” CARCERE E COSTITUZIONE ” – DI VALTER MARCONE (PRIMA PARTE)

Redazione-  Su queste pagine ho condiviso spesso con i lettori riflessioni in merito ad alcuni temi che attengono alla vita delle istituzioni carcerarie nel nostro paese : la condizione dei minori privati della libertà quindi in regime di custodia cautelare o di esecuzione di una pena e la condizione dei figli delle detenute madri oltre che le problematiche di quella galassia di vite che affolla , perchè il termine in questa emergenza è proprio “ affolla”, gli istituti penali per adulti del nostro paese . Un intervento, quello per gli adulti, che dispone in tutto una capienza di 51.207 ma che a giugno di quest’anno doveva ospitare almeno diecimila detenuti in più, ovvero 61.133.

Al di là del sovraffollamento che è la madre di tutti i problemi , altri temi possono essere messi all’attenzione all’interno dell’arcipelago carcerario italiano. Ne farò brevemente un esame . Ma parlando di esecuzione della pena mi sembra utile richiamare l’attenzione in questo momento ed è appunto il tema di questa riflessione, un aspetto fondamentale della stessa pena : il dettato costituzionale che la intende non afflittiva e capace di contribuire al cambiamento del soggetto sottoposto appunto a misure privative e limitative della libertà personale.

Afferma l’articolo 27 della Costituzione al terzo comma : “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. “ Un articolo che giunge a questa definizione della pena dopo aver posto altri due pilastri della civiltà giuridica ovvero che la responsabilità penale è sempre personale e che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

E’ un dettato costituzionale che in questi giorni sembra essere vanificato. Una pronuncia che affronta temi e problemi che si riferiscono sempre alla persona come nel caso della responsabilità penale e che mette in campo una garanzia fondamentale quella della presunzione di innocenza e quindi una garanzia essenziale . In estrema sintesi propone una pena rispettosa della dignità umana e funzionale al reinserimento sociale . La politica , gli organi di informazione e la stessa magistratura da tempo dibattono il portato di questo dettato costituzionale in un contesto in cui spesso i processi diventano mediatici, gli imputati colpevoli fin dall’apparire della notizia sui mezzi di informazione compromettendo ancor più l’equilibrio di un sistema che già da se stesso stenta a raggiungere gli obiettivi . Ma questo è un lungo discorso che non interessa questa riflessione che invece vuole affrontare il tema della pena, della sua esecuzione e appunto della sua funzione : dignitosa, non afflittiva e capace di produrre risocializzazione ed evitare recidive.

Naturalmente parlando di pena dobbiamo parlare di carcere , il luogo deputato dove si “vive “ avendo perso la libertà. Ho detto dove si vive e non dove si muore stando alle cronache di questi mesi ma intendendo la vita non solo quella materiale ma anche quella della mente, dell’animo, insomma della persona dove il termine persona racchiude in sé una lunga storia di civiltà . E dobbiamo introdurre anche il contesto legislativo e normativo nel quale il carcere opera. Ovvero dobbiamo rilevare come il carcere non sia il solo strumento a disposizione per sanzionare comportamenti penalmente rilevanti. Il carcere dovrebbe essere nella graduazione dell’applicazione delle pene una estrema ratio . E’ per così dire “l’ultima spiaggia”. Ci sono provvedimenti graduati che possono concorrere all’applicazione di una sanzione penale che priva o limita la libertà personale. Graduati e commisurati appunto alla rilevanza penale dei comportamenti . Parlo delle misure alternative su cui ha messo l’accento la riforma Cartabia e che sono misure adottate in tutti i paesi con una civiltà giuridica apprezzabile. A partire dagli Stati Uniti , per esempio,ove nel 2020, secondo i dati del Bureau of Justice Statistics, 7 persone su 10 erano sottoposte a misure di comunità, contro le 3 su 10 detenute in carcere.

Ora proprio il carcere, il luogo della detenzione, il posto in cui la pena viene scontata , il luogo che contribuisce fondamentalmente alla qualità di questa pena è tornato all’attenzione dell’attualità perchè in questi mesi estivi, come da anni succede, è lo scenario di suicidi, rivolte, aggressioni e sequestri del personale . Insomma lo scenario di un malessere del quale se ne parla solo in presenza di emergenze come quelle di questa estate 2024 . “Una estate di fuoco” , per le sue emergenze che tornano “dormienti” per il tempo rimanente dell’anno . Con l’aggravarsi dei problemi ,la carenza di personale di polizia penitenziaria il cui numero è sotto organico, la condizione dell’edilizia carceraria spesso fatiscente e non più in grado di soddisfare gli elementari bisogni quotidiani della popolazione carceraria, la mancanza di strutture adeguate alla formazione professionale, allo studio, alla gestione dell’uso quotidiano del tempo. Ma soprattutto con il problema fondamentale del sovraffollamento.

La storia degli istituti penali ci ricorda che queste situazioni sono endemiche, che da anni si ripetono e che costituiscono una continua emergenza . Tanto per fare un esempio ecco alcuni dati di quindici anni fa che sembrano la fotocopia della situazione attuale .

Nel 2011 non mancano le forme di protesta: lo sciopero della fame è la più diffusa, 6.628 casi nel 2011,seguono il rifiuto del vitto e delle terapie (1.179 casi) e il danneggiamento degli oggetti (529 casi). Le forme di protesta non collettive sono comunque diminuite del 16,8% rispetto al 2010, soprattutto le astensioni dalle attività lavorative e trattamentali e i danneggiamenti.

Al sovraffollamento e agli eventi critici si aggiungono episodi drammatici frutto di situazioni di

disagio: nel corso del 2011 sono stati registrati 63 casi di suicidio (pari a 0,9 su 1.000 detenuti mediamente presenti) e 1.003 di tentato suicidio, mentre gli atti di autolesionismo sono stati 5.639.(1 )

A questi problemi ha inteso mettere riparo il recente decreto sulle carceri varato proprio in piena estate e in presenza di fenomeni ed episodi che da tempo allarmano questo settore .Un decreto che dovrebbe portare un immediato sollievo alla “ vita” delle persone rinchiuse dietro le sbarre siano essi detenuti sia personale di sorveglianza. Un decreto che secondo il ministro Nordio non ha l’intento “di aprire le porte per alleggerire la popolazione carceraria, che pure costituisce un problema”. Si tratta di un “intervento vasto e strutturale che affronta in modo organico un altro settore del sistema dell’esecuzione penale” e “che potremmo chiamare umanizzazione carceraria”.

In fondo dunque una speranza. Perchè gli interventi proposti :assunzione di mille nuove unità per il Corpo della Polizia Penitenziaria, ma anche procedure più snelle per concedere di uscire dal carcere in anticipo a chi ne ha diritto, più telefonate per i detenuti e l’istituzione di un albo di comunità adibite alla detenzione domiciliare hanno un tempo fisiologico di attuazione abbastanza lungo. Non si parla in questi provvedimenti di assumere anche educatori e assistenti sociali che potrebbero validamente lavorare all’interno e all’esterno dell’istituzione per rendere la pena utile alla risocializzazione e quindi contribuire ad una pena vivibile che è compito invece della struttura perchè attiene proprio alle condizioni materiali di vita che sono la base su cui costruire ogni altro discorso . Il problema immediato è quello del sovraffollamento ma nulla si definisve operativamente in merito a soluzioni che potrebbero articolarsi in alcuni modi : attraverso l’uso delle misure alternative, il contenimento dell’applicazione della custodia cautelare, la depenalizzazione di alcuni reati o meglio di alcuni comportamenti come nel caso dei tossicodipendenti o dei malati di mente , e da ultimo anche la costruzione di nuove strutture. Di ognuno di questi rimedi si è a lungo discusso e se ne continua a discutere. Purtroppo però in concreto i provvedimenti che dovrebbero attuarli rimangono appesi a posizioni ideologiche ma soprattutto a lungaggini e difficoltà che nessuna volontà politica finora si è impegnata a risolvere. E periodicamente si arriva a rimetterli all’attenzione non si sa di chi , forse dell’opinione pubblica, di quella parte di opinione pubblica turbata dalle cronache di quello che accade negli istituti penitenziari . Ma niente di più. Perchè il tempo utile per concretizzare provvedimenti di risanamento si sarebbe potuto trovare ma non lo si è fatto .LO si potrebbe trovare avviando le soluzioni ma non lo si fa.

In realtà la legge di riforma carceraria del 1976,la legge Gozzini modificata in molte parti nel corso degli anni e mai attuata completamente , proponeva un modello che non ha mai raggiunto i suoi obiettivi fondamentali proprio a causa delle modifiche e della attuazione deficitaria di alcune parti . Pur avendo evitato per quasi mezzo secolo che i detenuti salissero sui tetti come avveniva prima che entrasse in vigore. Una istituzione carceraria diversa da quella immaginata da Gozzini e dagli altri firmatari del tempo viene in evidenza nel corso degli anni con il colpo di grazia al suo impianto a seguito della promulgazione delle leggi speciali per la Campania, il pacchetto sicurezza che prevede la moltiplicazione e la trasformazione dei cpt in carceri-lager, l’aggravante penale per gli immigrati irregolari, gli sgomberi, le schedature, le retate contro i nomadi e l’esercito nelle strade. In particolare un impianto dovuto al disegno di legge 623 riguardante le “Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione”. E dal ddl n 636 , presentato dal senatore del Pdl (ma in quota An) Giuseppe Valditara, che stabilisce, in nove articoli, un ulteriore inasprimento delle norme sui permessi premio e sulle misure alternative alla detenzione in carcere.

Una visione certamente contrastata da altre pronunce legislative tendenti alla flessibilità della pena ( possibilità di modulare e graduare la pena nel corso dell’esecuzione in modo da favorire il processo rieducativo del condannato), come nel caso della legge 663/1986 . oppure la legge 165/1998 che prevede che per pene al di sotto dei tre anni si ricorre al carcere solo in casi eccezionali, o ancora la legge Finocchiaro che aggiunge un altro tassello al processo di decarcerizzazione riguardante determinate categorie di persone, le cui condizioni personali risultano obiettivamente incompatibili con la sottoposizione al regime detentivo in carcere, e in particolare le detenute madri nell’interesse della prole perle conseguenze negative della permanenza in carcere di minori.

Una visione che nella seconda parte della XVII legislatura è stata invece segnata dall’iter di approvazione della legge n. 103 del 2017, di riforma del processo penale, che contiene anche una delega al Governo per la riforma dell’ordinamento penitenziario. Con la presentazione alle Camere dell’A.G. 501, il Governo ha avviato la procedura per l’esercizio della delega. La XVII legislatura si è inoltre caratterizzata per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.

Come pure un colpo di grazia è stato dato alla giustizia minorile dal Decreto Cutro che in pochi articoli ha quasi azzerato cinquant’anni di lavoro da parte di educatori, assistenti sociali, magistrati minorili , insomma dell’intero apparato del Dipartimento della giustizia minorile. Le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria, le tentate evasioni sono il risultato dell’affollamento anche negli istituti minorili che all’inizio dell’anno sembravano essere spopolati . Al posto di intensificare il lavoro di insegnanti, educatori, assistenti sociali , associazioni del tempo libero, associazioni no profit in favore dei giovani , di supportare la famiglia, il decreto ha sanzionato e punito comportamenti sia dei giovani che delle famiglie ottenendo un ingresso nel circuito della giustizia minorile e quindi riempiendo gli istituti .

Una situazione dunque che ha creato nel carcere un terreno di scontro come si è visto con l’emanazione di opposte pronunce legislative alla quale la politica dovrebbe mettere riparo con provvedimenti che tendono a ridurre il numero di detenuti , considerando e riconsiderando la carcerazione come una estrema ratio ma soprattutto creando le condizioni perchè l’esecuzione della pena risponda al dettato costituzionale della risocializzazione . In realtà ,la politica di oggi, secondo quanto affermano alcuni esponenti di peso, afferma che la soluzione ai problemi attuali non è quella di svuotare le carceri ma è quella di creare più posti, di continuare a tenere in carcere costruendo edifici nuovi.

Un intervento sull’edilizia carceraria che la relazione” 2024 – Situazione carceraria in Italia detenuti e personale di polizia penitenziaria – Le carceri e i suicidi : osservazioni e dati “ curata da Anna Luana Tallarita PhD Cav Presidente OS Osservatorio sicurezza , Roma CAFISC prospetta così : “l MIT e il Ministero della Giustizia, ad dati attuali, hanno provveduto ad impegnare 166 milioni di euro, per la realizzazione di 21 interventi di edilizia penitenziaria, al fine di aumentare la capacità ricettiva del sistema penitenziario di circa 7 mila posti.

I fondi, dovrebbero anche provenire nell’ambito dello stanziamento dei finanziamenti, inerenti la

realizzazione di nuovi padiglioni detentivi, ma anche essere reperiti impiegando le risorse

provenienti dal c.d. PNRR che non risulterebbero direzionati alla costruzione di nuove carceri.

Sempre con il PNRR però, sono stati decisi interventi straordinari nell’ambito del Piano

Nazionale Complementare, con lo stanziamento di 30,6 miliardi. Il PNC Piano Nazionale

Complementare, inoltre prevede 132,9 milioni di euro divisi in due sub-investimenti. Altri 48,9

milioni di euro saranno investiti nella Giustizia Minorile e di Comunità (il DGMC) con

interventi in varie strutture e Istituti penali per minorenni. Tutti interventi di responsabilità del

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tramite i Provveditorati alle OO.PP. sul territorio.

Oltre alla previsione della costruzione di un nuovo carcere a San Vito al Tagliamento, sull’area

della caserma Dall’Armi, dismessa da molti anni, sono stati finanziati dal Governo altri

nuovi padiglioni detentivi a Brescia, Civitavecchia, Ferrara, Perugia, Reggio Calabria,

Rovigo, Santa Maria Capua Vetere, Vigevano e Viterbo. A più vpci è stato discvcusso di

riconvertire le strutture dismesse dallo Stato, come le caserme militari, ma senza esito progettuale.

Perché si tratta di edifici che non rispondono alla specifica legislazione in materia, dell’edilizia

penitenziaria, le cui trasformazioni, determinerebbero costi superiori a nuove costruzioni

peniteziarie. Infine, determinante, oltre quanto detto, è la manutenzione di quelle già esistenti.”( 2)

In questo contesto in cui finora la sola risposta a un malessere sociale che sfiora il codice penale e crea disadattamento sia nei minori che negli adulti è quello della carcerazione sembra interessante porsi una domanda . Ma in definitiva chi entra in carcere. Ovvero come è composta questa popolazione carceraria che affolla in soprannumero gli istituti . In quale posizione giuridica vivono la loro esperienza carceraria e soprattutto è vero che il sovraffollamento dipende dalle custodie cautelari.

Secondo il rapporto dell’associazione Antigone al 31 marzo 2024 i detenuti stranieri nelle carceri italiane per adulti erano 19.108, pari al 31,3% del totale della popolazione detenuta, una percentuale in lieve calo rispetto agli anni precedenti ma in calo sostanzioso rispetto a quindici anni fa, quando superava il 37%. I detenuti presenti nelle strutture carcerarie sono 61.468, a fronte di 47.067 posti disponibili disponibili negli istituti penitenziari.

Secondo i dati del Servizio Analisi criminale -DCPC contenuti in un rapporto del Ministero degli interni l’andamento della delittuosità in Italia può essere così definito : “ nel periodo 2007-20221, il totale generale dei delitti ha mostrato un andamento altalenante sino al 2013, per poi evidenziare una costante flessione dal 2014 al 2020. Nel 2021 e nel 2022 si ha, invece, una risalita: in particolare, nel 2022, i delitti commessi registrati sono 2.183.045, con un incremento

rispetto al 2021 del 3,8%. È, tuttavia, importante sottolineare la particolarità degli anni 2020 e 2021,

caratterizzati da limitazioni al movimento delle persone. Pertanto, effettuando il confronto con il 2019, i delitti commessi nel 2022 risultano in diminuzione. ( 3 )

Ma una impietosa fotografia di chi entra in carcere la fa per esempio nel 2009 Gian Carlo Caselli, ex PM a Palermo , allora direttore del DAP a quel posto chiamato dal ministro Diliberto . Non è vero che oggi il processo penale in Italia non funziona. “Funziona eccome, ma a senso unico: per i poveracci, i non garantiti, i ladri di polli e la povera gente”, dice Gian Carlo Caselli, direttore dell’amministrazione penitenziaria. E fornisce la prova della sua affermazione: “Le carceri sono piene di poveracci, diventando così un contenitore di emarginazione e marginalità, colme di tossicodipendenti e immigrati, anziché argine contro il crimine organizzato: ci sono pochi mafiosi e nessun colletto bianco”. ( 4)

Della stessa opinione è per esempio l’ex ministro della giustizia, Giovanni Maria Flick.che a suo tempo affermava :”Si sta andando definitivamente verso una giustizia di classe: una per i ´colletti bianchi’ e i loro affini, per i quali le pene saranno virtuali, poco più di una sanzione amministrativa, una multa, e una per i poveri cristi.”

E’ il rapporto SPACEI 2021, dove vengono mappati 46 Stati europei, che afferma che l’Italia e il suo sistema penale sembrano pensati per colpire alcuni reati e schivarne altri. A farla franca sono principalmente i “colletti bianchi”: manager ,ceo, amministratori delegati,presidenti e direttori . Mentre il volume maggiore di detenzioni è costituito dal traffico di stupefacenti visto che il 31,7% di chi si trova dietro le sbarre sta scontando una pena per reati di droga ed è un unicum in tutta Europa. (5)

Il 4 luglio 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 92, varato dal Governo e con il titolo di “Carcere sicuro”, in vigore dal 5 luglio 2024. All’interno del decreto-legge si leggono anche disposizioni di tipo diverso, in materia di giustizia civile e penale, che esulano dal perimetro penitenziario . Un decreto definito ad una prima lettura senza nulla di straordinario, poco di necessario, scarsamente urgente. ( continua Carcere e costituzione Seconda parte )

(1)https://www.istat.it/it/files/2012/12/I-Detenuti-nelle-carceri-Italiane-anno2011.pdf

( 2 )https://www.polpenuil.it/images/report-carceri-os-cafisc-tallarita-2024-bis-.pdf

( 3 )(https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2023-5/sintesi_rapporto_sicurezza_02.05.2023_2.pdf)

(4) https://www.errorigiudiziari.com/caselli-solo-i-poveracci-vanno-in-carcere-mafiosi-e-colletti-bianchi-restano-fuori/

(5 )https://ilfarosulmondo.it/colletti-bianchi-chi-va-in-carcere-in-italia/

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