Redazione- Gli anticorpi bispecifici rappresentano una delle frontiere più promettenti nella ricerca oncologica. Mentre gli anticorpi tradizionali riconoscono e si legano a un singolo antigene, gli anticorpi bispecifici sono ingegnerizzati per legarsi contemporaneamente a due diversi antigeni. Questa caratteristica unica li rende potenti strumenti terapeutici, in quanto consentono di dirigere le cellule immunitarie: Gli anticorpi bispecifici possono legarsi, sia a un recettore presente sulle cellule tumorali, sia a un recettore presente sulle cellule immunitarie, “direzionando” così le cellule immunitarie verso le cellule tumorali e attivando una risposta immunitaria più efficace. Gli anticorpi bispecifici permettono di fatto di aumentare l’efficacia delle terapie. Di questo e molto altro, ne parliamo con la Prof.ssa Maria Teresa Petrucci, Dirigente Medico presso il Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia dell’Università Sapienza di Roma, Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I di Roma.
Dott.ssa Petrucci, può spiegare cosa sono in particolare gli anticorpi bispecifici?
Gli anticorpi bispecifici sono una nuova classe di farmaci che, come suggerisce la loro denominazione, sono in grado di legarsi contemporaneamente a due diversi bersagli molecolari (antigeni), uno presente sulle cellule tumorali e uno sulle cellule del sistema immunitario.
Quali sono i loro meccanismi d’azione? E quali le possibili applicazioni cliniche?
Gli anticorpi bispecifici sono in grado di indirizzare le cellule del sistema immunitario del paziente, in genere i linfociti T, contro le cellule neoplastiche, provocandone così la morte. Ad oggi, sono ampiamente impiegati per il trattamento di varie neoplasie ematologiche come il mieloma multiplo, i linfomi e le leucemie.
Cosa ci dicono i recenti studi clinici al riguardo?
Inizialmente, i numerosi studi eseguiti hanno valutato l’impiego di questi nuovi farmaci nei pazienti già pesantemente trattati con molteplici linee di terapia e per i quali, quindi, poche erano le alternative terapeutiche. Ad esempio, nei pazienti affetti da mieloma multiplo è stato dimostrato come con l’utilizzo degli anticorpi bispecifici è possibile ottenere un tasso maggiore di risposte complete e più durature, rispetto a quanto si ha con i farmaci normalmente impiegati per il trattamento di tale patologia. Questo ha aperto la strada alla sperimentazione degli anticorpi bispecifici anche nelle linee più precoci di trattamento, in modo da sfruttare al meglio il loro potenziale in termini di efficacia.
Prof.ssa Petrucci, si prevede che gli anticorpi bispecifici rivoluzioneranno il trattamento di molti tipi di tumore nei prossimi anni, quali sono, tuttavia, a Suo avviso le sfide ancora da affrontare?
Ci aspettiamo che in futuro gli anticorpi bispecifici saranno uno dei cardini del trattamento di numerose neoplasie, specialmente in campo ematologico. Sarà necessario però affrontare nuove problematiche come, ad esempio, quelle legate alla loro produzione che è complessa e risulta quindi molto costosa. Inoltre, nonostante la loro specificità ed efficacia, il trattamento con tali farmaci non è scevro da complicanze e tossicità. Il prossimo obiettivo sarà quello di ottimizzarne la somministrazione e il dosaggio in modo da minimizzare gli effetti collaterali e mantenere le risposte che si riescono ad ottenere.
Nel caso specifico dell’immunoterapia nel mieloma, con le CAR-T e gli Anticorpi bispecifici, si aprono nuove prospettive di cura per i pazienti?
Si, proprio per quanto detto, anche il trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo ha giovato di numerosi progressi in ambito terapeutico, grazie proprio all’impiego della terapia cellulare con CAR-T e degli anticorpi bispecifici. Tutte queste novità terapeutiche fanno ben sperare per una possibile guarigione anche per questi pazienti per i quali, al momento, è possibile parlare di controllo o cronicizzazione della malattia.
L’innovazione terapeutica è un diritto per tutti, come, a Suo avviso, è possibile sostenerlo?
Per garantire a tutti l’accesso alle nuove terapie sarà necessario aumentare gli investimenti nella ricerca e nella sanità, promuovendo la collaborazione tra il Sistema Sanitario Nazionale, le Università e le aziende farmaceutiche, così da rendere l’innovazione terapeutica economicamente sostenibile.