“CHE CI FANNO ANCORA IN PRIGIONE”- DI VALTER MARCONE

Redazione- Che ci fanno ancora in prigione “ quattro “discoli , minori sporchi ,brutti e cattivi in questo 2022 e forse anche per il 2023 e per gli anni a venire. Chiusi dentro gli Istituti Penali minorenni , sia in custodia cautelare che in esecuzione di pena ,al 15 dicembre 2022 , quelli che ho chiamati quattro discoli in realtà erano 390 maschi e 10 femmine che sommati fanno 400, di età compresa tra i 14 e i 24 anni. Un trend che dura ormai da vent’anni quasi stabile. Erano 424 nel 2011 ed erano restati costanti fino dal 2000 , con l’eccezione della diminuzione in corrispondenza del 2006 anno dell’indulto, immediatamente recuperata. Quattrocento ragazzi nei confronti dei 1336 accolti nei servizi residenziali (Centri di Prima accoglienza, Comunità residenziali ministeriali, Comunità residenziali private). Ma soprattutto nei confronti , in valore assoluto, dei 21.332 minori giovani adulti , presi in carico dall’Ufficio Servizio Sociale minorenni (7.325 mf presi in carico solo nel 2022) che erano 14.744 mf già nel 2007. Un esercito di giovani adulti entrati nel circuito penale per reati contro il patrimonio e, in particolare, dei reati di furto e rapina. Con frequenti violazioni delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti, mentre tra i reati contro la persona prevalgono le lesioni personali volontarie. Un numero impressionante di minori coinvolti nel circuiti penale protagonisti di un fenomeno sul quale bisognerebbe mettere la lente d’ingrandimento per capirne i presupposti, i motivi, le soluzioni. Ma questo è un altro discorso che non interessa questa riflessione. Un ragionare, in queste righe, che vuole appunto riflettere proprio su che cosa ancora quei quattrocento giovani negli Istituti penali minorenni tenuto conto del fatto che di minori degli anni 18 veri e propri sono di quel numero una parte esigua. Tanto che per esempio nell’Istituto penale minorenni di Milano , il Beccaria, da cui prende l’incipit questa riflessione per la fuga di alcuni giovani ivi ristretti i minori veri e propri sono appena nove . Come pure numeri esigui si possono riscontrare negli altri diciassette istituti per minori. Tanto che viene da dire che forse quei minori potrebbero fruire di misure alternative alla carcerazione e tutti gli istituti minorili potrebbero essere consegnati in blocco al Dap , il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che si occupa degli adulti per alleviare il problema del sovraffollamento. Anche se anche in quel caso potrebbero essere varate misure che depenalizzando alcuni reati porterebbero ad una netta diminuzione del numero dei presenti . Ma questa è un’idea che confligge con la volontà di avviare a soluzione un problema che rende gli istituti penali invivibili ( come dimostrano per esempio i suicidi e vanivicano il dettato costituzionale sulla pena ) stando ai provvedimenti ultimi che tenderebbero a far rientrare in carcere dal 1 gennaio quanti hanno potuto fruire, a causa della pandemia appunto, di un regime alternativo .un numero esiguo si pu

Non è dunque un mistero l’assunto di questa riflessione che va nella direzione di chiudere e abolire gli Istituti penali per minori .Per le considerazioni e le motivazioni che seguono .

Ad osservare i numeri delle statistiche sul sito della giustizia minorile ( 1) nel settore specifico della analisi e dei servizi si potrebbero fare molte altre considerazione ma la domanda che più esprime l’evidenza e l’urgenza di un ragionamento nuovo in merito a tutta la materia relativa al disagio e cosiddetto disadattamento minorile che si esprime nella rottura del patto sociale e quindi nella violazione del codice penale, anche se non solo in questo modo , ( 2) è una sola : “ che ci fanno ancora nel 2022 quattrocento giovani adulti negli istituti penali minorenni”. In una condizione di sovraffollamento, di carenza di personale di polizia penitenziaria, di inadeguatezza degli edifici , di lavori di manutenzione che durano decenni , di vera segregazione per quanto si voglia operare per realizzare condizioni di apertura e osmosi con la comunità esterna. Quello che si voleva evitare ,fin da 1934 con la realizzazione di servizi espressamente destinati ai minori , vedi la nascita del Tribunale per i Minorenni e poi conseguentemente con il nuovo processo penale minorile e il nuovo regolamento carcerario , in realtà concretamente si verifica oggi : l’interruzione di quei processi di formazione e di crescita fondamentali per ogni adolescente ristretto .

Da sempre la “preoccupazione” maggiore che gli operatori minorili ( parlo degli ultimi cinquanta anni ) hanno espresso e per cui hanno lavorato è stata quella di assicurare che venissero : “garantiti i diritti soggettivi dei minori alla crescita armonica psico-fisica, allo studio, alla salute, con particolare riguardo alla non interruzione dei processi educativi in atto ed al mantenimento dei legami con le figure significative.” riuscendo negli anni a mettere in piedi una articolazione e soprattutto “ diversità “ dei servizi minorili, grazie anche all’apporto della Magistratura minorile e di alcuni fondamentali interventi del legislatore ( autonomia del Dipartimento,nuovo propcesso penale minorile ) che stanno a dimostrare come l’intervento della giustizia minorile per quanti appunto entrano nel circuito penale tenda a garantire e a soddisfare tutte le esigenze del minore.

Perchè allora la giustizia minorile non riesce ancora a fare il passo successivo, ormai sono anni dall’entrata in vigore del nuovo processo penale minorile, che offre concrete opportunità di trattamento alternativo al carcere e quindi a smantellare i diciassette istituti penali minorenni. Nella tradizione italiana della giustizia minorile la carcerazione è fortunatamente residuale ma oggi, non basta più. I numeri dei ragazzi detenuti sono estremamente bassi. I minorenni sono meno di duecento. I giovani adulti, ossia con età compresa tra i 18 e i 25 anni, ( e sulla decisione di ospitare queste classi di età occorrerà riflettere attentamente,ovvero sul perchè sia stata presa quella decisione ) meno di trecento.Dal 27 giugno 2014 i giovani condannati sono custoditi negli istituti di pena per minori fino all’età di 25 anni, non più solo fino a 21 Con il risultato che lo sforzo maggiore in tutti gli Istituti è quello di provare ad evitare che minori e giovani adulti facciano vita comune.

Allora dunque meno di duecento minori quelli tra i 14 e i 18 anni . Un apparato che sarebbe già scomparso da tempo se non si fosse aperto ai giovani adulti. Una decisione inspiegabile. Oggi per quei duecento minori è un apparato inutile che soffre incongruenze ma anche forti limitazioni , solo se pensiamo all’insufficiente organigramma della polizia penitenziaria. Una polizia che anche in questo caso dovrebbe rivedere il suo ruolo e la sua funzione declinata in modo innovativo , ovvero con l’esercizio esterno , sul territorio, di sicurezza e vigilanza all’interno di una equipe sempre territoriale composta da educatori, psicologi, assistenti sociali, poliziotti penitenziari, e tutta un’altra serie di figure professionali che di volta in volta possono essere coinvolte nel trattamento dei singoli casi .

Per funzionare al meglio, la giustizia minorile dovrebbe costituire un attore tra altri. Non può essere l’unico. Ma spesso è stata lasciata e viene lasciata sola. La cooperazione, l’associazionismo, la scuola, gli Enti Locali, le Regioni sono necessari. Anche per porre fine alla pratica ancora ricorrente che è purtroppo quella dei continui trasferimenti dei ragazzi ritenuti difficili. Troppo spesso essi vengono trattati come fossero pacchi. Senza tener conto anche, ultima preoccupazione ma non proprio ultima, del costo di un posto negli Istituti Penali Minorenni . Per gli adulti «un recente studio della Bocconi ha messo in evidenza che ogni detenuto costa alla comunità 154 euro al giorno, di cui solo sei per il mantenimento del detenuto, appena 35 centesimi per la sua rieducazione, prevista dalla Costituzione italiana “.( 3 ) Anche se in realtà dopo la pandemia il costo si è abbassato a 137 euro .

Infatti : “un detenuto costa allo Stato circa 137 euro al giorno. Questo importo, moltiplicato per l’intera popolazione carceraria (che ammonta a circa 60 mila detenuti) produce un risultato niente male: oltre otto milioni di euro (otto milioni e duecentoventimila, per l’esattezza). Andando oltre, e cioè moltiplicando il costo di tutti i detenuti presenti nelle carceri italiane per i giorni dell’anno, ci troviamo davanti ad una cifra esorbitante: circa di tre miliardi di euro. È questo il costo annuale dei detenuti in Italia. Attenzione: gli importi sopra indicati non si riferiscono al costo personale per singolo detenuto. Questa spesa, però, non serve a coprire solamente le esigenze personali del carcerato; al contrario! Oltre l’ottanta per cento di questi 137 euro è destinato a spese per il personale civile e di polizia penitenziaria. In pratica, per le spese strettamente personali inerenti ad ogni detenuto, lo Stato spende circa venti euro. Probabilmente con interventi sul territorio questi tre miliardi di euro potrebbero produrre ben altri risultati.

Certo le esperienze europee non incoraggiano questo discorso e l’Europa assente in molte materie , che spesso si volge dall’altra parte in presenza di problemi concreti, che mette in piedi percorsi pieni di ostacoli alla realizzazione di semplici soluzioni in molti settori anche in questo caso fa sentire appunto la sua latitanza. In altre parole si limita solo ad adottare la direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati in procedimenti penali e a raccomandare i l’adattamento alle esigenze specifiche dei minori essendo tenuti a rispettare i loro diritti dei sistemi giudiziari in Europa . Propone , è vero anche altre norme che potremmo definire di riflesso ( 4 ) ma nulla che si riferisca espressamente a direttive nei confronti dei minori detenuti se non diverse Raccomandazioni che, sebbene non abbiano carattere vincolante, contengono principi che gli Stati membri dovrebbero tenere in considerazione nella legislazione nazionale in tema di diritto minorile ed esecuzione penale minorile. Come dunque per esempio la Raccomandazione (87) 20 sulle ‘Reazioni sociali alla delinquenza minorile’ che sancisce l’obiettivo della rieducazione del minore e del reinserimento sociale, limitando la carcerazione alla estrema ratio del sistema, in vista di un incremento della diversione e della mediazione, nonché delle misure quali l’affidamento in prova e la riparazione. Si sottolinea, inoltre, l’opportunità di delineare un autonomo sistema di pene minorili. Oppure la Raccomandazione (1988) 6 sulle reazioni sociali al comportamento delinquenziale dei giovani provenienti dalle famiglie di migranti o ancora la Raccomandazione (1999) 19 sulla prevenzione del crimine e degli autori di reato che promuove la mediazione pubblica e privata. Fino alla Raccomandazione (2000) 20 sull’intervento precoce nella prevenzione dei comportamenti criminosi .

Poi una serie di raccomandazioni appunto sulla giustizia minorile come quella del 2003 sulle nuove modalità di trattamento della delinquenza giovanile ed il ruolo della giustizia minorile 

Concerne le modalità di trattamento della delinquenza minorile ed il ruolo della giustizia minorile e persegue gli obiettivi della prevenzione, della reintegrazione e riabilitazione del minore, nonché del trattamento con finalità educativa e coinvolgente anche la famiglia del minore. O la Raccomandazione (2004) 10 riguardante la protezione dei diritti umani e della dignità dei soggetti con disturbi mentali , la raccomandazione (2005) 5 sui diritti dei minori ospiti in istituti di custodia

la raccomandazione (2006) 2 (cc.dd. ‘Regole penitenziarie europee’). Quest’ultima pone
l’accento sulla diversità del regime a carico dei minori, caratterizzato dalla necessità di assicurare il reinserimento sociale e dalla possibilità di accedere ai servizi sociali e psicologici, ricreativi ed educativi, che siano pari a quelli offerti ai minori in libertà. Si evidenzia, inoltre, la necessità che lo stato detentivo non pregiudichi la dignità umana e sia indirizzato alla fattiva opera di offrire attività costruttive al detenuto nell’ottica di un reinserimento socio-lavorativo. E infine la

Raccomandazione (2008) 11 (“Regole europee per i minori sottoposti a sanzioni e misure restrittive della libertà personale”) che rappresenta un atto di indirizzo politico riguardante il diritto penitenziario minorile ed i suoi allegati costituiscono un ordinamento penitenziario minimo a livello europeo. In tali regole si ribadiscono i principi della proporzionalità e del minimo intervento.

E la Raccomandazione (2012) 12 sulla condizione e sui diritti dei minori stranieri detenuti o sottoposti a procedimenti penali con il Documento del Commissario per i diritti umani del 2009 “Minori e giustizia minorile: proposte di miglioramento” che illustra i principi cui dovrebbero ispirarsi le finalità dell’ordinamento penitenziario minorile, ovvero: prevenzione della delinquenza; diversione del procedimento; diversione fondata sui bisogni del minore al primo reato ovvero recidivo; pena individuata nel superiore interesse del minore; priorità per le misure non detentive e basate sulla comunità; custodia cautelare solo in casi eccezionali; detenzione quale extrema ratio; assicurazione dei diritti ai minori detenuti; trattamento mirato alla reintegrazione del minore in società, da svolgersi prevalentemente in ambienti ristretti.

Ogni stato europeo quindi adotta una sua linea di intervento .

Ma per meglio capire dobbiamo fare riferimento all’universo carcerario dei paesi europei ,ovvero alle detenzioni degli adulti . I dati possono essere letti dal rapporto SPACE I 2021 (Statistiques Pénales Annuelles du Conseil de l’Europe ). Il report viene annualmente aggiornato dal 1983, mappando la realtà degli istituti penitenziari negli Stati membri del Consiglio d’Europa. In particolare, si raccolgono (tramite la somministrazione di un questionario alla rete di corrispondenti nazionali), verificano e processano dati relativi agli istituti di pena europei (numero di detenuti, flussi in entrata ed in uscita, tasso di sovraffollamento), oltre a quelli relativi alle caratteristiche dei detenuti (nazionalità, età, genere, tipo di reato commesso, percentuale di recidivi, durata delle pene inflitte). Nel rinviare alla lettura del rapporto allegato, segnaliamo alcuni tra i dati di maggior interesse. (5 )

Dunque al 31 gennaio 2021 questi risultavano ospitare 1.414.172 persone. Ciò equivale a dire che, nell’area del Consiglio d’Europa, su 100.000 abitanti erano 102 quelli privati della libertà personale nelle carceri europee (erano 106 nel 2019, prima della pandemia). È bene evidenziare fin da subito che, come a più riprese viene sottolineato nel rapporto, si è registrato un generale trend decrescente nel numero dei detenuti, dovuto, in parte, anche alle misure di contenimento introdotte nel 2020 al fine di arginare la diffusione della pandemia da COVID-19. Le misure limitative della libertà di circolazione, a vario titolo adottate, hanno infatti contribuito ad una diminuzione di molte delle offline offences e ad un aumento di alcuni tipi di online offences (e quindi ad un minor numero di persone arrestate negli spazi pubblici e poste in stato di detenzione), nonché ad un rallentamento delle attività degli uffici giudiziari. Come già rilevato nel 2019, mantengono comunque le prime tre posizioni, ben oltre la media europea, Russia, Turchia e Georgia, che, rispettivamente, contano, su 100.000 abitanti, 328.1, 325.4 e 231.9 detenuti; i numeri più esigui si registrano, invece, in Germania, Olanda, Svizzera e nei cinque Paesi nordici. L’Italia si mantiene al di sotto della mediana, con un totale di 53.329 detenuti e cioè 90 su 100.000 abitanti; in linea con il trend decrescente.

Ora contro il 1.414.172 di adulti detenuti negli istituti penitenziari europei del 2021 , i minori erano già nel 2019 , 4873 secondo l’Osservatorio sui sistemi carcerari europei di Antigone con un trend in discesa che parte dagli anni Ottanta del Novecento Nel corso degli anni Ottanta abbiamo assistito ad un processo di decarcerizzazione dei minori in diversi paesi europei. In particolare, in Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna ; il numero dei minori reclusi ha iniziato a scendere e in alcuni di questi paesi esso si è ridotto alla metà nel corso del decennio. Le cause di questa tendenza sono differenti nei vari contesti nazionali, comprendendo la riduzione dei reati contestati in tribunale ai minori, la riduzione del numero di minorenni detenuti in attesa di giudizio e la diminuzione della lunghezza delle pene comminate.

Alla base di queste trasformazioni nella politica e nella pratica stava una mutata concezione della gioventù. I giovani erano visti sempre più come vittime bisognose di aiuto e di guida piuttosto che di punizione In Inghilterra, ad esempio, la delinquenza giovanile divenne una risorsa scarsa e differenti agenzie entrarono in concorrenza per il controllo di questo tipo di soggetti delinquenti.

Numeri della giustizia minorile che nei paesi europei ci mettono davanti a un quadro variegato.
Rispetto ai paesi vicini con popolazioni numericamente comparabili alla nostra, l’Italia fa un ricorso residuale alla detenzione dei minorenni. Il carcere è davvero un’
extrema ratio cui si arriva nei casi più gravi, come mostrano i 172 minorenni detenuti a fine 2017 (157 a gennaio 2020). Francia e Germania, nello stesso periodo, mettevano dietro le sbarre 794 minori , cioè rispettivamente 3 e 4 volte di più, in proporzione (dunque tenendo conto delle loro e della nostra popolazione). Anche il Regno Unito, allora in Europa, con i suoi 895 minorenni dietro le sbarre incarcerava proporzionalmente più del quadruplo rispetto all’Italia (paese in cui c’erano 0,28 minorenni in carcere ogni 100.000 abitanti). Pochissimo sopra l’Italia il Portogallo, ma meglio di noi facevano la Finlandia, con i suoi 6 minorenni detenuti, ma anche l’Olanda, che non ne aveva nemmeno uno. Peggio di tutti faceva la Polonia, con 1421 minori negli istituti di pena. ( 6)

Il modello dunque è quello olandese . Forse .

“Uscire dal carcere non è che l’inizio. Evadere dal proprio passato, questa è la vera sfida”
(La seconda prigione. Bennett Ronan) . Cos’ che possiamo dire che evadere dal carcere eè più facile che evadere dal proprio passato .

Purtroppo avviene nel carcere per adulti ma anche in quello per minori. Questo spazio per assurdo è l’unico spazio dove in ombra si vorrebbe promuovere l’individuo . Purtroppo come afferma

“Ancora oggi, la dichiarata funzione risocializzante orientata al dopo carcere e il principio, sotteso al sistema carcerario, di una promozione dell’individuo tale da poter svolgere un ruolo degno e appropriato nella società, sono in ombra rispetto alla funzione di controllo e alla capacità di rassicurare gli individui che stanno fuori. L’istanza di emarginazione è a tal punto radicata che la massa percepisce il carcere come luogo isolato e da isolarsi dal tessuto sociale: la detenzione rimane lo strumento migliore per prevenire le condotte di soggetti percepiti come
pericolosi, deviati e devianti, e il carcere lo spazio più adeguato per prendersi cura delle persone in
difficoltà e per prestare loro un servizio. La limitazione della libertà viene così legittimata e dalla
necessità della cura e da una finalità d’ordine (Benelli C. 2008 ).

Le prigioni non hanno un effetto risocializzante su coloro che per un certo periodo vi sono
internati (adulti o minori) (Mathiesen T. 1996), al contrario nascondono in sé almeno quattro
paradossi:

1) con l’intento di rieducare e di reintegrare il minore nella società, in realtà producono
devianza, etichettano l’individuo delinquente in quanto tale, e favoriscono la cultura
dell’esclusione (Mancuso R. 2001)

2)la dannosità del carcere viene riconosciuta, ma si tende a considerarlo non tanto come
un’istituzione totale, quanto come un fenomeno sociale inevitabile, come una esperienza
valida e accettabile soprattutto per i minori più cattivi (Mancuso R. 2001);

3) si asserisce che il carcere possa svolgere per breve tempo una funzione di contenimento
degli impulsi distruttivi, ma non è sostenibile che la privazione della libertà personale
permetta di eliminare la devianza, poiché la reclusione è lontana dal determinare una
modificazione permanente e positiva della struttura psico-sociale del soggetto (Ferrari L.
2015);

4) la risposta punitiva che si pone con la carcerazione implica che alla base del provvedimento
ci sia la consapevolezza e la comprensione della gravità dell’atto compiuto da parte di chi
delinque, specificatamente nel caso del minore: per poter punire l’individuo, il sistema
penale deve presupporre la capacità di intendere e volere dell’adolescente, quindi postulare
che egli abbia agito in modo libero e consapevole. Quest’ultima è una situazione complessa
di fronte alla quale si trova il giudice minorile, il quale, da un lato, deve rispettare l’esigenza
punitiva dello Stato, d’altro lato deve tutelare il diritto all’educazione del minore, che
ovviamente il carcere non può soddisfare pienamente in alcun modo (Ferrari L. 2015) (7 )

Scrive Tiziana Magliolo giornalista e deputata su Il Riformista di martedì 27 dicembre a proposito della notizia della evasione di sette minorenni dal carcere minorile Beccaria di Milano avvenuta nel pomeriggio del giorno di Natale a proposito dei minori e giovani adulti ristretti negli Istituti penali Minorenni : “Gli immigrati sono solo il 45%, e in genere sono responsabili di reati meno gravi di quelli commessi dai ragazzi italiani. Quello della nazionalità alla fine non è neppure un dato così importante. Quel che conta è che la giustizia minorile sia capace di tirar fuori questi ragazzi dalla propria identità di soggetto deviante. Perché quando la società dei buoni e onesti repressori ti avrà cucito addosso quel vestito, rischi di non togliertelo più. Perché sarai tu stesso a vederti nel tuo personale specchio sempre e solo così. Siamo noi società degli adulti, né buoni né cattivi, né onesti né disonesti, ma semplicemente adulti, a dover saltare un muro, oggi. Non per gridare la nostra soddisfazione nell’averli “catturati”, nel far loro scontare una condanna ulteriore, ad alcuni per la loro fuga di Natale e agli altri per aver bruciato i materassi con la rabbia di non essere riusciti a scappare anche loro, come i loro eroi che hanno saltato il muro. E neanche per usare la pena come deterrente rispetto ai comportamenti futuri. Cosa che non funziona con gli adulti, figuriamoci con i ragazzini. “

Con addosso quel vestito sono vissute intere generazioni di minori specialmente quando erano ancora aperte le Case di Rieducazione. In quelle Case si arrivava perchè si era pericolosi per se stessi e per gli altri, che era la stessa motivazione per il Riformatorio Giudiziario. Misure amministrative che portavano adolescenti di età anche inferiore ai quattordici anni, età in cui iniziativa l’eventuale imputabilità penale. Entravano in quegli istituti ragazzi che reagivano all’ambiente , che non accettavano le regole, disturbavano, facevano chiasso per strada, rompevano vetri alle finestre con il pallone, insomma venivano presi di mira per qualche motivo dalla comunità in cui vivevano. Oppure si trovavano in una condizione di disagio e di povertà che la Casa di rieducazione permetteva loro di fare quattro pasti al giorno, frequentare la scuola, dormire in un letto. Alcuni di loro entravano e non sapevano usare le posate per mangiare perchè mai si erano seduti a tavola per consumare un pasto. Naturalmente la medaglia aveva un risvolto e sempre o quasi sempre dovevano pagare dei prezzi abbastanza alti all’interno del gruppo dei pari o, come dice la Magliolo, si vedevano cuciti addosso un abito di devianti per tutta la vita. Le Case di rieducazione furono chiuse nel 1976 con l’attribuzione alle regioni del comparto assistenziale secondo la riforma dell’art 117 della Costituzione .

Ma continua Tiziana Magliolo : “Il punto è proprio un altro, i giudici e gli operatori specializzati del settore minorile non possono avere come orizzonte il puro accertamento del reato, ma l’incontro con persone ancora in formazione. Come sono i minori, e anche i giovani adulti, che da un po’ di tempo, con grande scandalo di alcuni, rimangono per qualche anno negli istituti minorili anche dopo i diciotto anni. E spesso si salvano la vita, proprio perché vengono tenuti lontano dal carcere. Potrà parere “scandaloso”, ma lo dice lo stesso codice di procedura penale minorile il fatto che la detenzione debba essere uno strumento residuale, la famosa ultima spiaggia dopo il fallimento di soluzioni alternative. Ma il pericolo è che la detenzione, in luogo di essere utile per un cambiamento, se non un difficile ravvedimento, ottenga l’effetto opposto, cioè la conferma della propria emarginazione, il rafforzamento dell’immagine identitaria di sé come soggetto deviante. “ E conclude : “Rompere il muro dell’insicurezza, in definitiva, dire a ciascuno di questi ragazzi “tu vali”, tu non sei solo quella cosa lì, la devianza, il reato. Quindi va benissimo che, anche con l’intervento del ministro Salvini, si concludano quei lavori all’interno del Beccaria che paiono fermi da quindici anni. E naturalmente solidarietà agli agenti intossicati dal fumo prodotto dagli incendi. Ma, per carità, pur senza far finta che il gesto di ribellione sia esistito e vada in qualche modo sanzionato, non cominciamo a chiedere pene esemplari anche per i ragazzi. Ricordiamo invece sempre che, accanto ai loro doveri, ci sono i loro diritti: all’educazione, alla formazione, ma anche alla protezione. Perché una società che non sa proteggere i propri figli è una società feroce che pensa solo a “catturare”. Una società sconfitta, alla fine.”

Occorre allora che la nostra società faccia uno sforzo perchè appunto “ il pericolo è che la detenzione, in luogo di essere utile per un cambiamento, se non un difficile ravvedimento, ottenga l’effetto opposto, cioè la conferma della propria emarginazione, il rafforzamento dell’immagine identitaria di sé come soggetto deviante”.

Uno sforzo che è poi un piccolo sforzo. Una specie di ultimo miglio . Un modo di rivedere e di riconsiderare i giovani, anche quelli devianti, alla stessa stregua di soggetti fragili e da proteggere. Punire chi è stato già punito una volta dalla vita non può essere la soluzione. Sbattere in cella un ragazzino che ha sbagliato non lo aiuterà a capire l’errore né tantomeno gli farà avere la sensazione di poter avere una possibilità in questo mondo. Anzi, il contrario: si sentirà l’ultimo tra gli ultimi. Quando parliamo di minori in area penale, parliamo di ragazzini smarriti, soli al mondo, che vengono da famiglie che a loro volta hanno vissuto enormi disagi sociali. Parliamo di ragazzi che non credono a niente e a nessuno.

Le dimensioni sono limitate , si tratta di soli quattrocento ragazzi e di appena diciassette istituti che ospitano a mala pena un numero bassissimo di ragazzi nei vari cointesti regionali . Per esempio al 15 gennaio 2022 erano presenti Nell’Istituto Penale Minorenni “ Casal del Marco “ di Roma 21 ragazzi, tra cui 9 minorenni e 12 giovani adulti. Gli ingressi nell’anno 2021, compresi i trasferimenti da altri istituti, sono stati di 91 ragazzi detenuti con una presenza media giornaliera di 30,7. Nove minorenni il 15 gennaio 2022 !

Storicamente va ricordato che cosa è avvenuto negli ultimi decenni . Partendo proprio dai concetti di depenalizzazione, decarcerazione e abolizione . (8 )

Decarcerazione indica una politica volta a proporre strategie di controllo sociale al di fuori di pratiche di sequestro all’interno delle istituzioni totali.

Appare chiaro come la cultura della giustizia minorile, abbia sempre rappresentato il settore di diffusione non solo di politiche decarcerizzanti, ma anche delle teorie c.d.’ abolizionistiche’ . Esse, diffusesi in Italia soprattutto attraverso la rivista “Dei delitti e delle pene” sostennero, con forza, l’assoluta inutilità del sistema di contenimento e di punizione di tipo penale. La giustizia non risultava applicata in modo uguale nei confronti di tutti e ciò comportava la produzione di situazioni di ulteriore disuguaglianza, di disgregazione sociale e di emarginazione; da cui la necessità di abbattere il sistema penale.

Gli abolizionisti proposero l’uso di mezzi disciplinari di tipo assistenziale, in alternativa alle risposte di tipo penale, ritenendo, comunque che fosse, anche in questo caso, necessario limitare l’intervento a quelle condotte assolutamente da controllatre.

Le posizioni più radicali delle istanze di decarcerizzazione, tese a negare comunque e sempre l’opportunità di operare attraverso l’internamento, poterono trovare soddisfazione anche all’interno di più vasti progetti abolizionisti.

Le posizioni più moderate, invece, che intesero la risposta segregativa come ultima ratio, mantennero una portata più limitata, di opposizione alla scelta custodiale.

La politica di decarcerizzazione è stata sempre , però, più ambigua e di difficile decodificazione rispetto a quella tesa alla totale abolizione del carcere (9)

Uno sforzo dicevo vista anche la dimensione numerica dei minori in custodia cautelare e in esecuzione di pena presenti nei singoli nei carceri minorili .Presenze rilevate per esempio dal Quinto Rapporto di Antigone sugli Istituti Penali per Minorenni,( anno 2020) frutto del monitoraggio diretto delle carceri minorili da parte degli osservatori dell’associazione, autorizzati dal Ministero della Giustizia a visitare tutti gli istituti di pena italiani e a utilizzare videocamere per filmare gli spazi interni e per intervistare detenuti e operatori. Questo rapporto e videnzia come gli Ipm ospitavano al febbraio 2020 poco più di 370 ragazzi, a fronte dei circa 13.000 che sono in carico al sistema. Un minimo storico. Oggi il numero dei ragazzi detenuti è ulteriormente sceso a 298 a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Ma negli ultimi decenni raramente il numero è salito sopra le 500 unità.

Mai più di cinquecento minori dunque . Al 15 gennaio 2022 erano 316 i minori detenuti nelle carceri minorili italiane, a fronte di 13.611 ragazzi complessivamente in carico al servizi della giustizia minorile (il 2,3%) e a oltre 54.300 detenuti nelle carceri per adulti. Mai così pochi dal 2007.

Tanto che «Dalla riforma del sistema minorile dell’88 l’Italia ha il pregio di dare un esempio al resto d’Europa come pene alternative al carcere. Dobbiamo continuare così, non costruire nuovi istituti ma costruire comunità che accolgano e diano un futuro ai giovani che commettono reati», dice Susanna Marietti, responsabile del settore minorile per Antigone. I reati commessi sono diminuiti molto come gravità, le percentuali più alte si hanno per i reati contro il patrimonio, furti. Per esempio gli omicidi volontari consumati da minorenni si sono ridotti del 66%: 33 nel 2016 e 11 nel 2020. Ormai la maggior parte dei ragazzi ristretti negli istituti penali per minorenni non è in effetti minorenne. I maggiorenni erano al 15 gennaio il 58,5% del totale, un po’ meno tra i soli stranieri, il 56,4%, e decisamente di più tra le sole ragazze, il 62,5 per cento. (10)

E allora che ci fanno ancora quei quattro ragazzi in galera ? In attesa di un codice penale per i minori che soddisfi il principio, sancito nella Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989, del superiore interesse del minore ( eliminare per i minori il Codice Rocco e vada oltre la direttiva europea 800 del 2016 ) chiudere i diciassette Istituti Penali Minorili . Spostare gli operatori ,poliizia penitenziaria, educatori e tutto l’altro personale sul territorio e in accordo con la Magistratura minorile , realizzare un nuovo sistema di controllo sul territorio con diverse gradazioni di limitazioni della libertà personale che andrebbero a sostituire la custodia cautelare e l’esecuzione penale in carcere. Con una forte partecipazione degli Enti locali. La partecipazione dei servizi degli Enti Locali all’interno di un procedimento penale era già stata riconosciuta come
necessaria dalla Corte Costituzionale. Con la sent. n. 287 del 1987, infatti, la Corte ha ritenuto che i servizi relativi alla giustizia possano essere affidati agli Enti Locali. La tesi opposta, infatti, “corrisponde ad una superata concezione che ravvisa negli Enti Locali e negli interessi di cui sono portatori, situazioni secondarie marginali … La Costituzione, valorizzando decentramento e autonomie, ha invece, inteso sottolineare la opportunità che la cura di determinati interessi sia decentrata proprio per assicurare una più completa e penetrante realizzazione attraverso una decentrata organizzazione territoriale”. Cfr. Corte Costituzionale 28 luglio 1987, n. 287, in Giurisprudenza Costituzionale, 1987, p.2244.

Un intervento che il Dipartimento della Giustizia Minorile è sicuramente in grado di fare perchè ne ha la capacità e perchè è conseguente a quella storia che ha contraddistinto l’evoluzione del sistema penale minorile a cominciare , per essere più vicino a noi nel tempo, da quella “impresa educativa, sociale, psicologica e forse anche politica “ degli anni 70 avviata dal Consigliere Radaelli, poi Presidente del Tribunale per i Minorenni di L’Aquila. Ma anche da un’alto numero di magistrati Presidenti di Tribunali Minorenni (11) Una impresa che portò proprio alla nascita del Dipartimento della giustizia minorile e che vide impegnati in quel lavoro quotidiano uomini come Salvatore direttore storico del Beccaria , come De Leo con i suoi studi, e poi Viggiani , Sommella, Ciccarella , Marcone, Viale ,La Greca, Caponnetto,Palomba ,Fadiga ,De Orsi, Makovic. Silvestri ,Amendolia, Priore, Zanghi,Durastante, Marchesani, Aracu, e tanti altri . (12)

In alternativa attualizzare e contestualizzare ancora di più una misura che esiste da sempre solo nel processo penale minorile : il perdono giudiziale, tenuto conto anche dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale . Il tema della carcerazione minorile quale ultima ratio è oggetto anche della sentenza n. 120 del 1977 (Cfr. Corte Costituzionale 20 Giugno 1977, n. 120, in Giurisprudenza Costituzionale, 1977, p. 1075) con la quale la Corte ha sottolineato l’importanza del perdono giudiziale per consentire al minore di uscire dal circuito penale il prima possibile.
Si è osservato che il fatto che “il perdono giudiziale possa essere concesso solo ai minori ultraquattordicenni… dipende dalla minor fiducia del legislatore nell’efficacia rieducativa del carcere per i minori e dalla maggior fiducia nella possibilità del loro recupero sociale dopo il primo incontro con la giustizia penale”. L’obiettivo è quello di cercare forme alternative di intervento, in una cornice che, seppure giuridico-penale, è comunque, non istituzionale.
In relazione alla custodia cautelare, in effetti, le nuove misure cautelari delle prescrizioni (art. 20), della permanenza in casa (art. 21), del collocamento in comunità (art. 22), nonché la nuova disciplina dell’arresto in flagranza (art. 16) e del fermo di indiziato (art. 17), sembrano configurare una ulteriore diminuzione dell’uso di misure privative della libertà per ragioni processuali, se non altro per i delitti per i quali la legge prevede la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni, per i quali sono consentite soltanto misure diverse dalla custodia cautelare.
Altrettanto può dirsi del carcere come pena: la disciplina prevista dall’art. 30 in tema di pene sostitutive sembra strumento atto a ridurre il numero dei minori in carcere per l’esecuzione della pena . ( 13 )

( 1 )https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/Analisi_Servizi_minorili_15.12.2022.pdf

http://www.centrostudinisida.it/Statistica/statistiche_minori.html
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.page?selectedNode=0_6

( 2) Non è più possibile guardare ai numeri dei minori e giovani adulti entrati nel circuito penale per individuare disagio e disadattamento sociale che è solo una parte e forse residuale di questo fenomeno. Bisogna guardare ad altre condizioni di vita, ad altri numeri e ad altri fenomeni come quelli che spesso richiamiamo in occasione dei lokdawon per la pandemia da covid 19 : povertà educative, povertà materiali, problemi psicologici, solitudini , vittime di cyber bullismo

( 3 )Il 69,03% dei fondi del DAP è allocato ai costi di personale della polizia penitenziaria, percentuale in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente contrastata da un costante graduale aumento della spesa in valori assoluti. Rimanendo nell’ambito delle spese per il personale, un altro 7,44% del totale è allocato al personale amministrativo. Il totale delle spese per il personale ammonta quindi al 76,47% del budget dell’Amministrazione penitenziaria. Aumentano di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2018 i fondi allocati alla voce accoglienza, trattamento penitenziario e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie (pesando per il 10% sul budget del DAP) che comprende le spese per il vitto e il mantenimento dei detenuti (40% della voce accoglienza e trattamento penitenziario), per le mercedi (36% della stessa voce) e per istruzione, attività ricreative e asili nido per i figli delle detenute (purtroppo solo il 2,2% della medesima voce).

( 4 )Per incoraggiare i sistemi giudiziari a rispondere alle esigenze dei minori, la Commissione europea ha:

Nell’ambito della nuova strategia dell’UE sui diritti dei minori la Commissione s’impegna a:

  • proporre nel 2022 un’iniziativa legislativa trasversale per sostenere il riconoscimento reciproco della genitorialità tra gli Stati membri
  • contribuire alla formazione degli operatori della giustizia sui diritti dei minori e sulla giustizia a misura di minore, in linea con la strategia europea di formazione giudiziaria per il periodo 2021-2024, e attraverso la rete europea di formazione giudiziaria (EJTN), i programmi Giustizia e CERV, nonché la piattaforma europea di formazione del portale europeo della giustizia elettronica (e-Justice)
  • rafforzare l’attuazione delle linee guida del 2010 del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore
  • fornire un sostegno finanziario mirato a favore di progetti transnazionali e innovativi destinati a proteggere minori in contesto migratorio nell’ambito del nuovo Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF)
  • sostenere gli Stati membri nello sviluppo di alternative efficaci e praticabili alla detenzione dei minori nelle procedure di immigrazione.

( 5)https://www.sistemapenale.it/it/documenti/rapporto-space-i-2021-carcere-consiglio-deuropa

( 6)https://www.ragazzidentro.it/minori-e-giovani-adulti-in-europa-fra-detenzione-e-misure-alternative/

( 7)Benelli C. (2008). Promuovere formazione in carcere: Itinerari di educazione formale e non
formale nei luoghi di confine. Pisa: Edizioni del Cerro

Ferrari L. (2015). No Prison. Ovvero il fallimento del carcere. Soveria Mannelli: Rubbettino Ed

Mancuso R. (2001). Scuola e carcere. Educazione, organizzazione e processi comunicativi. Milano:
FrancoAngeli editore.

( 8) FONTE http://www.adir.unifi.it/rivista/2000/rugi/cap1.htm

( 9 )Cfr. T Mathiesen, The Politics of Abolition. Essay in Political Action Theory, M. Robertson, Oxford 1974; N. Christie, Abolire le pene?, Il paradosso del sistema penale, Gruppo Abele, Torino 1985; L. Hulsman, Peines perdues, Le Centurion, Parigi 1982; L. Hulsman, Abolire il sistema penale?, in Dei delitti e delle pene, 1, 1983, pp.71-89. Su posizioni più moderate, cfr., A. Baratta, Criminologia critica e critica del diritto penale, Il Mulino, Bologna 1982; M. Pavrini, La crisi della prevenzione speciale tra istanze garantiste e ideologie neoliberiste, in G. Cotturri, M. Ramat, Quali garanzie?, De Donato, Bari 1983.

(10 )https://www.osservatoriodiritti.it/2022/02/11/giustizia-minorile/

( 11 )Significativamente Paolo Vercellone, presidente del Tribunale dei minorenni di Torino dal 1970 al 1985, racconta di quegli anni: “C’erano Battistacci a Perugia, Cividali a Bologna, Meucci a Firenze, Moro a Roma… Questo nostro gruppo di Presidenti di tribunale era composto da persone tutte piuttosto autoritarie. Cercavamo di creare e di diffondere una diversa cultura e, parallelamente, gli operatori dei servizi sociali, gli educatori cominciavano, anch’essi,
a riflettere sul loro ruolo. Si facevano incontri ovunque, si battevano i pugni sui tavoli… Fu l’inizio della fine delle case di rieducazione. Più si svelava la realtà di queste istituzioni chiuse più le stesse amministrazioni radicalizzavano la loro scelta di soppressione di questi istituti”. Cfr. M. Bouchard, (a cura di), Una giustizia minore. Trent’anni di giustizia minorile nell’esperienza di Paolo Vercellone, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1997, pp. 37-38.

(12 ) Cfr. G. De Leo, La giustizia dei minori, Einaudi, Torino 1981

F. Palomba, Il sistema del nuovo processo penale minorile, Giuffrè, Milano 1989, p. 113 L-Fadiga , Una nuova cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Scritti di Alfredo Carlo Moro , Milano, 2006

( 13 )https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2010/09/Salvati_Giustizia-Minorile.pdf

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