo due pronunce della Corte europea dei diritti, espressamente richiamate anche da un messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere. In particolare in quel messaggio il Presidente della Repubblica ricorda che tra i rimedi al “carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario” in Italia, la Corte ha citato la raccomandazione del Consiglio d’Europa “a ricorrere il più possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, allo scopo, tra l’altro, di risolvere il problema della crescita della popolazione carceraria”.

Dalle carceri italiane a quelle degli stati membri dell’Unione Europea. Secondo l’annuario statistico del Ministero degli esteri oltre 1.471 persone di cittadinanza italiana si trovano nelle carceri degli stati membri dell’Unione europea, 231 in paesi europei ma fuori dall’Unione, 217 nelle Americhe, 24 nell’area del Mediterraneo e del Medio oriente, 12 nei paesi dell’Africa subsahariana e 114 tra Asia e Oceania. La maggior parte, 713, è rinchiusa nelle carceri tedesche, seguono poi quelle francesi, spagnole e croate, con 230, 229 e 157. Fuori dall’Unione, i paesi con più detenuti italiani sono il Regno Unito con 126, la Svizzera con 73, il Brasile e gli Stati uniti con 33 e 31 e l’Australia con 27.

L’unica associazione che si occupa di dare assistenza a queste persone e alle loro famiglie si chiama Prigionieri del silenzio nata a Grosseto nel 2008 e si occupa di difendere i diritti dei detenuti italiani all’estero, creare un movimento di opinione pubblica a loro favore e promuovere iniziative di assistenza economico sociale per le famiglie.

La ONLUS Prigionieri del Silenzio, con sede in Via Giosuè Carducci n.26 – 58100 Grosseto presso lo Studio Carnicelli, costituita nel Febbraio 2008, si occupa concretamente della tutela dei diritti umani degli oltre 3.000 Italiani detenuti all’estero.

Tra i principali scopi dell’Associazione, come stabilito dall’art. 4 del suo Statuto, vi sono:

  • Perseguire finalità di utilità sociale promuovendo attività che abbiano natura solidaristica e aggregativa per il consolidamento della pacifica convivenza, per la difesa dei diritti civili dei cittadini italiani detenuti nelle carceri di paesi esteri e le famiglie residenti in Italia.
  • Creare un movimento di opinione pubblica in favore dei detenuti Italiani all’estero.
  • Promuovere ed attuare iniziative, economico-sociali per sostenere le famiglie dei detenuti nell’affrontare spese legali e giudiziali per il perseguimento degli scopi associativi.
  • Sostenere moralmente ed assistere economicamente, le famiglie, nel reinserimento della vita sociale dei detenuti al termine dello sconto della pena.

L’Italia non prevede, in questi casi, l’istituto del gratuito patrocinio e anche gli aiuti che possono essere concessi dai Consolati italiani sono solo facoltativi. Tutto ciò causa condizioni di detenzione inique e una tutela legale debole o inesistente che comporta in taluni casi, condanne ingiuste. (1)

Dall’altro versante ad agosto 2024 i detenuti stranieri presenti negli istituti di pena in Italia hanno raggiunto la cifra di 19.507 unità, 1.097 in più rispetto alla stessa date dello scorso anno per un incremento del 5,9%, leggermente superiore alla variazione del 5,7% di tutta la popolazione detenuta.

A proposito di questa popolazione carceraria l’Associazione Antigone pone in evidenza uno dei principali problemi che la riguardano : “Tanto a livello di rilevazioni statistiche quanto di norme e pratiche penitenziarie, i detenuti stranieri costituiscono una fascia di popolazione detenuta che viene trattata in modo tendenzialmente indistinto, come se al proprio interno contenesse un’unica e omogenea categoria di persone. Dal punto di vista delle politiche criminali, ma anche da quello del trattamento penitenziario e delle possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione, sarebbe invece importante aprire una riflessione capace di distinguere tra le varie comunità straniere. “ (2)

Una distinzione dunque che consiste nella scomposizione delle nazionalità “… al fine di avere uno sguardo più utile e penetrante sulla situazione. Ogni nazionalità presenta dati, problemi, storie criminali e sociali, bisogni di salute e necessità culturali differenti. Una buona politica penitenziaria dovrebbe tenerne conto allo scopo di individualizzare il trattamento delle persone detenute come previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario. Le nazioni oggi più rappresentate tra gli stranieri detenuti sono, elencando in ordine decrescente quelle che vedono almeno 400 persone detenute: Marocco, Romania, Albania, Tunisia, Nigeria, Egitto, Senegal, Algeria, Gambia. Le prime posizioni delle nazionalità più numerose sono sostanzialmente le stesse rispetto a dieci anni fa “

Ma torniamo a Cesare Beccaria. E’ sicuramente avvilente leggere le cronache e i documenti da cui in parte ho tratto gli esempi che ho condiviso, a distanza di due secoli e mezzo dalla pubblicazione del saggio “ Dei delitti e delle pene”. Sembra che non sia passato tutto questo tempo tanto che l’attualità delle considerazioni espresse da Beccaria in tema di tortura, di pena di morte, di dignità della pena a cui fanno eco quelle di Pietro Verri ricordano una fondamentale conquista giuridica . Negli anni di un illuminismo giuridico penale soprattutto lombardo a cui si ispirano le moderne legislazioni in questo settore da “ Dei delitti e delle pene” pubblicato sulla rivista il Caffè al trittico di opere giuridiche del Verri : l’Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese (1763), Sulla interpretazione delle leggi (1765), e quello più interessante di tutti, le Osservazioni sulla tortura del 1776.

( 1)http:prigionieridelsilenzio.com

(2 )https://www.rapportoantigone.it/ventesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/stranieri/

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